Le biblioteche e i musei: una convivenza possibile?

La rivoluzione telematica fra breve sarà in grado di dare una risposta a questo interrogativo

Licia Ravaioli - Servizio Biblioteche della Provincia di Ravenna

Nel 1876 il Ministro della pubblica istruzione Ruggero Bonghi inaugurava la Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele II, che era ospitata nelle sale del Collegio Romano, a Roma, in una sorta di coabitazione con vari musei. Egli considerava benemerita questa compresenza di istituti in un solo luogo, al fine di "raccogliere insieme gl’instrumenti della coltura pubblica e le memorie del passato, sulle quali si fondano i sentimenti e le tradizioni nazionali". È passato molto tempo da allora ma non si può negare che Bonghi aveva prefigurato il nuovo ruolo che biblioteche e musei avrebbero assunto: non più confinati nella "repubblica delle lettere", ad esclusivo uso di eruditi e studiosi, ma al servizio di un pubblico popolare, impegnati come servizi sociali per le funzioni di educazione permanente ed informazione. La storia recente di questi istituti è caratterizzata da un comune bisogno di conquistare un pubblico nuovo, magari riottoso, di usare tecniche di marketing per promuovere la propria offerta culturale, di stringere alleanze con il mondo della scuola per proporre percorsi didattici, in modo da far breccia nell’opinione pubblica convincendola ad un uso più allargato e informale di biblioteche e musei. Queste non sono le uniche sintonie. Proseguiamo questa storia in parallelo dei due istituti. L’assunto "piccolo è bello" può ancora valere per una biblioteca o un museo, purché l’amministrazione che li finanzia sia conscia del fatto che è oggi impensabile una struttura adibita allo sviluppo della conoscenza che non consenta l’accesso all’informazione in rete. La biblioteca, anche quando è specializzata su un’area tematica (cosa che accade sempre quando vive in simbiosi con un museo specialistico), è sempre un momento di accesso ad un’informazione più ampia, conservata in biblioteche affini o prodotta in centri di ricerca scientifica. La parola d’ordine di questi tempi è “accesso” al posto della desueta “possesso”, perché è impensabile una biblioteca che acquista e conserva tutti i documenti inerenti un certo ambito disciplinare. Pertanto anche la piccola biblioteca ha bisogno di essere inserita in un circuito d’appoggio, dove trovare personale professionalizzato nella scienza della documentazione ed informazione, che sappia organizzare le raccolte fisiche (libri, videocassette, dischi) e quelle virtuali (il virtual reference desk del computer) secondo un metodo di indicizzazione. Anche il mondo dei musei, seppure in ritardo rispetto a quello delle biblioteche, comincia ad apprezzare i vantaggi dell’appartenere ad un sistema. Man mano che gli oggetti conservati nei musei vengono descritti con dati testuali e digitalizzati, è possibile offrire agli interessati la possibilità di un’interrogazione remota, con evidenti vantaggi per il mondo della ricerca e dello studio. Persistono invece differenze tra la biblioteca ed il museo sul piano dell’utilizzo diretto. La biblioteca deve essere attrezzata per un uso individuale delle sue risorse, facilitando il lettore che vuole spazi consoni per usare il proprio pc, per interrogare un catalogo on line, per visionare una videocassetta o ascoltare un disco. Il museo invece è più vocato ad un uso collettivo e condiviso. Anche il rapporto tra l’operatore ed il pubblico è diverso nei due istituti: in biblioteca è richiesta la mediazione individuale, personalizzata del bibliotecario che dà consigli di lettura, aiuta a reperire i documenti che fanno a quello specifico caso. Nel museo sono più utili visite guidate collettive per piccoli gruppi. Ma di nuovo si affacciano altre convergenze. Per poter usare, consultare, leggere, vedere, ascoltare i documenti, ovunque siano conservati, occorre che siano catalogati secondo standard il più possibile condivisi a livello internazionale e leggibili dalle macchine per effettuare scambi ed integrazioni fra i cataloghi. Un bibliotecario che non sappia il russo ma conosca lo standard ISBD per la descrizione dei documenti sa riconoscere il titolo di un libro in russo, vedendone il record bibliografico. Se ci mettiamo d’accordo sui formati descrittivi (i metadati) riusciamo a leggere e a far leggere dal computer la descrizione di un oggetto non necessariamente bibliografico. Se ampliamo l’accordo fino alla scelta di standard per l’acquisizione digitale di immagini e suoni, riusciamo a creare sistemi multimediali, cioè cataloghi elettronici object oriented, capaci di offrire alla consultazione locale e remota una serie di dati di diverso tipo irrelati fra loro (testi, immagini, suoni). La rivoluzione telematica offrirà a breve la possibilità di integrare le testimonianze della cultura, anche se l’uomo le ha conservate in posti diversi e distanti fra loro.

Speciale biblioteche dei musei - pag. 8 [2002 - N.14]

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