Economie del naturale

Valli e campi: la vita nella società pre-industriale in  mostra a Villanova e San Pancrazio 

Giuseppe Masetti, Eraldo Baldini - Direttore dei Musei Civici di Bagnacavallo, Scrittore e Antropologo culturale

Se l'aspetto economico di un territorio è il punto d'incontro fra quanto messo a disposizione dalla natura e quanto operato dagli uomini, allora si può ben dire che la vicenda rappresentata nell'Ecomuseo di Villanova è il risultato di alterni e precari assetti idraulici, prodotti dai diversi percorsi del fiume Lamone, e al tempo stesso dalla "capacità di risposta alle calamità naturali ed ai vecchi e riprovevoli sistemi feudali di produzione".L'economia del manufatto palustre che è all'origine delle raccolte museali fin dagli anni '60 racconta principalmente la capacità di sopravvivenza di uomini, donne e bambini all'interno di un territorio semipaludoso, storicamente di confine - tra lo Stato Pontificio e la Serenissima - e per di più afflitto dall'instabilità di terre e acque. Le esondazioni del Lamone hanno qui origini antichissime e gli insediamenti del XIV secolo si avvalgono per le prime abitazioni di capanne e tettoie in canna palustre: è un'erba di valle spontanea, di facile manipolazione, che non richiede particolari tecniche per l'estrazione. Viene lavorata per lo più a mano: non servono particolari opifici e vi sono impegnati tutti i membri della comunità.
Alcuni tagliano le erbe immersi nell'acqua fino alla cintola, altri intrecciano, altri ancora trasportano e commercializzano i manufatti. È una delle più funzionali catene produttive pre-industriali che un territorio possa esprimere, lontano dai distretti tessili. Ma è anche la tenace risposta di un'operosa comunità, insediata su di un territorio marginale, ove sono mancati a lungo forti investimenti e grandi opere di bonifica. Altri ambienti circostanti, proibitivi per l'agricoltura, hanno sviluppato in casi analoghi l'allevamento della pastorizia lungo le vie alzaie, la caccia e la pesca di sostentamento; in pochi sono riusciti a far crescere forme di artigianato collettivo così compenetrate e consone alle risorse naturali. Per questo, se le piane alluvionali, le paludi o le ex-risaie sono state caratteristiche morfologiche anche di altre aree romagnole ed estensi, l'Ecomuseo di Villanova testimonia oggi nei manufatti conservati e nella memoria popolare diffusa, i segni di un paesaggio non più leggibile all'orizzonte, ma a lungo incombente tra il Senio, il Lamone e l'Adriatico.
Oggetti e testimonianze della vita e del lavoro di una comunità sono conservati anche nel Museo della vita contadina in Romagna di San Pancrazio, sul cui territorio sono stati salvati anche altri "tesori": la raccolta di fiabe effettuata da Ermanno Silvestroni, uno dei più importanti corpus di narrativa popolare d'Europa, che vanta 133 fiabe e quasi 2000 pagine di testo tra originale in romagnolo e traduzione in italiano. L'apertura a pieno regime della nuova sede museale sarà l'occasione per un salto di qualità, perché il Museo dovrebbe divenire non solo un centro propulsivo per l'attività socioculturale del paese, ma anche un punto di eccellenza per lo studio della società agricolo-artigianale del territorio, da capire e indagare sia attraverso gli strumenti della cultura materiale esposti, sia attraverso il suo immaginario, il suo bagaglio narrativo conservato nelle fiabe, i cui testi contengono anche elementi descrittivi della vita quotidiana e del lavoro, completando così un virtuoso cerchio di conoscenza. L'intenzione è quella di dedicare una sezione alla fiaba: gli oggetti conservati nel Museo (e le fiabe raccolte in loco) ci riconducono a paesaggio di antico e consolidato appoderamento in cui l'agricoltura intensiva, a conduzione principalmente mezzadrile (e in parte diretta), portava alla presenza di siepi, filari, macchie alberate. Accanto a ciò, il ricorso alla bachicoltura e alla coltivazione della canapa faceva sì che il contesto, per una lunga fase storico-agraria, si arricchisse di alberi di gelso per l'alimentazione dei bachi da seta e di maceri per l'ammollo della canapa, sopravvissuti a lungo come stagni. La presenza del fiume Montone e di canali rendeva inoltre gli argini e i greti luoghi adatti sia per operazioni inerenti la canapicoltura sia per attività di lavaggio di panni e tessuti e per la raccolta di piante spontanee. Col supporto delle fiabe e delle memorie raccolte in abbondanza nel paese, vere guide a un universo organico e complesso, chi vorrà potrà compiere al Museo un affascinante viaggio nel passato e nelle trasformazioni di un territorio.

Speciale Musei e Paesaggio - pag. 13 [2009 - N.35]

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