Musei biblioteche e archivi per Ravenna 2019

La candidatura di Ravenna a capitale europea della cultura rappresenta un'occasione per il territorio romagnolo

Claudio Leombroni - Responsabile Sistemi informativi e Reti della conoscenza

I criteri generali di selezione per gli anni 2007-2019 delle città capitali europee della cultura sono sostanzialmente due: la dimensione europea del programma di iniziative e la sua focalizzazione sulla città, il territorio circostante e i cittadini, nonché l'inserimento 'durevole' delle iniziative nel programma di sviluppo culturale e sociale della città. Una città attrattiva e partecipativa, dunque, ma anche capace di concepire una programmazione culturale non occasionale.
Tali criteri consentono d'acchito due considerazioni. La prima è che nel caso ravennate il 'territorio circostante' della città candidata coincide con quello romagnolo. Si tratta di una configurazione estesa, ma fondata su un dato socio-culturale percepibile: la Romagna può essere interpretata come pluralità di città o come 'città diffusa'. Tale, almeno, può essere la percezione della dimensione urbana del cittadino romagnolo nell'epoca delle reti e tale, ad esempio, è la percezione dello spazio da parte dell'utente della rete bibliotecaria. La seconda considerazione è che questa dimensione urbana dilatata, unita alla dimensione cittadina tout court, può essere utilmente intersecata con le prospettive della 'città creativa' e del 'distretto culturale'. È proprio in questa intersezione che possiamo cogliere appieno il contributo degli istituti culturali romagnoli al progetto di candidatura.
Sull'idea e sulla prassi di città creativa si scrive ormai da anni, in particolare da quando Richard Florida ha avanzato la discussa tesi (The rise of the creative class, New York, Basic Books, 2002) che la competizione urbana non si fonda più sui bassi costi delle infrastrutture o della mano d'opera quanto piuttosto sulla capacità di attrarre lavoratori creativi: quella classe creativa capace di produrre investimenti e crescita economica. A differenza della categoria putmaniana di capitale sociale, la creatività floridiana collega i profili propulsivi della crescita alla attrattività e apertura delle città più che ai legami comunitari. In altre parole città tolleranti, aperte alle novità, inclusive, dotate di infrastrutture per la cultura, per la vita sociale e l'interazione quotidiana sono in grado di attrarre talenti e di generare la crescita dei territori. Le cinque tracce del progetto di candidatura da questo punto di vista connotano un habitat creativo interessante.
Le condizioni fondamentali per la crescita di una città sono individuate da Florida nelle "3 T" (Talento, Tecnologia e Tolleranza). Sulla base di questi fattori sono costruiti degli specifici indici di creatività: numero di esponenti della classe creativa, loro incidenza sul totale della forza lavoro e percentuale di abitanti con titolo di studio superiore (Talento); presenza e incidenza di industrie del settore ICT, disponibilità di banda larga ecc. (Tecnologia); incidenza della popolazione straniera sul totale dei residenti e loro integrazione, tolleranza nei confronti dei diversi stili di vita (Tolleranza). Nel 2005 Florida e Irene Tinagli definirono l'indice di creatività italiano (R. Florida, I. Tinagli, L'Italia nell'era creativa, Milano, Creativity Group Europe, 2005). Ne risultò un'ottima posizione per le tre province romagnole: Rimini al nono posto, Ravenna al quindicesimo e Forlì-Cesena al ventiquattresimo. Le città romagnole condividono quindi anche un habitat creativo che avvalora ulteriormente la condivisione del progetto di candidatura. Vale la pena precisare che biblioteche, archivi e musei e le loro configurazioni di rete o sistemiche sono uno degli elementi che favoriscono un ambiente creativo.
Le teorie di Florida hanno suscitato molte discussioni: basti solo pensare alle critiche al rapporto causale fra creatività e crescita economica avanzate da Jamie Peck o a Allen J. Scott. In questa sede, tuttavia, ci interessa evidenziare come le città della Romagna siano interconnesse anche da un ambiente creativo oltre che da ragioni storiche, sociali, culturali o più prosaicamente da servizi di area vasta. Potremmo utilizzare anche il concetto di 'mosaicizzazione' proposto alternativamente da Scott (Creative cities: conceptual issues and policy questions, "Journal of Urban Affairs", 28 (2006), n. 1, p. 1-17), ma ai fini del nostro ragionamento sarebbe un'ulteriore conferma. Anzi, interpretare la realtà urbana romagnola in termini di mosaicizzazione, ossia di aree metropolitane connesse in rete (competitive o complementari) significa comunque individuare un più sofisticato tessuto connettivo consentaneo con molte delle cinque tracce del progetto di candidatura.
Su questa base si possono immaginare processi di sviluppo culture-driven, ma non è peregrino immaginare anche un distretto culturale romagnolo, dove i processi culturali siano strumenti di produzione di valore in quanto integrati/integrabili con altri settori del territorio o dei sistemi locali. Dobbiamo essere consapevoli − e gli studi di Pier Luigi Sacco lo dimostrano − che il ruolo della cultura diventerà sempre più di tipo sinergico-abilitante, ossia fornirà ad altri comparti del sistema produttivo contenuti, strumenti e creatività. Soprattutto, fornirà valore aggiunto in termini di valore simbolico e identitario. Da questo punto di vista il progetto di candidatura dovrebbe porsi l'obiettivo di consolidare un distretto culturale e in questo ambito archivi, biblioteche e musei non possono non essere asset essenziali.

Ravenna 2019 - pag. 16 [2013 - N.47]

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