Alla ricerca di un linguaggio comune

Un resoconto dal 2° Congresso MAB dedicato al riconoscimento e alla formazione delle professioni culturali

Chiara Storti, Chiara Alboni - Rete Bibliotecaria di Romagna e San Marino

La Biblioteca Nazionale Centrale di Roma ha ospitato, il 19 e il 20 novembre, il 2° Congresso nazionale MAB, gli stati generali dei professionisti di musei, archivi e biblioteche. Le tre sessioni parallele erano dedicate rispettivamente alla deontologia professionale, all'interdisciplinarietà, e alle tecnologie e alle reti per gli istituti culturali, ma sono stati molti i temi trattati collateralmente.
MAB Italia è un'aggregazione formale relativamente giovane - nasce nel 2011 - che vive già una sua "crisi di identità": cos'è il MAB e chi sono e come si caratterizzano coloro che lavorano in queste istituzioni? È evidente come non si possa ritenere professionista del MAB chi semplicemente ha seguito uno specifico percorso universitario o chi si trova de facto ad avere una funzione in quest'ambito. Archivisti, bibliotecari e operatori dei musei sono tali perché hanno determinate competenze e svolgono mansioni tecnico-amministrative (auspicabilmente entrambe contemporaneamente) caratterizzanti.
Restando perciò fermo che la formazione universitaria non è comunque adeguata alle reali esigenze del mondo del lavoro, è necessario che il MAB si organizzi per certificare le competenze e incentivare la formazione continua dei professionisti; formazione che dovrebbe contemplare una base comune di conoscenze. Certificare in maniera univoca le competenze a livello nazionale renderebbe più semplice anche l'iter di equipollenza di queste competenze a livello internazionale, europeo in particolare. Ricordiamo che sono del 2014 le Norme UNI 11535 e 11536 che regolano le professioni del bibliotecario e dell'archivista.
Strettamente legato al tema della qualifica professionale c'è quello della deontologia. Gli operatori del MAB condividono evidentemente gli stessi valori ma attribuendogli pesi differenti; per citare un caso intuitivo, la privacy è centrale per gli archivisti, molto meno per chi lavora nei musei. Sembra perciò più facilmente percorribile, in prima istanza, la strada della definizione di un codice deontologico unico per gli istituti della cultura - che hanno come mission principale e accomunante quella di tutelare e valorizzare il patrimonio, facilitando l'accesso alla conoscenza - per poi valutarne le implicazioni nelle diverse discipline e categorie professionali.
Inoltre, va da sé, che i codici deontologici dovrebbero essere continuamente aggiornati in relazione ai mutamenti di contesto, legislativi, tecnologici ecc.
Le questioni fin qui evidenziate sono da collocarsi chiaramente su un terreno politico-gestionale 'alto' ma ce ne sono molte che potremmo definire di ordine pratico - eppure di fondamentale importanza - che possono e devono essere affrontate 'dal basso': prima fra tutte, quella dei vocabolari. Intendendo con vocabolari una vasta gamma di problematiche che vanno dall'accordo su un lessico professionale condiviso alla modellazione di ontologie per i dati del patrimonio culturale. Ad esempio, sulla falsa riga della "Carta nazionale delle professioni museali" (2005-2006) sarebbe opportuno redigere una "Carta nazionale delle professioni del patrimonio" univocamente classificate, denominate e qualificate. Allo stesso tempo, parole come "interdisciplinarietà" e "interoperabilità" restano speculazioni teoriche - almeno in ambiente digitale - se non si definiscono ontologie comuni e riusabili capaci di esporre i ricchi dati del nostro patrimonio culturale sul Web, rendendoli ricercabili tramite i motori di ricerca.
A onor del vero, già da tempo, in Italia esistono gruppi autocostituitisi di professionisti del MAB che discutono di questi complessi argomenti e pongono in essere iniziative congiunte a beneficio di un'utenza che sembra rispondere assai positivamente agli eventi che coinvolgono i molteplici istituti culturali del proprio territorio; significative a questo proposito le esperienze del Gran Tour Cultura Marche e del gruppo di lavoro MAB Toscana sulla condivisione dei linguaggi descrittivi.
Potremmo quindi forse concludere che il MAB, oltre ad un modo di pensare, è - o dovrebbe essere - un modo di parlare (agli utenti) e di parlarsi (tra professionisti).

La pagina della Rete Bibliotecaria di Romagna e San Marino - pag. 7 [2015 - N.54]

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