Giovanna Bosi Maramotti

Il ricordo di una protagonista della storia ravennate adoperatasi perchè la cultura fosse patrimonio di tutti

Luigi Lotti - Presidente Fondazione Casa di Oriani di Ravenna

Di Giovanna Bosi Maramotti ricordo la sua affabilità e cortesia, il suo straordinario ruolo di studiosa, lo sforzo di una vita a valorizzare la cultura e in particolare quella ravennate in una proiezione non chiusa nella sfera circoscritta degli specialisti, ma aperta e coinvolgente. Mi è sempre rimasta impressa l'evidenza di una personalità eccezionale di studiosa che impegna se stessa soprattutto a favore degli altri. Faentina di nascita, di famiglia e di studi liceali, ravennate di vita, Bosi Maramotti ha personificato al massimo grado, sin dall'inizio e per decenni, una vocazione culturale autentica, il nesso tra cultura e società e il ruolo della storia di Ravenna nei secoli e nel contesto della storia italiana. Era nata alla fine del '24, aveva svolto studi superiori presso il liceo faentino Torricelli, e si era laureata a Bologna nel 1947  in Letteratura latina, cui era seguito l'immediato insegnamento negli istituti superiori, licei e istituti magistrali.
L'avvio era già indicativo di un'appassionata dedizione agli studi che l'avrebbe caratterizzata per tutta la sua operosa esistenza, cardine basilare nelle fasi successive sempre più indicative della connessione di studi personali a un sempre più rilevante sforzo di valorizzazione della cultura nella società e nella quotidianità di tutti.
È un percorso di vita che ha un continuo crescendo in tappe successive e diverse, nel crescente rilievo dei suoi sforzi di garantire la cultura in una società in prorompente ascesa economica e sociale; perché non ebbe mai una concezione della cultura isolazionista e personalistica, ma anzi come componente basilare e identificativa dei cambiamenti positivi in atto nella società contemporanea. Queste tappe sono identificabili in quattro periodi della sua esistenza. La prima è quella ravennate, dell'insegnamento e presto anche del coinvolgimento nella realtà culturale cittadina, imperniata sui due pilatri della storia bizantina e della memoria dantesca. E assieme gli studi sui protagonisti della più recente cultura, da Rava a Ricci a Muratori.
Pur senza adesioni partitiche era partecipe delle speranze della sinistra classista di un cambiamento sociale. Questa sua proiezione, unita a quella sulla cultura, la fecero emergere a Ravenna, così da essere eletta nel '68 al Consiglio comunale nelle liste del PCI; e due anni dopo ad essere designata al nuovo assessorato alla cultura nella nuova giunta di socialisti e comunisti formata dopo il lungo periodo di quelle imperniate sul PRI, sulla DC e sul PSDI: segno indubbio dell'apertura a nuove problematiche e di conseguenza a nuovi protagonisti in grado di saperle interpretare. Bosi Maramotti resse l'incarico fino al '76, quando, ormai iscritta al PCI rinnovato da Berlinguer, fu eletta alla Camera dei Deputati, ove restò per tre legislature fino al 1987.
Così, gli anni dell'assessorato a Ravenna le consentirono di approfondire non solo gli studi ravennati, ma di avviare anche il riassetto delle istituzioni, col fine di renderle fruibili a tutti; così a Roma, in sede parlamentare, e come membro continuativo della commissione Istruzione e belle arti, della quale fu anche vicepresidente, si occupò a fondo di problemi inerenti l'insegnamento e più ancora le esigenze della cultura a livello nazionale. Il quarto periodo la rivede protagonista a Ravenna e fu nuovamente dedito a potenziare il ruolo della cultura locale, cui continuò a contribuire con studi propri di grande rilievo e a potenziarne le strutture: non solo con la presidenza della Casa Oriani, che deteneva già dal '74, salvaguardandola nelle sue caratteristiche, allora non frequenti, di biblioteca di storia contemporanea, ma anche  come primo presidente della Società di studi ravennati, creata nel 1991, e soprattutto in qualità del presidente della Fondazione Flaminia, creata per sostenere le nuove diramazioni ravennati dell'Università di Bologna, la cui più importante attuazione era la Facoltà per i beni culturali; contribuendo in maniera determinante al rilancio cittadino delle iniziative culturali.
Così, per tutta la sua esistenza, ha dedicato se stessa alla cultura e alla sua fruibilità in istituzioni adeguate; contemporaneamente si è immedesimata con la storia ravennate contribuendovi personalmente con studi che ne attestano la personale rilevanza scientifica: che era straordinaria, e proprio perché tale ancor più ammirevole, perché manifestata nel quadro di un impegno soprattutto volto a favore degli altri. Aveva la convinzione profonda che la cultura fosse sempre, anche localmente, un patrimonio di tutti. Dobbiamo perciò esserle grati per il doppio merito di essere stata una grande studiosa e ad un tempo una protagonista basilare della valorizzazione di istituzioni atte a salvaguardare la cultura e con essa la storia di una società.

Personaggi - pag. 8 [2015 - N.53]

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