Le erbe raccontano...

L'Ecomuseo delle Erbe Palustri inaugura il prossimo 12 maggio una nuova sede a Villanova di Bagnacavallo

Giuseppe Masetti - Direttore Musei Civici di Bagnacavallo

La nuova sede al n. 1 di via Ungaretti è un ex edificio scolastico al centro della zona scolastica e sportiva di Villanova, in grado di offrire all'Ecomuseo una superficie espositiva di oltre mille metri quadrati a poca distanza dalla precedente sede.
Il Museo della Civiltà Palustre è attivo fin dal 1984, a opera della meritevole omonima Associazione culturale di volontari locali; definito Ecomuseo in anni più recenti, per il forte rimando al contesto ambientale che l'ha generato e all'apporto della comunità territoriale, si presenta oggi con la più esatta denominazione di Ecomuseo delle Erbe Palustri per evidenziare la propria vocazione a rappresentare la storia di una tipica lavorazione artigianale e di un determinato ambiente naturale che ne ha consentito lo sviluppo tra Ottocento e metà del Novecento.
Oggi quel contesto ambientale non è più visibile a Villanova, ma solo nelle zone umide retrodunali che caratterizzano la costa adriatica fra Ravenna e Venezia. L'Ecomuseo nella sua nuova sede si fa carico così di spiegare in premessa anche l'evoluzione storico-ambientale di quel paesaggio generativo e di descrivere gli eventi che prima allontanarono, poi riavvicinarono il contesto vallivo, da cui gli abitanti di questa operosa borgata traevano la materia prima delle loro manifatture, cioè le erbe palustri, variamente impiegate per realizzare graticci, stuoie, sporte e impagliati diversi, un tempo diffusi in vari campi dell'artigianato. Prima che le materie plastiche e l'uso duttile dei metalli invadessero il nostro panorama le manifatture in canna e legno erano fondamentali non solo negli usi domestici, ma anche per accompagnare la fabbricazione dei laterizi e realizzare i soffitti a volta, nella coltura dei bachi da seta, nella pesca delle anguille, per ombreggiare i cumuli delle saline cervesi e per costruire le gabbie dei volatili che si vendevano numerose sui mercati romagnoli. Agli inizi del Novecento solo il comparto delle gabbie prevedeva un magazzino permanente di ventimila pezzi, e negli anni Sessanta la lavorazione delle borse in paviera raggiungeva i duecentomila pezzi all'anno.
Il percorso di visita all'interno della nuova sede ecomuseale si suddivide in due livelli: al pian terreno oltre la reception si accede alla Sala didattica per un momento di prima accoglienza, con una proiezione di otto minuti che sintetizza le vicende storiche, ambientali e produttive che descrivono il territorio di appartenenza, che hanno generato il sapere e l'economia locale secondo la più classica definizione di Georges Henri Rivière.
Seguono tre ambienti di diversa misura per descrivere, ciascuna anche con programmi multimediali, la cartografia storica del luogo e le sue trasformazioni idrogeologiche, una proiezione immersiva di dieci metri lineari, proiettata in loop, per di riportare agli occhi del visitatore l'ambiente vallivo che ha generato questa economia e che attualmente non è più visibile nei dintorni. Infine le due aule maggiori, sempre al pian terreno, sono destinate a ospitare il laboratorio domestico, con le periodiche dimostrazioni dal vivo della lavorazione delle erbe, o in via permanente l'assetto di un monolocale in cui la famiglia viveva riunita intorno al fuoco, con mansioni diverse a seconda dell'età e delle abilità, ma sempre impegnata in qualche fase produttiva, compreso l'uso graduale dei cascami vegetali per alimentare il camino. Qui sarà l'attore Ivano Marescotti, originario di Villanova e figlio di operai della manifattura palustre, a fungere da testimonial in una proiezione video che affida anche alla sua esperienza personale l'ambiente evocato.
Lungo il passaggio che porta alle scale una grande vetrina protegge e ospita una significativa campionatura dei manufatti più articolati realizzati con le erbe vegetali, mentre dalla parte opposta una pannellatura di cinque metri lineari descrive le primissime testimonianze di questo curioso borgo rurale.
