#svegliamuseo!

Intervista a Francesca De Gottardo e Valeria Gasparotti, artefici del progetto nato per dare una scossa ai musei italiani online sfruttando il potere del web

Cristina Casadei

L'hashtag #svegliamuseo: chi lo ha inventato e perchè?
L'hashtag è nato insieme al progetto, nell'estate del 2013, da un'idea di Francesca, che stava imparando ad utilizzare gli strumenti social in modo professionale e aveva iniziato a rendersi conto di quanto la realtà museale italiana necessitasse di un cambiamento, di una "svegliata", per l'appunto. Il progetto #svegliamuseo è nato, quindi, con lo scopo di accendere i riflettori sul tema della comunicazione digitale della cultura e di fornire un luogo di discussione per professionisti e appassionati.
Il nome è provocatorio per scelta, nel tentativo di attirare l'attenzione della comunità degli addetti ai lavori, ed è coerente con l'obiettivo e il tono di voce scelti per il progetto: professionale e accurato, ma allo stesso tempo distaccato dai dogmi della comunicazione tradizionalmente elevata della cultura, e più vicino allo stile diretto e chiaro della comunicazione online.

Cosa avevate in mente e cosa avete raggiunto?
Inizialmente Svegliamuseo si era posto l'obiettivo di mettere a disposizione del settore museale italiano una serie di risorse sul digitale e in particolare sull'uso dei social media, per contribuire a evidenziare delle lacune e a fornire possibili soluzioni. Per permettere ai professionisti italiani di confrontarsi con realtà straniere che già usavano questi canali, abbiamo attivato il format dell'intervista, prima in forma scritta, con il blog, e successivamente via video, con le dirette streaming sul canale #svegliamuseo on air. Grazie a questi scambi di informazioni ed esperienze, siamo riusciti a diffondere le voci dei musei più disparati, sia italiani sia stranieri.
Mano a mano sempre più musei hanno iniziato ad adottare i canali social e a trovare la propria strada nel mondo della comunicazione digitale del patrimonio culturale. Moltissime realtà italiane oggi non hanno nulla da invidiare a quelle straniere, e sebbene siano ancora tante le istituzioni che tentennano in questo campo, ci sono anche alcuni esempi notevoli in cui il digitale è pienamente integrato nella realtà museale, sia da un punto di vista teorico sia pratico. Allo stesso tempo, abbiamo continuato anche noi a crescere professionalmente e a confrontarci con diverse realtà - museali e non - durante le conferenze e le esperienze di lavoro all'estero e in Italia. Questo ci ha permesso di sviluppare "la nostra" voce di professioniste e ci ha dato la possibilità di collaborare con alcuni tra i protagonisti museali più attivi in ambito digitale in Italia.
Il nostro focus si è mano a mano spostato sul digitale in senso più ampio e su come questo possa costituire uno slancio per i musei per parlare di innovazione e di rinnovamento dei loro modelli.
L'attività di #svegliamuseo oggi è concetrata sul concetto di community, con l'obiettivo di contribuire a rafforzare le relazioni e gli scambi tra i professionisti del digitale culturale. Organizziamo gli aperitivi #DrinkingAboutMuseums, partecipiamo alle conferenze e condividiamo la nostra esperienza nelle aule universitarie e durante workshop di settore. Crediamo molto nel valore della formazione e della condivisione di best practice per continuare a migliorare il livello della comunicazione digitale dei musei italiani. Cerchiamo anche di rafforzare la rete dei professionisti del territorio milanese, dove entrambe abitiamo, con un particolare interesse per lo sviluppo di politiche condivise, scambio di informazioni e di esperienze.

