C'è la storia nel paesaggio

Il territorio ravennate offre un autentico percorso "museale" da percepire con gli occhi e con la mente

Valerio Brunetti - Ispettore onorario Mibac

Paesaggio: parte di territorio che si abbraccia con lo sguardo e che si presenta sotto un certo aspetto. Partendo da questa definizione è immediata la certezza che il paesaggio è tutto ciò che ci circonda in ogni momento della nostra giornata. La nostra mobilità sul territorio, e particolarmente sul nostro ravennate, è accompagnata da un'infinità di paesaggi di un contesto non comune di un territorio che partendo dal mare si spinge fino alla spartiacque appenninico, dalla piatta pianura della bassa ai crinali del brisighellese e del casolano. C'è anche la storia nel paesaggio. È il suo "tessuto", che non sono solo suggestive albe e romantici tramonti, che se sapientemente letto offre un autentico percorso "museale" fatto di un miriade di elementi caratteristici, a volte evidenti a volte impercettibili.
Purtroppo il paesaggio non parla direttamente a chi ne gode. Le secolari pinete, i canali e le opere idrauliche, le superstiti paludi sono tutte pagine di un grande libro di storia del territorio di un grande libro delle trasformazioni del paesaggio nei secoli. Il paesaggio stimola quesiti nel viaggiatore. Chi attraversa le "strade basse" del lughese e del faentino non può non accorgersi che ogni settecento metri le strade si incrociano perpendicolari tra loro. Sono duemila anni che le tracce della centuriazione romana condizionano il paesaggio rurale di queste zone: costruzioni e colture geometricamente connesse alla viabilità. Così anche la via Emilia, il grande asse pedecollinare che nei secoli ha raccolto su di sé prima i centri abitati poi le aree industriali, condiziona fortemente un paesaggio di campi coltivati a viti e frutteti, quasi un giardino, che salgono fino sulle prime colline, dove i fondi sono marcati da filari di pini o cipressi e punteggiati, qua e là, da querce secolari. La via Emilia permetteva in passato al viaggiatore che si spostava da un centro all'altro di godere del paesaggio agreste, oggi i frequenti capannoni e le invadenti pubblicità allontanano il viaggiatore dal pensiero che la strada su cui si trova era percorsa anticamente dalle legioni romane che andavano alla conquista dell'Europa.
Le vallate del Lamone e del Senio, e quelle dei loro affluenti, offrono ancora, fortunatamente, scorci di paesaggi non appesantiti dal cemento. Oltre alle rive di calanchi e agli affioramenti di gesso, girando lo sguardo si possono ancora apprezzare torri medievali e ruderi di castelli, chiese isolate ed edicole votive ancora inseriti nel paesaggio che li ha visti crescere. Oppure godere della visione di case in sasso, spesso in rovina, arroccate tra i monti, ai margini di boschi di castagni o di altre variegate essenze che in autunno offrono tavolozze di rara bellezza. Sono le testimonianze dell'opera dell'uomo che si sono integrate all'ambiente naturale, offrendo all'occhio umano quel paesaggio che in passato gli artisti viaggiatori non mancavano di rappresentare nei loro taccuini e nelle loro opere. Purtroppo non sempre l'uomo è stato rispettoso del paesaggio. E qui l'elenco sarebbe infinito. Abbiamo volutamente trascurato il paesaggio urbano, sicuramente il più familiare ma dal contesto troppo vario e "accidentato". È nel contesto rurale, nel senso più ampio del termine, che si riscontrano autentici attentati al paesaggio.
Spesso sono sgradevoli capannoni, anche ad uso agricolo, edificati nei luoghi più impensati che rovinano il paesaggio. Sono le brutte case costruite a ridosso degli antichi edifici rurali, abbandonati a servizi, che rovinano il paesaggio. Insieme a questi mettiamo le lottizzazioni di seconde case realizzate sui "balconi" che sovrastano le nostre vallate, i "borghi" di pollai sorti ovunque, le opere tecnologiche e le "infrastrutture" realizzate senza interventi di mimesi. Il paesaggio cambia e cambierà sempre. Anche solo lo scorrere delle stagioni è un elemento che condiziona e varia il nostro paesaggio. Ma poi ritorna uguale.
È la mancanza di attenzione da parte dell'uomo che spesso pregiudica la godibilità futura del paesaggio. Quindi più attenzione da parte di tutti per proteggere il paesaggio che vogliamo davanti ai nostri occhi e per poter raccontare alle generazioni future le storie di quelle pinete, di quei canali, di quei boschi, di quelle torri.

Speciale Musei e Paesaggio - pag. 15 [2009 - N.35]

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