Arcivasi e biboccali

Le ceramiche futuriste nelle collezioni del MIC di Faenza

Franco Bertoni - Esperto delle collezioni moderne e contemporanee del MIC

Nell'anno che vede articolarsi su scala non solo nazionale le celebrazioni del centenario della fondazione del movimento futurista (del 20 febbraio 1909 è appunto l'uscita su Le Figaro del famoso manifesto marinettiano) i debiti e i crediti del Futurismo sono, oggi, abbastanza chiari. Tra i crediti non si può non annoverare quanto espresso in ceramica nella decade tra il 1925 e il 1935: Faenza e Albisola sono state i centri ceramici in cui il movimento, tentando un rilancio dei suoi spesso apodittici propositi nel campo dell'oggetto d'uso quotidiano (la "ricostruzione futurista dell'universo"), ha dato segni di rinnovata vitalità e di un aggancio con una modernità in Italia ancora più auspicata che realizzata. Nell'uno e nell'altro caso si è trattato di pezzi spesso unici, realizzati con le tecniche più tradizionali e ben lontani da una produzione seriale.
A Faenza, tra il 1928 e il 1929, Riccardo Gatti aderisce al programma produttivo e commerciale ideato e diretto da Giuseppe Fabbri, giornalista, critico e scrittore che riesce ad attirare nell'iniziativa Giacomo Balla, Mario Guido Dal Monte, Pippo Rizzo, Benedetta, moglie di Marinetti, Gerardo Dottori e altri futuristi. Anche Mario Ortolani e Anselmo Bucci, per l'occasione, traducono in ceramica disegni futuristi.
Rispetto ai contemporanei prototipi di Balla, ad esempio, nelle opere di Gatti si assiste a un utilizzo di forme non certo eversive in cui la forza d'urto dei contrasti di colore e delle linee spezzate, in realtà ormai smorzata da due decenni di frequentazione, viene addolcita e temperata da recuperi figurativi.
Se le ceramiche futuriste elaborate a Faenza in questo biennio sono scarsamente documentate al MIC, di ben maggiore rilevanza è il corpus consegnato nel 1929 al Museo da Tullio Mazzotti, erede della manifattura di famiglia fondata nel 1903 e principale protagonista della vicenda ceramica futurista albisolese, assieme al fratello Torido. Dopo avere notato le opere di Balla e di Depero esposte alla "Exposition des Arts Décoratifs" di Parigi del 1925, Tullio, poi denominato D'Albisola da Marinetti, indirizza parte della produzione della manifattura in senso futurista, coinvolgendo nel tempo artisti come Fillia, Bruno Munari, Farfa, Nino Strada, Alf Gaudenzi, Nicolaj Diulgheroff, Dino Gambetti, Enrico Prampolini e Giovanni Acquaviva. Le ceramiche di Tullio sono certamente le più sorprendenti e le più aderenti allo spirito del movimento. Descritte come Arcivasi, Biboccali, Bivasi, Tuberie, Servizi fiorantipasto, Vaso proiettile, Bomboniere elettriche, Copperotiche, le opere di Tullio innovano significativamente alcune forme d'uso e, soprattutto, vi fanno aderire apparati decorativi ludici e demistificatori della stessa funzione: una sorta di ceramica parlante in cui confluiscono il lirismo parolibero di Marinetti e le sintesi grafiche di Depero. Lo sberleffo futurista trova in Tullio un interprete pari al solo Depero nei campi, questi sì veramente moderni, della ceramica quotidiana, della pubblicità, della cartellonistica e della grafica. Nel 1938, comunque, elabora con Marinetti il manifesto Ceramica e aeroceramica e nel 1939, quasi a sintesi di questa esperienza, pubblica il volume La ceramica futurista.
Il primo lascito al MIC avviene nel 1929, a seguito della presenza di Tullio all'VIII Corso di Storia della Ceramica di Faenza come relatore sul tema Dalle ceramiche liberty alle aeroceramiche futuriste. Tra le opere donate alcuni capolavori: Fiori dei miei giardini, un vaso sferico con aggettivazioni plastiche inedite e un decoro in cui si miscelano sintesi naturalistiche e grafica tipografica, Piatti in cui si accavallano sintetiche rese pittoriche, numeri, lettere e espressioni di devozione al Duce, un Servizio da tè, borghese nella funzione ma ardito di concezione.
L'amicizia instauratasi con Gaetano Ballardini porterà a una seconda donazione nel 1949, nel momento cruciale della ricostruzione del Museo dopo i danni bellici, con opere, tra le altre, dello stesso Tullio (Vaso con punto interrogativo del 1927 e Ritratto di bambina del 1929), Torido Mazzotti (Vasi motorati del 1930-32), Fillia (Aerovaso del 1932) e Bruno Munari (Bulldog e Cammello del 1934). Le ceramiche futuriste donate da Tullio d'Albisola sono in gran parte esposte al MIC nella sezione Italia Novecento e, per qualità e certa datazione, sono uno dei punti di riferimento della storiografia della ceramica futurista.

Speciale Futurismo in Romagna - pag. 12 [2009 - N.34]

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