Tamo racconta l'universalità del mosaico

Un caloroso benvenuto nel Sistema Museale Provinciale alla nuova cittadella del mosaico

Carlo Bertelli - Curatore scientifico di Tamo

A Ravenna si sta col naso in aria a guardare i mosaici delle chiese, o con lo sguardo volto verso il basso per rimirare i mosaici della domus dei Tappeti di Pietra o della Cripta Rasponi. Il mosaico incanta e stupisce, il mosaico insegna anche molte cose e così in questa città del mosaico si avvertiva il bisogno di un luogo che spiegasse, con semplicità e chiarezza, che cosa il mosaico è stato ed è, di che cosa e come è fatto e che cosa si fa per conservarlo. Il mosaico lega Ravenna al resto del Mediterraneo, dalle lagune adriatiche ad Otranto, sino a Damasco e Istanbul ma anche, oltre le Alpi, alla Penisola Iberica e alla Gallia e persino alla Gran Bretagna, attraendo con il suo fascino di pittura di pietra, d'oro e d'argento, tanto i cristiani saliti sino al Monte Sinai come i musulmani un tempo riuniti nella grande moschea di Cordova.
A Ravenna il mosaico non appartiene soltanto al passato. Pochi forestieri sanno che in questa città vi è anche un prestigioso istituto d'arte intitolato a Gino Severini, l'artista che ha eseguito, in Italia, in Francia e in Svizzera, i più bei mosaici del XX secolo. L'istituto ha conservato nel tempo le tradizioni antiche, mentre parallelamente ha saputo stimolare le nuove generazioni alla sperimentazione e all' invenzione. Progettando un luogo, come è appunto TAMO, destinato a raccontare le caratteristiche del mosaico, nella sua lunga storia che continuamente si rinnova nella conservazione e nel restauro, non si poteva non instaurare una collaborazione con un istituto tanto prestigioso.
Dagli incontri con l'istituto è venuto un programma per il futuro e sono anche venuti prestiti di opere insostituibili. Mi riferisco in particolare alla copia perfetta di un mosaico pavimentale rinvenuto a Pella, in Macedonia, la patria di Alessandro Magno. Realizzato nell'insolita tecnica che combina ciottoli, per lo più neri, con fili metallici, l'abbiamo collocato nella sezione che presenta i materiali del mosaico: vetri colorati ancora non tagliati, tessere d'oro o di marmi svariati, di smalto o anche di ceramica per avvertire come anche con materiali umili, come i ciottoli di un fiume, siano stati eseguiti capolavori.
TAMO racconta le vicende del mosaico attraverso numerose postazioni telematiche, in modo da consentire a tutti una consultazione di tipo enciclopedico, ma ci siamo resi conto della necessità di presenze reali, affascinanti testimoni del lusso della società romana. Dalla perfezione di un mosaico pavimentale di età augustea si passa, nel V secolo, all' ingenua raffigurazione di Achille - se si tratta di lui, come si pensa - in un pavimento da Faenza o alla grazia di un altro pavimento, proveniente da Classe, dove dai quattro angoli di un quadrato convergono al centro altrettanti vasi con i fiori.
TAMO non è concepito come un museo autosufficiente, ma come una sommessa guida al miracolo del mosaico ravennate e un invito a considerare il mosaico nella sua straordinaria presa sulle coscienze.
Sappiamo però che non si può parlare di mosaico, in Italia, senza Roma. Per secoli a Roma si sono eseguiti mosaici e per secoli si è cercato di conservarli, tanto che i primi documenti contabili di restauri risalgono ai primi due decenni dell'Ottocento. Appunto dal laboratorio di restauro dei Musei Vaticani, grazie all' interessamento del direttore Antonio Paolucci c'è stato concesso il prestito di calchi di mosaici di Santa Maria Maggiore e di San Venanzio, a Roma, eseguiti circa nel 1934. Così chi visita TAMO può godere dell'esperienza, altrimenti impossibile, di vedere dettagli di questi mosaici a brevissima distanza.
Uno dei mosaici, con l'iconografia bizantina della dormitio Virginis, è opera di Jacopo Torriti, il grande maestro romano che era succeduto a Cimabue nella decorazione della basilica superiore di Assisi e che poi avrebbe ceduto il lavoro a Giotto. Il mosaico fu eseguito da lui appunto dopo aver lasciato Assisi. L'abbiamo collocato in una sezione che abbina l'eternità alla storia, sezione che si conclude con la copia di uno dei mosaici pavimentali di San Giovanni Evangelista, a Ravenna, in cui è raffigurata la presa di Costantinopoli da parte dei crociati, un evento terribile e che suggella una lunga storia. Ravenna, da tempo emancipata da Bisanzio, aveva voluto ricordare così un pezzo della sua stessa storia.
Abbiamo avuto cura, con l'architetto Paolo Bolzani, di esaltare il fascino della grande chiesa degli Eremitani, San Nicolò, in cui si tiene la mostra. È un edificio del Trecento ancora intatto nella sua struttura; appartiene cioè a quello che fu un secolo luminoso per Ravenna, del quale purtroppo non resta molto.

Speciale nuovi allestimenti museali - pag. 11 [2011 - N.41]

[indietro]