La "natura" del museo

Quando il museo diventa il luogo in cui la storia urbana si racconta

Cetty Muscolino, Federica Cavani - Museo Nazionale di Ravenna

Nelle ampie sale e nei corridoi del Museo Nazionale di Ravenna, un tempo ambienti del monastero benedettino, è racchiusa la storia e la geografia di un territorio che il Museo racconta attraverso le sue collezioni e le sue raccolte: ogni reperto, dal più semplice al più prezioso, racchiude brani di storia e di tecnologia, di geografie e paesaggi. Le strade si diramano e conducono nel lontano o nell'immediato paesaggio urbano ed extraurbano, trasformato per nuove esigenze, e fanno intravedere antichi scenari cancellati per far posto a nuove creazioni, come ci testimoniano rispettivamente i reperti archeologici provenienti dalla grotta della Tanaccia, utilizzata nell'antica età del Bronzo a scopo funerario, e quelli rinvenuti in via Morigia che documentano, in quella che oggi è una zona densamente abitata, l'esistenza di un abitato preromano su palafitte con rapporti culturali e commerciali con l'Etruria e l'Italia centrale.
Tra il 1963 e il 1970 si scavò la zona della basilica di San Severo, di quella della Ca' Bianca e di altri edifici classicani, nonché di numerose aree di necropoli come quella monumentale della Marabina o quella anomala delle Palazzette, luogo di sepoltura privato di una confraternita o di una famiglia. Nel 1974 iniziarono gli scavi nell'impianto portuale tardoromano e bizantino, nel podere Chiavichetta, che continuano tutt'oggi e che hanno restituito parte del materiale archeologico esposto in museo.
Il museo può diventare una delle forme in cui la storia urbana si racconta e si rappresenta, in cui natura e cultura si condizionano reciprocamente, parlando, quando possibile, anche di storia locale, di demografia, di architettura, di natura e di ambiente. Il Museo Nazionale è un contenitore entro cui prendono forma varie realtà urbane del passato, dalla zona sud-orientale, con il cosiddetto "Palazzo di Teoderico", a quella portuale di Classe.
Le stele dei classiari raccontano di navarchi che hanno solcato un mare a noi un tempo più prossimo, rammentandoci come il paesaggio si trasforma perennemente; la elaboratissima patera marmorea proveniente da Porta Aurea testimonia una fase di ampliamento urbanistico della città nel I secolo d.C., le transenne lavorate ricordano quando le absidi delle chiese erano luoghi protetti e quasi inaccessibili; armi, corsaletti, testiere e mazze ferrate dell'Oploteca ci parlano di una guerra sanguinosa e spietata, combattuta corpo a corpo e una mensa da campo ci porta nelle lontane contrade della Turchia.
Il fascino di un museo sta anche nel saper riunire categorie di oggetti e materiali diversi tra loro, suggerendo ipotetici o reali collegamenti, sfruttando le potenzialità narrative di testi epigrafici, di oggetti archeologici e manufatti artistici, situazioni e ambienti, forme di insediamento umano e contesti naturali. I centenari tassi del chiostro, fortunati superstiti di altri compagni abbattuti, sono una viva testimonianza di come sia nata qui una legge di tutela per il verde e il paesaggio, e ancora oggi rappresentano un'oasi di serenità miracolosamente protetta e inconsapevole della cementificazione selvaggia che fuori da queste mura ha trasformato il volto della città.
Tutelare il lavoro dell'uomo, vigilare e proteggere la natura, quale compito potrebbe essere più nobile e desiderabile? Conservare e trasmettere e tramandare, far conoscere e ancora raccontare ai giovani la loro storia: ogni giorno i portoni delle scuole dovrebbero aprirsi.
Fra la Scuola e il Museo non dovrebbero esserci barriere e ci si dovrebbe adoperare per incrementare questo flusso e farlo divenire una consuetudine, non un'eccezionalità legata alla visita unica, prevista nel piano formativo. Quanti ragazzi non hanno ancora visto un cofanetto in avorio, un albarello ceramico, un petto d'arme in acciaio, un tessuto copto? Quanti ravennati non hanno ancora ammirato una transenna traforata, un cartone musivo, un pastorale scolpito? E magari sono partiti per visitare mostre lontane, per vedere a Londra la tavoletta con Apollo e Dafne, o la grande croce bronzea di San Vitale che potevano più comodamente e a minor prezzo vedere al Museo. A tutti vogliamo rinnovare l'invito: venite, il Museo vi aspetta e molte delle vostre curiosità saranno soddisfatte. Venite, e tornate ancora e ancora... e ogni volta scoprirete qualcosa di nuovo e tornerete a casa arricchiti.

La Pagina della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Ravenna - pag. 6 [2009 - N.35]

[indietro]