Un museo che avete svegliato e vi ha reso particolarmente orgogliosi?
#svegliamuseo non ha "svegliato" un museo in particolare. Piuttosto ha attivato un pensiero condiviso già da molti, aprendo una piattaforma che ha agevolato lo scambio di informazioni e il confronto. Quello che ci ha rese orgogliose è stato vedere che è bastato così poco per indirizzare energie che, di fatto, erano già presenti nel settore.
Attualmente lavoriamo entrambe come professioniste individuali e questo ci permette di collaborare con un numero e una tipologia di istituzioni molto variegata. Vediamo casi diversi di istituzioni con esigenze profondamente diverse e cerchiamo di portare la nostra professionalità al servizio di queste, identificando le opportunità e cercando di sfruttarle al meglio. Queste istituzioni, da parte loro, ci mettono tantissimo entusiasmo, voglia di imparare, curiosità e capacità di creare contenuti davvero di livello alto. Le cose negli anni sono cambiate - per fortuna! - e non si tratta più di svegliare nessuno, ma di favorire incontri e connessioni tra persone, professionalità e contesti. Che a ben pensarci è sempre stato lo scopo del progetto, fin da tempi insospettabili.

In un mondo digitale in continua evoluzione, cosa intravedete per il futuro? Cosa state tenendo d'occhio?
Sicuramente il digitale "sociale" ha aperto la strada a una dinamica di comunicazione a due sensi, accessibile e a volte giocosa. Ma di per sé oggi vediamo che molte delle istituzioni che si approcciano a questi (non più) nuovi mezzi online dovrebbero prima chiarirsi le idee sulle strategie e le priorità che sono in azione offline. Molto spesso il digitale e la comunicazione social sono visti come la soluzione per diventare friendly e accessibili, ma a volte si sta solo mettendo un cerotto su un'offerta che di per sé non è né friendly né accessibile. Il digitale fa emergere molto velocemente questa discrepanza perché spinge l'istituzione a essere messa a confronto con la sua voce.
Paradossalmente adesso teniamo più d'occhio le discussioni sull'ambito strategico e di innovazione offline. Quali business model e approcci possono essere adottati dalla cultura per muoversi più velocemente, permettersi di rischiare e testare nuovi approcci, dimostrare che vale (non solo in termini economici ma anche e soprattutto in termini di impatto sulla società)? Come la tecnologia può essere uno mezzo e non un fine per raggiungere questi scopi?

Siamo un gruppo di 42 musei molto eterogenei che hanno in comune tra loro un territorio, consigliereste una comunicazione social di sistema?
Sicuramente consiglieremmo di sfruttare le opportunità di collaborazione e confronto a livello di contenuti e strategia, ma di non forzarle. Usare i momenti giusti per "ricordare" al pubblico che fate parte di un sistema, ma comunicarlo non in maniera istituzionale, piuttosto attraverso i contenuti. I social possono essere anche un modo per comunicare tra di voi e scambiarvi risorse e iniziative.

Cinque cose da fare assolutamente, se uno dei nostri musei volesse svegliarsi!
1) Spegni lo smartphone e il computer. Vai nelle sale, partecipa alle iniziative, comprendi i contenuti e i fruitori. Chi sono i tuoi visitatori? Perché visitano? Perché NON visitano?
2) Guarda alle community esistenti online e offline relative alla tua industria. Annota gli hashtag rilevanti, gli influencer, i temi e i trend a questa legati. Pensa a come puoi sfruttarli per agganciare i tuoi contenuti e le tue iniziative.
3) Cerca di capire quali sono le esigenze strategiche della tua istituzione e se e come i social possano agevolarle.
4) Non buttarti su tutti i canali possibili. Cerca di individuare quelli giusti. Sperimenta, fai prove, vai avanti su quello che funziona e lascia stare quello che non funziona.
5) Guarda quello che i tuoi visitatori fanno online quando sono nel museo. Che cosa fanno? Scattano foto? Cercano informazioni online? Chattano con i loro amici? Se non riesci a capirlo, chiediglielo (ad esempio con un questionario). Le tue attività online dovranno tenere conto di quello che i visitatori già fanno durante la visita e facilitare e potenziare queste attività.


Speciale Musei nell'era della mobilità digitale - pag. 15 [2016 - N.55]

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