Dono a palazzo

Palazzo Milzetti di Faenza si arricchisce del pregevole dipinto Allegoria della guerra di Felice Giani

Anna Colombi Ferretti - Direttrice Museo Nazionale dell'Età Neoclassica in Romagna di Faenza

La Società di Santa Cecilia, Amici della Pinacoteca di Bologna, ha fatto dono allo Stato, e in particolare alla Soprintendenza per i Beni Storici e Artistici di Bologna, del dipinto a tempera su carta di Felice Giani che raffigura l'Allegoria della guerra (cm 18,8 x 31). Il bellissimo foglio riproduce una scena che lo stesso Giani dipinse su una delle volte del faentino palazzo Milzetti, Museo Nazionale dell'Età Neoclassica in Romagna, gestito dalla Soprintendenza bolognese. Il dipinto si riferisce alla decorazione della sala detta della Pace e della Guerra nel percorso di visita di palazzo Milzetti.

La storia di questa donazione parte nel novembre 2010, quando la casa d'asta Christie's di Milano presentò tre opere di Giani: il foglio con l'Allegoria della Guerra e altre due figure rappresentanti Venere come allegoria della terra e Anfitrite come allegoria dell'acqua. Anche le due figure femminili riproducevano pitture realizzate in palazzo Milzetti, e precisamente nella volta del Gabinetto d'Amore, nella serie dei quattro elementi. Entrambe le sale fanno parte della meravigliosa sequenza dell'appartamento al piano nobile del palazzo, ristrutturato da Giovanni Antonio Antolini e decorato dal Giani per conto di Francesco Milzetti. Il lavoro del Giani è documentato dal 1802 al 1805.

È noto che le più belle decorazioni d'ambiente eseguite nei palazzi spesso venivano replicate in forma di piccoli dipinti, a richiesta dei collezionisti. Nel caso del Giani, non se ne conoscono molti esemplari.

La Società di Santa Cecilia ha scelto, per donarlo allo Stato, il più bello e il più grande dei fogli presentati dalla Christie's. Lo hanno acquistato ad asta conclusa, portando a termine una trattativa privata. Con entusiasmo e gratitudine l'opera è stata presa in carico nell'inventario del Gabinetto Disegni e Stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna.

Né questa movimentata scena, elegantemente costruita entro una campitura ovale, né le altre due figure nei fogli più piccoli, compaiono negli studi sul Giani, e dunque anche sotto questo aspetto si tratta di novità. Questa Allegoria della Guerra costituisce un'ulteriore prova della straordinaria, virtuosa mano per cui andava famoso il pittore, che nel piccolo formato ripropone la stessa fattura smagliante che si vede sulla volta del palazzo faentino, ma con una pennellata ancora più veloce, che lascia in evidenza andamenti grafici e finge con sapienza un'invenzione improvvisata al momento.

La sala della Pace e della Guerra è chiamata anche sala di Annibale, perché al centro della volta il riquadro maggiore mostra Annibale giovinetto condotto dal padre Amilcare davanti all'altare di un dio pagano a giurare odio eterno per i Romani: un episodio di fama letteraria, narrato da Tito Livio. Ai due lati di questa scena si trovano i magnifici ovali con il Trionfo della Guerra e il Trionfo della Pace. Un manoscritto anonimo, all'incirca di metà Ottocento, descrive meglio i soggetti: il Trionfo della Guerra raffigura precisamente il console Marcello; dall'altra parte alla guida del carro vi è una figura femminile, che è appunto la Pace, la Pax Augusta che il primo imperatore di Roma riuscì a imporre a tutti i popoli su cui regnava.

Il personaggio dipinto nell'allegoria di Giani è un uomo che sapeva apprezzare le arti e le scienze, e che coniugava queste qualità con un grandissimo valore militare. La sua figura nella sala dell'appartamento di Francesco Milzetti non può non essere intesa come un indiretto omaggio a lui.

Alla luce di queste riflessioni il dono che la Soprintendenza ha ricevuto per il suo museo faentino acquista un significato molto intenso. La scena che Giani replicò in piccolo formato è un brano pittorico di vivida bellezza, ma la possibilità che nasce da questo dono è quella di metterlo in dialogo con l'ambiente e la situazione che sono indissolubilmente legati alla sua nascita. Da questo appare tutta la profondità del legame di queste decorazioni neoclassiche con la cultura antica, e non solo quella figurativa, e insieme il fervore che accompagnava questo momento di riscoperta del mondo antico. Questo vale in modo particolare per Faenza, che fu sede di un vero cenacolo di studi sulla classicità. Faenza per Felice Giani fu come una seconda patria, e questo contribuisce a spiegare l'accensione della fantasia che anima la sua mano nelle meravigliose rievocazioni delle antiche storie che vi lasciò.


Speciale Donazioni Museali - pag. 17 [2011 - N.42]

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