Un anno di riforme e riflessioni

Claudio Leombroni

Il 2015 è un anno importante per i musei italiani e per i professionisti del patrimonio museale e culturale, che prepara la General Conference di ICOM del prossimo anno a Milano. È l'anno di Expo, che non ci aiuta a oltrepassare il luogo comune, perché, come scrive Michele Trimarchi in apertura dello Speciale, "replica un format un po' obsoleto, più fiera dell'est che reticolo di intuizioni progettuali", ma rappresenta comunque una vetrina per gli istituti e un'occasione per interrogarsi sul rapporto con la società contemporanea. Lo Speciale di questo numero di Museo in•forma offre un contributo in entrambe le direzioni: Laura Carlini Fanfogna e Giulia Pretto ci illustrano un'iniziativa dell'IBC concepita per Expo, SEMI, mentre Valeria Arrabito ci racconta del progetto ExpoinMuseo promosso da ICOM Italia; Michele Trimarchi coglie l'occasione dell'evento per riflettere sulla definizione di museo al tempo dell'Expo ed è - la sua - una riflessione acutissima e condivisibile. Come non convenire sulla inopportunità (o addirittura la sconvenienza) di misurare i musei unicamente sulla base di criteri quantitativi o sul fatto che "il confronto dimensionale non dovrebbe avere alcuna cittadinanza nel sistema dell'arte"? E come non convenire sul fatto che pensando di avere come interlocutore un pubblico omogeneo continuiamo "a mantenere criteri espositivi ottocenteschi e a inzeppare le ultime sale di effetti speciali"? Insomma, al di là della "deriva delle grandi mostre", forse ci conviene riconfigurare i musei curando la sostanza dialogica dell'offerta culturale, la capacità di rendere intelligibili le proprie narrazioni. Lo Speciale, tuttavia, si sofferma anche sulla grande mostra Il Tesoro d'Italia, criticatissima, organizzata per l'occasione dell'Expo e lo fa con un contributo di Claudio Casadio, a colloquio con il curatore Vittorio Sgarbi.
Il 2015 è stato anche l'anno della riforma del MiBACT, l'anno della legge di stabilità che ha tremendamente complicato il riordino delle funzioni delle Province e delle Città metropolitane e l'anno della legge della Regione Emilia-Romagna di riforma del sistema di governo regionale e locale approvata il 30 luglio, proprio mentre Museo in•forma sta andando in stampa. Abbiamo già dedicato attenzione a questi temi e lo faremo ancora, considerata la crucialità per i nostri istituti e per il sistema museale. In questo numero Giuliano Volpe, presidente del Consiglio superiore dei beni culturali del MiBACT, commenta la riforma richiamando la necessità di un sistema museale nazionale fondato sulla autonomia amministrativa e gestionale dei singoli istituti, orientato alla valorizzazione, e quindi al rapporto con i cittadini senza elitismi o snobismi, e a un "approccio olistico al patrimonio culturale e paesaggistico, superando una concezione settoriale e disciplinare e considerando il paesaggio quale elemento comune". Si tratta di temi affrontati anche al congresso di ICOM Italia che si è svolto a Roma il 22 giugno scorso e di cui Adele Maresca Compagna traccia un'efficace resoconto. La professione dovrà continuare a discutere sugli interrogativi che ci siamo posti al congresso, in particolare se un processo di costruzione di un sistema museale nazionale a guida statale sarà in grado di coinvolgere, anche a livello di governance, Regioni ed Enti locali e, aggiungo, se nel contempo creerà le condizioni per l'autonomia degli istituti fino a eliminarne l'esecrabile status di organi periferici del Ministero. La discussione riguarderà inevitabilmente le politiche pubbliche del settore; anzi dovrà riguardare l'istituzionalizzazione di politiche pubbliche del settore, sinora in un certo senso inesistenti. Ciò significa che dovremo contribuire a ritrovare forma e sostanza della cooperazione istituzionale in una stagione di "riforma della riforma" del Titolo V della nostra Carta fondamentale e con ciò verificare se sia possibile nel nostro paese una relazione tra politica e cultura che superi quelle resistenze e quelle diffidenze che David Alcaud ha evidenziato nella storia italiana e di cui ci ha spiegato le ragioni. In gioco, insomma, è anche il ruolo che lo Stato può giocare per la cultura e la 'rappresentazione' di quel ruolo alla società.

Editoriale - pag. 3 [2015 - N.53]

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