La circolazione dei beni culturali

Quali norme si debbono rispettare per poter scambiare, prestare o comunque trasferire temporaneamente le raccolte, o parte di esse, da un museo all'altro in ambito nazionale, senza incorrere in qualsiasi sorta di illeciti?

Michele Giambarba - Studio Legale Giambarba di Ravenna

Per circolazione dei beni culturali intendiamo - in estrema sintesi - tutti quegli atti che hanno come effetto il trasferimento della proprietà da un soggetto ad un altro. In questo ambito la disciplina è estremamente rigorosa e delicata e si presta a notevoli differenziazioni sia a seconda del proprietario del bene, sia in base alla categoria a cui appartiene il bene. Per ciò che concerne i beni immobili di interesse storico e artistico e le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi e delle biblioteche appartenenti allo Stato, alle Regioni, alle Province e ai Comuni, è noto che essi facciano parte del demanio accidentale. Ne consegue, almeno in linea di principio, la loro inalienabilità assoluta, l'impossibilità di essere acquistati per usucapione, di essere oggetto di esecuzione forzata e di formare oggetto di diritti da parte di terzi. È interessante osservare che esistono tuttavia una serie di disposizioni tendenti, almeno a prima lettura, a superare il principio di inalienabilità dei beni del demanio storico e artistico. Per un breve periodo di tempo è stata in vigore una norma (contenuta nell'art. 12 della legge 127/1997 sullo snellimento dell'attività amministrativa) che aveva di fatto sdemanializzato la categoria di beni immobili di interesse artistico e storico dello Stato, Regioni, Province e Comuni in quanto li aveva assoggettati al regime dei beni culturali la cui vendita è soggetta ad autorizzazione da parte del Ministero. La norma venne poi abrogata dalla legge 191/1998, per cui la tutto è tornato alla situazione preesistente, tuttavia anche adesso sembra potersi individuare un certo cambiamento in atto che deve essere segnalato e che lascia ipotizzare una futura progressiva sottrazione al regime demaniale dei beni immobili di interesse storico e artistico. La normativa in parola è contenuta nella legge 448/1998 che, all'art. 19, prevede che nell'ambito del processo di valorizzazione del patrimonio immobiliare statale, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, per la loro più proficua gestione, può conferire gli immobili storico artistici a società, anche se non potranno essere venduti. Si tratta evidentemente di una innovazione rispetto al passato che riduce il rigore derivante dalla demanialità e che si pone in coerenza con i molteplici tentativi di aprire ai privati la gestione del bene culturale. Se l'inalienabilità resta quindi tuttora il principio vigente per i beni appartenenti allo Stato, o ad altro ente territoriale, diversamente i beni culturali appartenenti ai privati, siano persone fisiche o enti non riconosciuti, indipendentemente dalla categoria alla quale appartengono (beni immobili, collezioni, serie di oggetti, archivi etc.), possono essere venduti a chiunque, fermo restando, in alcuni casi, la possibilità per lo Stato di esercitare il diritto di prelazione. Occorre però distinguere, per i beni di proprietà pubblica non assoggettati al regime demaniale e per i beni delle persone giuridiche private senza scopo di lucro, tra quelli per i quali si rende necessaria l'autorizzazione del Ministero e quelli per i quali invece tale autorizzazione non è richiesta. L'articolazione della legge è molto ampia, ma pur con una certa approssimazione può dirsi che nella prima categoria rientrano le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, o demo-etno-antropologico, le cose immobili che, a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura in genere, rivestono un interesse particolarmente importante, i beni archivistici, i beni librari, appartenenti allo Stato o ad altri enti pubblici territoriali, fatta eccezione per i beni demaniali o comunque assoggettati alla disciplina per i beni demaniali. Vi rientrano inoltre i beni mobili o immobili di interesse storico artistico culturale