Salendo le scale per accede al secondo piano, s'incontrano altri apparati didattici incentrati sulla rappresentazione della storica Rotta del fiume Lamone del 1839, che allagando oltre ottomila ettari di terreno riportò per oltre un secolo la palude in prossimità di Villanova. In mancanza di documenti iconografici, di fronte a poche mappe dedicate, si è ricorso a pannelli sonori che diffondono le relazioni su tale disastro redatte dall'ingegnere idraulico e dal parroco della frazione.
Al secondo piano si accede alle singole aule dedicate alle principali erbe palustri lavorate, partendo dal salice e dal pioppo, adatte costruzione delle prime gabbie e sedie rustiche, per passare alla canna palustre, usata per coperture, graticci e scope, proseguire con il giunco, usato per stuoie e sporte e arrivare infine alla carice, adatta ai manufatti più delicati e preziosi della cesteria e degli impagliati. Ogni sezione contiene sia le raccolte seriali di manufatti che grandi fotografie storiche e recenti, per mettere in relazione l'uomo e gli oggetti e dare un tempo a questa narrazione molto tecnica.
In un ampio spazio centrale si mostrano inoltre gli utilizzi specifici per altre economie cui erano destinati i prodotti di Villanova: le bolaghe, o ceste da pesce, per contenere le anguille di Comacchio, le stuoie ombreggianti per consentire l'asciugatura lenta del sale dolce di Cervia o dei mattoni nelle fornaci, i cannicci o arelle per i soffitti ricurvi o i graticci per l'allevamento dei bachi da seta. Tutti strumenti di un mondo che ricorreva poco ai metalli. Qui un tavolo touch-screen interattivo consente al visitatore un approccio ipertestuale, che a partire dal poster illustrante l'operosa borgata al lavoro, consente di scegliere e approfondire le varie fasi di trattamento delle erbe: dalla raccolta in valle alla selezione per qualità, all'essiccatura e destinazione alle molteplice lavorazioni.
L'ultima aula di questa serie è dedicata alle imbarcazioni con cui ci si recava in valle. agli espedienti popolari per eludere i controlli padronali e alle soluzioni abitative che ancora oggi si avvalgono delle proprietà isolanti della canna. Accurati diorami di capanni e di ambienti vallivi sono abbinati ad alcuni campioni di pannelli, oggi tornati in grande considerazione nel campo della bioedilizia e del contenimento energetico. In pratica si tratta di una finestra sulle potenzialità odierne di una risorsa naturale, di un sapere storico ed un know how che vale la pena di conoscere in profondità per le sue numerose e varie applicazioni.
Uno spazio ludico e distensivo - dopo molti contenuti - è dedicato ai giochi in uso nel villaggio, fatti con poverissime materie prime e molta fantasia, che stimolano un'inventiva ormai scomparse dall'orizzonte delle attenzioni rivolte agli ospiti più piccoli. Sono i giochi di un tempo, comuni a tanti ambiti, pensati per l'aria aperta dei cortili o per i piccoli spazi domestici, ma sempre accessibili a tutti.
L'ultimo ambiente del percorso di visita è dedicato alla commercializzazione dei prodotti in erba palustre. Il prezioso campionario dei trenta tipi di intrecciato, si unisce all'abaco delle sporte e delle forme sulle quali venivano singolarmente realizzate, grazie alla gelosa competizione delle singole operaie. Solo per dare una dimensione spaziale dell'export che raggiunsero queste manifatture si può dire che nel periodo più attivo furono presenti in prestigiose fiere internazionali e sui mercati inglesi, tedeschi e mediterranei.
Il percorso si conclude con il passaggio a un'area di ospitalità e ristoro con cinquanta posti, usata anche come laboratorio mattutino per le scuole, basata sulla valorizzazione dei prodotti eno-gastronomici più tipici e naturali espressi dal territorio bagnacavallese.
Con l'inaugurazione del 12 maggio si conclude un percorso avviato oltre tre anni fa, che ha visto il prezioso coinvolgimento del Parco del Delta del Po, della Regione Emilia-Romagna, sia attraverso l'IBC che tramite l'assegnazione dei Fondi Europei per lo sviluppo rurale, della Provincia di Ravenna e di un'importante Fondazione bancaria.

Speciale Allestimenti Museali - pag. 9 [2013 - N.46]

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