Orizzonti di guerra

La pianura e la collina ravennate protagoniste della lotta di Liberazione

Giuseppe Masetti, Claudio Casadio - Direttore dei Musei civici di Bagnacavallo, Direttore della Pinacoteca Comunale di Faenza

Durante l'ultimo anno della seconda guerra mondiale in Italia non furono solamente le dorsali appenniniche a rallentare l'avanzata degli eserciti alleati verso le città del Nord; anche la pianura romagnola, contrariamente alle previsioni, si rivelò un campo di battaglia più ostico di quanto le mappe lasciassero pensare. Fu proprio la lunga sosta e la confidenza con la guerra a segnare drammaticamente le sorti della Valle del Senio con le maggiori distruzioni. Il paesaggio dei fiumi pensili, quelli incanalati fra alti argini manufatti, giocò in quelle condizioni un ruolo determinante, più spesso a favore dei tedeschi ed in opposizione agli alleati.
Tutta la rete dei fiumi romagnoli che confluiscono nel Reno o nell'Adriatico, benché di modesta portata, si rivelò un impedimento imprevisto al dispiegamento di operazioni militari su vasta scala, in quanto gli argini, i frequenti allagamenti e la carenza di ponti, trattennero la guerra, per quattro lunghi mesi, tra i paesi più vicini al Senio. La vicenda documentata al Museo della Battaglia del Senio di Alfonsine è quella degli eserciti e delle popolazioni durante la sosta invernale, allorché sia la dimensione militare che civile furono come schiacciate in quel lembo di territorio, ove antichi mestieri e conoscenze ambientali consentirono alla popolazione di convivere tra gli eserciti e di animare una guerriglia partigiana in pianura.
Mentre i militari pagarono ad altissimo prezzo la scarsa conoscenza del territorio, la guerriglia partigiana sfruttava a proprio favore tutte le opportunità ed i nascondigli disponibili in valle o in campagna. Si può dire che la guerra dapprima si piegò qui alle forme del paesaggio, poi lo violò con particolare accanimento. Scrisse un cronista inglese di quei giorni che «era diabolicamente difficile portare a termine sul terreno ciò che sulla carta si presentava in tutta semplicità». Il percorso espositivo del museo è perciò estremamente attento al dato ambientale, esponendo la cartografia di vari reparti ed ancorando sulle mappe tutte le azioni rappresentate. Se la geografia è stata per lunghi secoli una disciplina dei militari, è altrettanto vero che la guerriglia alimentata in queste zone si è avvalsa, con esiti decisivi, delle conoscenze ambientali e della complicità fra gli uomini, che restano sempre, anche oltre le guerre, fondamentali materie d'apprendimento per tutti.
Anche nelle zone collinari, non si può capire cosa sia avvenuto durante la Resistenza se non si lega strettamente la vicenda dei Partigiani al paesaggio e al territorio, inteso sia come luogo naturale che per l'insediamento dell'uomo. Per questo motivo nella prima delle quattro stanze dedicate ai visitatori del Museo della Resistenza di Ca' Malanca di Brisighella c'è il plastico della Battaglia di Purocielo, che ha dimensioni di circa tre metri per un metro e mezzo e che ricostruisce in scala 1:2.000 la planimetria delle zone della battaglia nella stretta valle di Rio di Cò.
Se il plastico serve a ricostruire i combattimenti avvenuti tra il 10 e il 12 ottobre 1944, una documentazione sui luoghi della collina romagnola dove operarono varie centinaia di partigiani della 36ª Brigata Garibaldi è stata raccolta da Ferruccio Montevecchi e pubblicata nel volume dedicato a I Contadini di Purocielo (Mobydick editore, 1999). Fotografie di famiglie contadine negli anni della Seconda guerra mondiale, le loro condizioni di vita, l'alimentazione, le coltivazioni e i loro rapporti con i soldati tedeschi, gli alleati e i partigiani sono al centro di questo libro che ricostruisce luoghi collinari molto diversi dagli attuali: intensamente coltivati, senza rimboschimenti e con tante famiglie contadine che avevano rapporti quasi esclusivamente nella loro parrocchia e con i proprietari terrieri. Tra il materiale prodotto dal Museo di Ca' Malanca c'è anche un invito a conoscere meglio i luoghi collinari della Resistenza, con la pubblicazione dedicata al Sentiero dei partigiani, un percorso ad anello che si può percorrere in circa tre ore di cammino. Belle vedute di crinale, che permettono di vedere tutta la dorsale appenninica, ma anche boschi, terreni appoderati e vecchie case ora in rovina e un tempo popolate da intere famiglie sono visibili lungo questo percorso che è un vero e proprio viaggio nella storia e nel paesaggio.

Speciale Musei e Paesaggio - pag. 11 [2009 - N.35]

[indietro]