e i beni immobili che a causa del loro riferimento con la storia del paese rivestono un interesse particolarmente importante, le raccolte, le collezioni per le quali sia intervenuta la dichiarazione di eccezionale interesse storico artistico. Allo stesso modo, chi volesse dare in garanzia (pegno o ipoteca) un bene culturale deve chiederne l'autorizzazione al Ministero nei casi in cui tale autorizzazione viene richiesta. Anche laddove non sia richiesta l'autorizzazione viene comunque prevista la "denuncia", che deve essere presentata entro trenta giorni dal trasferimento, al Ministero (presentata al competente soprintendente) degli atti che in tutto o in parte a qualsiasi titolo trasferiscono la proprietà o la detenzione di beni culturali, al fine di potersi sostituire all'acquirente. L'omissione di tale adempimento comporta conseguenze assai importanti quali la nullità dell'atto traslativo e sanzioni penali mentre in caso di incompletezza della denuncia la conseguenza sarà che lo Stato potrà esercitare in qualsiasi momento la prelazione. Lo scopo è infatti, oltre quello di consentire allo Stato di essere "informato" su tutti i cambiamenti della proprietà che interessano i beni culturali, anche quello di consentire al Ministero di acquistare i beni culturali oggetto di cessione allo stesso prezzo stabilito nell'atto di alienazione. Sotto questo aspetto il Testo Unico del 1999 ha innovato rispetto alla precedente disciplina prevista dalla l. 1089/1939 e del d.p.r. 1409/1963 (sui beni archivistici dei privati) in quanto che ora la denuncia è necessaria anche per tutti quei beni culturali, anche se di proprietà pubblica, per i quali non sia prevista l'autorizzazione. Sostanzialmente negli stessi casi in cui ne è ammessa la vendita, i beni culturali possono inoltre essere oggetto di permuta. Lo scambio di pari valore, nel caso, non deve essere considerato sotto il profilo del valore economico del bene ma in termini di interesse culturale che il bene può esprimere. L'utilità di detta normativa si rappresenta soprattutto per i musei; invero, se la demanialità delle raccolte del museo ne impedisce la dispersione, può talvolta essere troppo rigida nel senso di creare sovrapposizioni o impedire una efficace politica di valorizzazione delle opere principali dei musei che, ad esempio, potrebbero razionalizzare le loro esposizioni e coordinamento fra gli istituti posti nello stesso territorio. Il Testo Unico disciplina inoltre le attività commerciali in ambito nazionale avente ad oggetto i beni mobili culturali. La normativa, contenuta altresì nel Testo Unico di Pubblica Sicurezza e nella legge 44/1975, è volta segnatamente ad arginare i fenomeni della ricettazione e della esportazione clandestina di beni culturali ed impone una serie di oneri aggiuntivi rispetto al commercio di cose comuni. Viene quindi previsto un obbligo di dare preventiva informazione all'autorità locale di pubblica sicurezza, al Ministero e alla regione. Tale informativa peraltro è imposta anche qualora il commercio non abbia ad oggetto cose di particolare interesse archeologico, artistico o storico, ma culturali in senso ampio per i quali non sia intervenuta la notifica. Lo scopo è quindi quello di raccogliere una banca dati al fine di agevolare il controllo amministrativo sugli esercenti il commercio di cose d'arte. Nel quotidiano esercizio della loro attività gli antiquari sono quindi soggetti a particolari obblighi. In particolare è prevista la tenuta di un registro delle operazioni che compiono giornalmente con le generalità di coloro con i quali svolgono operazioni di compravendita e le caratteristiche dei beni venduti o acquistati; hanno inoltre l'obbligo di porre a disposizione dell'acquirente gli attestati di autenticità e di provenienza delle opere e degli aggetti medesimi e all'atto della vendita l'antiquario o il gallerista deve rilasciare copia fotografica dell'opera o dell'oggetto con retroscritta dichiarazione, firmata, di autenticità e indicazione di provenienza.

L'opinione del legale - pag. 18 [2001 - N.12]

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