MAXXI Digital

Storia e strategie del primo museo nazionale italiano dedicato alla creatività contemporanea

Prisca Cupellini - MAXXI Digital Manager

Una piattaforma aperta ai diversi linguaggi della contemporaneità, un museo vivo dalle forme futuristiche disegnate da Zaha Hadid, uno spazio aperto al confronto e al dialogo, un laboratorio di futuro. Progetto ambizioso quello del MAXXI che ciascun settore dell'istituzione persegue con dedizione ed entusiasmo. Così anche la comunicazione digitale.
Sin da prima della sua apertura al pubblico, nel 2010, quando le attività si svolgevano in uno spazio adiacente all'attuale edificio, il museo si è fatto portavoce di sperimentazioni e progetti che potessero in qualche modo aprire la strada a quelli che sarebbero stati gli sviluppi futuri. Ma, come si può ben immaginare, quando si tratta di digitale, tutto è sempre in evoluzione. La tecnologia ci offre continuamente nuovi spunti e opportunità. Il continuo aggiornamento su ciò che accade attorno a noi, anche in ambiti lontani da quello culturale, e l'ideazione di progetti pensati per questi spazi sono forse tra gli aspetti più stimolanti del nostro lavoro. Così come la verifica dei risultati. Lontani dall'idea che un errore sia un fallimento ma che sia un'esperienza che può rafforzare, come bene ci insegna la cultura americana. La sperimentazione di nuovi strumenti e tecnologie è parte integrante delle nostre attività e far parte di un'istituzione che della sperimentazione ha fatto il suo cavallo di battaglia, ci fa sentire al posto giusto nel momento giusto.
Ovviamente tutto ha avuto un punto di partenza. Abbiamo iniziato dalle basi, da quando, nel 2007, con l'edificio in costruzione, abbiamo deciso che il web sarebbe stato lo strumento migliore per raccontare il cantiere di una grande archistar. E quindi l'apertura di un canale YouTube, di un profilo su Flickr, della creazione della prima newsletter e del primo sito internet dedicato, dell'utilizzo di iPod messi a disposizione degli utenti per guardare e ascoltare il cantiere attraverso le parole di chi ci lavorava ogni giorno o per approfondire le proposte culturali che venivano già messe in campo. Tutto per comunicare il MAXXI mentre stava ancora prendendo forma. Fino al 2010, anno della sua apertura ufficiale. A quel punto sono stati messi in campo quei progetti digitali a medio e lungo termine che hanno investito vari settori. Perché, ricordiamoci sempre, il digitale non coinvolge solo la comunicazione. Competenze digitali devono essere parte dell'esperienza lavorativa di ciascun ufficio e settore.
Il mondo del MAXXI Digital spazia così dal sito ufficiale, vincitore nel 2015 ai Lovie Awards di Londra, alle applicazioni mobile, dalle newsletter ai profili sui social network - con il riconoscimento per la migliore gestione nel 2012 da parte di ICOM Italia -, dalle campagne pubblicitarie online ai progetti legati all'offerta culturale del museo fino alla creazione di progetti digitali in collaborazione con partner privati. Ma non solo, arriva anche alla partecipazione nelle attività di CRM per la gestione e la cura dei contatti, ai progetti di digitalizzazione delle collezioni, alla raccolta e analisi dei dati di customer satisfaction, al monitoraggio dei risultati. Ci sono poi proposte di approfondimento, come ad esempio Digital Think-in, l'appuntamento annuale che ha visto la sua prima edizione nel novembre del 2015 e che ha l'obiettivo di aprire un confronto e un dialogo con le più innovative esperienze digitali in ambito culturale per creare nuove idee e opportunità condivise tra istituzioni.
Per tornare alla parte più puramente comunicativa, il piano digitale del MAXXI mette al centro dei suoi obiettivi il pubblico del museo, quello reale, quello virtuale, quello potenziale, mirando  ad accrescere la fruizione e la comprensione delle arti, a provocarne i pensieri e a stimolarne la partecipazione attiva: dalle singole attività giornaliere fino ai grandi progetti internazionali in collaborazione, ad esempio, con il Google Cultural Institute, che vedranno nel 2016 un ulteriore e importante sviluppo.
Insomma, molto sta cambiando in tanti musei italiani. E troppo spesso si fanno paragoni impropri, mettendo ad esempio a confronto il numero di seguaci sui social di istituzioni come il MoMA di New York o il Louvre di Parigi e quelli di piccoli e medi musei italiani. Come se il solo "numero" determinasse in se stesso un risultato di successo o insuccesso anche se estrapolato dal contesto. Dovremmo invece provare a chiederci: quali investimenti economici, all'interno di ciascuna istituzione, vengono dedicati a questo settore? Da quanti professionisti è composto il team digital? Come si integra questo team nella struttura organizzativa? A quel punto, non sarà evidente che il vero problema è ancora, in molti casi, culturale? Un nuovo modello gestionale e strategico è possibile e il lavoro che tante istituzioni come la nostra stanno portando avanti ne è la dimostrazione.

Speciale Musei nell'era della mobilità digitale - pag. 14 [2016 - N.55]

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