Cornelia Fabri

La trasgressione di essere un grande talento matematico femminile nell'ultimo scorcio dell'Ottocento

Fabio Toscano - Fisico e saggista scientifico

Tra gli ultimi decenni dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, in Italia le donne laureate in matematica costituirono un'esigua minoranza. La prima laureata era stata, nel 1887, Iginia Massarini dell'Università di Napoli. Entro la fine del secolo seguirono il suo esempio solo altre diciotto ragazze, tra cui la ravennate Cornelia Fabri: prima donna a conseguire la laurea, nel 1891, presso la prestigiosa Università di Pisa.
Ragazza dall'indole modesta e riservata, negli anni successivi Cornelia ottenne risultati scientifici di tale rilevanza da lasciar prefigurare per lei una brillante carriera di studiosa. Ma purtroppo le cose andarono diversamente. Come quasi tutte le matematiche italiane del suo tempo, anche la giovane e promettente scienziata romagnola dovette infatti abbandonare la via della ricerca, schiacciata da tutti quei pesanti pregiudizi culturali che le impedirono, in quanto donna, di prospettare il suo futuro professionale nel mondo tradizionalmente maschile dell'università.
Nata a Ravenna il 9 settembre 1869 da una antica e colta famiglia della nobiltà cittadina, nel 1887 Cornelia era riuscita ad accedere alla Facoltà di scienze fisiche, matematiche e naturali dell'Università di Pisa dopo aver agevolmente superato il relativo esame di ammissione. Trasferitasi nella città toscana insieme alla madre e alle due sorelle minori, la timida ragazza ravennate si impose ben presto per l'abilità con cui si destreggiava tra i vari corsi (unica donna iscritta alla Facoltà, assisteva alle lezioni accompagnata dalla madre) e per un'autonomia e una creatività intellettuali che rapidamente le valsero la stima di insegnanti e compagni di studio.
A Pisa, Cornelia si laureò in matematica il 30 giugno 1891 discutendo una tesi di idrodinamica (lo studio del moto dei liquidi) svolta sotto la guida del grande Vito Volterra, uno dei più eminenti matematici dell'epoca, che anni dopo si sarebbe così espresso: «Conservo vivissima memoria della signorina Cornelia Fabri, mia allieva all'Università di Pisa intorno al 1890, la prima, e forse la migliore, fra le molte allieve che ebbi in seguito a Torino e a Roma. Ricordo che il suo esame di laurea fu un avvenimento per l'Università di Pisa, non solo in quanto per la prima volta veniva ivi ad addottorarsi una donna, ma anche perché la prova fu sostenuta in modo ammirevole dalla candidata, che riportò i pieni voti assoluti e la lode».
In seguito, dopo aver condotto alcuni ragguardevoli studi sul calcolo infinitesimale, Cornelia tornò a occuparsi di idrodinamica, ambito nel quale realizzò i suoi lavori più importanti. In particolare, in alcune memorie pubblicate tra il 1892 e il 1895 la ragazza romagnola fornì pregevoli contributi allo sviluppo della cosiddetta teoria dei vortici. Frattanto, rientrata a Ravenna dopo i quattro anni di università, riprese la consueta vita familiare e nel contempo affiancò alle ricerche di carattere accademico alcuni studi di interesse locale nei campi dell'elettricità e dell'idraulica pratica.
Nel 1895 Cornelia presentò sulle pagine dell'autorevole rivista Il Nuovo Cimento un rimarchevole articolo di idrodinamica teorica intitolato "I moti vorticosi di ordine superiore in relazione alle equazioni pel movimento dei fluidi viscosi e compressibili", nel quale illustrò nuovi ed eleganti teoremi che avrebbero potuto aprirle la strada a futuri approfondimenti. In realtà, quello fu il suo ultimo lavoro. Dopo la sua pubblicazione, infatti, un definitivo sipario calò improvvisamente sull'attività scientifica dell'allora ventiseienne ricercatrice ravennate. E ciò perché all'epoca era pressoché impensabile che il mondo accademico potesse accogliere una donna per concederle l'opportunità di intraprendere una carriera lavorativa. Tanto più se si trattava di una carriera scientifica, che secondo gli stereotipi di fine Ottocento - non solo italiani - poteva declinarsi unicamente al maschile.
Messo così a tacere il suo "trasgressivo" talento matematico, Cornelia Fabri prese a trascorrere le proprie giornate in maniera alquanto appartata, seguendo un rigido calendario di pratiche ascetiche (era da sempre molto religiosa) e dedicandosi a varie iniziative assistenziali oltre che alla cura dei beni familiari, delle sorelle e dei nipoti. Colpita da polmonite, morì a Firenze all'età di quarantasei anni, il 24 maggio 1915, quando ormai la sua esperienza di scienziata era solo un ricordo lontano e malinconico.

Personaggi - pag. 8 [2015 - N.54]

[indietro]