L'epopea delle donne volanti

Al Museo Baracca di Lugo una mostra-omaggio a una sfida oggi difficile persino da immaginare

Daniele Serafini - Direttore Museo Francesco Baracca di Lugo

È aperta fino al 6 gennaio 2012 la mostra fotografica e documentaria L'altra metà del cielo. L'epopea delle donne volant", organizzata dal Museo Francesco Baracca e curata dagli studiosi di aeronautica Mauro Antonellini, Angelo Emiliani e Paolo Varriale.

La mostra e il catalogo bilingue (italiano e inglese) che l'accompagna documentano l'avventura di una cinquantina di aviatrici a partire dal 1913 fino ai giorni nostri, provenienti da numerosi paesi, dagli Stati Uniti all'Europa. Non mancano alcune celebrità, vere e proprie star come Amelia Earhart, forse la più nota tra le pioniere del volo al femminile, prima donna ad attraversare l'Atlantico, sulla quale di recente è uscito un film interpretato dall'attrice Premio Oscar Hilary Swank e da Richard Gere.

Al Museo è esposta, grazie al prestito da parte dell'Associazione Arma Aeronautica di Forlì, anche la combinazione di volo della contessa Aloisa Guarini, una delle prime donne romagnole a volare.

Come affermano i curatori, inizialmente le imprese delle aviatrici erano confinate in una sorta di classifica minore, riservata appunto alle donne e ai velivoli leggeri. Dalla seconda metà degli anni Trenta si fece invece strada il criterio che considerava opportuna la corsa ai primati solo in funzione di avanzamenti tecnici e scientifici di pratica utilità. I nuovi parametri non penalizzarono le aviatrici, anzi non di rado esse prevalsero superando i colleghi dell'altro sesso per capacità e intraprendenza. Provenienti dagli strati sociali e dai percorsi più diversi, per molte di loro fu chiara la volontà di affermarsi, di liberarsi da pregiudizi e consuetudini che le volevano subalterne.

Con l'avvento del "più pesante dell'aria" le ragazze furono in prima linea nella nuova avventura e fu proprio in Italia, a Torino, che una donna compì il primo volo: armata di una buona dose di coraggio, l'8 luglio 1908 Thérèse Peltier prese posto a bordo del Voisin pilotato dal pioniere Léon Delagrange. Prima invece a prendere i comandi fu il 22 ottobre dell'anno dopo Elise Deroche, cui l'Aeroclub di Francia rilasciò il brevetto di pilotaggio numero 36 l'8 marzo 1910. Il 3 gennaio 1913 a Vizzola, in Lombardia, era il turno della prima italiana, Rosina Ferrario, che decollava su di un monoplano Caproni ricevendo dall'Aeroclub d'Italia il brevetto numero 203.

A queste pioniere del volo - come sottolineano i curatori nell'introduzione al catalogo - andarono lodi, premi ed omaggi floreali, ma esse dovettero pure scontare una sorda ostilità che a volte non era neanche troppo latente. La Ferrario, dopo il brevetto, ricevette una lettera da un ufficiale pilota: dopo i complimenti le confessava che sarebbe stato più felice di "saperla più mamma che aviatrice", mentre il marito della Hewlett non condivideva per nulla la passione della moglie - i due si sarebbero separati nel 1914 - e diceva che le donne non avevano l'autocontrollo necessario. L'americana Bessie Coleman dovette invece andare in Francia a prendere il brevetto giacché nessuna scuola di volo statunitense volle accettare una donna, per giunta afroamericana. "Queen Bess" in realtà batté due primati, diventando pure la prima persona di colore a volare negli Stati Uniti.

L'esposizione, frutto di una approfondita e laboriosa ricerca, conferma la scelta dell'Amministrazione Comunale di valorizzare il Museo Baracca, potenziandone il lavoro di documentazione. Per un'istituzione impegnata a indagare la fase pionieristica dell'aviazione, questa mostra costituisce un'occasione straordinaria, e in gran parte inedita, per indagare il contributo offerto dalle donne alla storia dell'aviazione, attraverso una vera e propria sfida che si scontrò con diffidenze e pregiudizi sociali fortemente radicati, soprattutto nella prima metà del secolo scorso.

La mostra osserva gli orari del Museo: 10-12 / 16-18 con chiusura il lunedì.


Notizie dal Sistema Museale della Provincia di Ravenna - pag. 20 [2011 - N.42]

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