Il paradigma egemonico che frena la riforma

Claudio Leombroni

Questo numero di Museo in•forma dedica ampio spazio alla recente riforma del MiBACT. D'altra parte la riforma del Ministero, per quanto possa sembrare lontana o estranea all'ambito locale, ha invece un valore paradigmatico e ci è sembrato opportuno dedicare a essa lo speciale di questo numero. Il commento, ampio, profondo e intelligentemente prospettico è di Daniele Jalla. Si tratta di uno scritto importante e per questo lo abbiamo pubblicato nella sua interezza. Segnalo in proposito, nella pagina curata dall'IBC, anche l'articolo di Maria Pia Guermandi, che ha partecipato alla Commissione D'Alberti voluta dal ministro Bray.
Alla riforma vorrei dedicare anch'io qualche riga di commento e per farlo adotterò un punto di vista particolare e forse inusitato nel nostro ambiente: quello dell'analisi delle politiche pubbliche o del policy-making. Come evidenziano Jalla e Guermandi è indubbio che la riforma contenga degli apprezzabili elementi di novità e dei tratti positivi; soprattutto, mi pare che, al di là del nuovo assetto ministeriale, si percepisca nel settore dei musei una visione, che non è dato di scorgere invece nelle sezioni dedicate al comparto biblioteche o al comparto archivi. Tuttavia la riforma Franceschini non si discosta dalle linee di fondo e dai profili sostanziali delle precedenti, troppe, riforme (quattro a partire dal 1998, di cui ben tre in sei anni, prima di quella voluta dal ministro Franceschini). In particolare la riforma sembra consentanea a quel paradigma egemonico che ha caratterizzato secondo Giliberto Capano le riforme amministrative italiane e che ha, ad esempio, provocato il sostanziale fallimento o la sostanziale sterilizzazione delle riforme improntate al managerialismo degli anni Novanta: l'istituzionalizzazione del diritto amministrativo come modo di essere e di agire della pubblica amministrazione, come paradigma condiviso da policy-makers in tutte le arene dove vengono disegnate e implementate le riforme. Entro questo ambito, caratterizzato da relazioni gerarchiche e di causa-effetto fra regole e azione amministrativa, dall'adempimento alle regole formali, dalla prevalenza della struttura organizzativa sulla policy, ogni altro apporto (business administration, economia aziendale, teorie dell'organizzazione ecc.) e relativo linguaggio viene depotenziato, reinterpretato e piegato alla logica e alle procedure del paradigma egemonico, anche con evidenti ossimori. Così anche il D.P.C.M. n. 171/2014 riesce a conciliare con un autentico salto mortale della ragione l'autonomia del museo con il suo status di "organo periferico del Ministero". È stato così anche per le biblioteche sin dalla istituzione del Ministero dei Beni culturali. Luigi Crocetti, uno dei più grandi bibliotecari italiani del Novecento, scrisse in proposito che dopo la creazione, durante il fascismo, della burocrazia bibliotecaria "molto peggio ancora si sarebbe fatto in età democratica, e da parte di un altro intellettuale, Giovanni Spadolini. Nel testo del decreto del Presidente della Repubblica sull'organizzazione del Ministero per i beni culturali e ambientali (del 1975), non s'infieriva più sui bibliotecari, ormai sistemati, ma sulle biblioteche, non vergognandosi di definirle 'organi periferici del Ministero', ciò che non era stato immaginato neppure nei tempi della dittatura. Se ne ribadiva così la burocratizzazione".
Anche i poli museali regionali sono concepiti come "organi periferici del Ministero". C'è da chiedersi come questo status possa conciliarsi con l'attribuzione ad essi del delicato compito di coordinare il sistema museale nazionale in ambito regionale e, ancor di più, come possa dar vita al sistema museale regionale integrato, aperto ai musei e sistemi museali non statali. Qui si tocca un altro aspetto del paradigma egemonico del nostro tempo: il neo-centralismo. Se SBN nacque da un accordo fra Stato e Regioni, il sistema museale nazionale viene ora promosso dal MiBACT e la sua articolazione territoriale, a differenza degli attuali poli SBN, viene ridotta a "organo periferico del Ministero", col silenzio delle Regioni e delle autonomie locali. Si tratta di una delle migliori testimonianze della stagione che sta vivendo il nostro paese e che potremmo rappresentare con la formula "Stato senza autonomie e Regioni senza regionalismo". Una condizione pericolosa anche per la nostra cultura se conveniamo, come scrisse ancora una volta Crocetti, che il policentrismo ne è un canone precipuo. Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN), Sistema Archivistico Nazionale (SAN) e neonato Sistema Museale Nazionale non possono essere infrastrutture burocratiche statali. In esse l'aggettivo "nazionale", come acquisito nelle migliori stagioni di SBN, non può essere sinonimo di "statale", ma di comunità nazionale, di progetto condiviso da tutti i livelli istituzionali.

Editoriale - pag. 3 [2015 - N.52]

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