Strambi, eccentrici, geniali

Il movimento in Romagna annovera numerosi personaggi, a paritre da uno straordinario genitore come Boccioni 

Beatrice Buscaroli - Storica dell'Arte, Docente di Storia dell'arte contemporanea, Università di Bologna - Ravenna

Francesco Balilla Pratella aveva una casa, a Lugo, che si trovò stretta tra due binari ferroviari. Il rumore non mancava, né il movimento, né la velocità. La casa del principale musicista futurista era destinata a divenire una delle "centrali" del movimento futurista in Romagna.
"Primo a parlarmi di futurismo e a Lugo fu l'amico e poeta Luigi Donati" - scrive Balilla Pratella nella sua Autobiografia - "informandomi di come il poeta Tomaso Filippo Marinetti, italianissimo, di genitori milanesi, di sentimento patrio e di linguaggio (...) avesse ideato e promosso a Milano, e nell'anno prima 1909, quel movimento di arte e di vita, ch'egli battezzò 'futurismo', che tutti conoscono" (F. Balilla Pratella, Autobiografia, Milano 1971).
Dopo il primo incontro col fondatore del futurismo, Balilla Pratella e Marinetti si frequentarono spesso, a Milano o a Lugo, dove il secondo si tratteneva volentieri per "due o tre giorni".
"Fumava incessantemente, ininterrottamente, sigarette una dietro l'altra, a tavola, in letto, nel bagno, parlando e discutendo di continuo...".
"Era un bell'uomo, benché completamente calvo; di contegno signorile e volutamente corretto; ben vestito e alla moda (...). Tutte le donne lo ammiravano e molte lo amavano".
Tra i primi futuristi romagnoli spiccano da subito i due nobili fratelli Arnaldo e Bruno Ginanni Corradini di Ravenna. Nomi troppo lunghi, avrebbe detto Giacomo Balla, che li ribattezzò, semplicemente Ginna e Corra. Veloci, scattanti, come Fòlgore, Bot, Volt, Dinamo... Discendenti da un nobile capostipite di origine ungherese, i due erano figli di un famoso avvocato penalista, Tullo Ginanni Corradini, poi sindaco di Ravenna che, in una causa che divenne celebre, aveva difeso una fanciulla rea di avere ammazzato a pugnalate un seduttore troppo focoso, in chiesa, accanto all'acquasantiera. La donna era detta "Sina d'Vargöun".
Con un interludio orchestrale, Visione tragica, dedicato a questa vicenda, la "Rosellina dei Vergoni", "scene de la Romagna bassa per musica", Balilla Pratella conquistò Marinetti che scese a Imola per ascoltare l'intermezzo del musicista, eseguito tra un atto e l'altro di Tosca, il 20 agosto 1910. Marinetti cercava un musicista da assoldare alla causa futurista, e lo trovò: ne nacque un'amicizia, una lunga corrispondenza e l'adesione di Pratella al futurismo.
Il lughese firmò diversi manifesti, Umberto Boccioni firmò la copertina per la raccolta di spartiti intitolata Musica futurista. I nonni di Umberto Boccioni erano di Morciano di Romagna. Nato per caso a Reggio Calabria, ritornò in Romagna a soli venti giorni. "Purosangue romagnolo" lo definì Aldo Palazzeschi, "vulcanico, esplosivo".
Il futurismo romagnolo annovera personaggi strambi, eccentrici, geniali. Ha uno straordinario genitore come Boccioni. Anarchico, rumoroso, rissoso, come tutte le varianti locali del movimento ufficialmente nato a Parigi il 20 febbraio del 1909, il futurismo romagnolo reclutò pittori, scultori, poeti, musicisti, scrittori, ceramisti e un suo "gruppo", intitolato naturalmente a Umberto Boccioni, formato a Imola da Mario Guido Dal Monte nel 1927.
Poi ha Marinetti, che va e viene, sempre in treno a inaugurare le mostre e a tener viva quella fiamma. Molti artisti non erano nati futuristi e non morirono futuristi. Come in tutte le varianti locali, regionali, periferiche del movimento. Eppure qui visse il solo autore di un'opera musicale sinceramente futurista, l'Aviatore Dro, qui nacque la ceramica futurista, firmata a fuoco da Marinetti in persona. "Marinetti", avrebbe scritto (Enzo) Benedetto nella rivista che, dopo la seconda guerra e dopo l'abiura generale che conobbe il movimento (prima della mostra di palazzo Grassi del 1986), "non esercitava imperio, era aperto alle idee degli altri e ricopriva il ruolo di animatore e vertice per consenso spontaneo ed ammirato dai futuristi" (Benedetto, Convegni, in "Futurismo oggi", XVI, n. ¾, marzo-aprile 1984).
E arrivarono, uno dopo l'altro, poeti e scrittori, pittori e ceramisti, come se fosse naturale seguire un richiamo che chiudeva l'Ottocento e gettava le vite di ognuno nel pieno della contemporaneità, della vita, della lotta. Con il manifesto di Ginna e Corra, intitolato L'Arte dell'avvenire (1910), Arnaldo dichiarò che intendeva trasferire i suoi "stati d'animo" in pittura. Durante un lungo periodo di disturbi nervosi che lo afflissero nel periodo in cui frequentava l'Accademia di Belle Arti di Ravenna, Arnaldo Ginna, appassionato di occultismo, spiritualismo, alchimia, cercò di raffigurare il suo stato mentale, in un quadro intitolato Nevrastenia. È il 1908, e Ginna produce un lavoro che lui stesso definisce "un primo quadro veramente astrattista". La pittura astratta non è ancora nata ufficialmente, e l'opera, come notava Mario Verdone, "precede cronologicamente il primo acquerello astratto" di Kandinsky (M. Verdone, Ginna, catalogo di mostra, Ravenna 1985).
Il faentino Giannetto Malmerendi aveva incontrato direttamente Boccioni, al quale mostrò le sue opere. Marinetti lo incoraggiò, e dunque fu assoldato. "Lei è dei nostri! sulla grande strada!", lo incitava Boccioni. Attraversò il futurismo con convinzione ed eleganza. Ne uscì presto, subito dopo la guerra, con un Autoritratto che è già una dichiarazione di poetica. Più tardi, a Imola, Mario Guido Dal Monte debuttava come futurista nel 1926: avrebbe fondato una casa d'arte come quella di Depero e fornito la sua città di arredi, mobili, scene, costumi, abiti futuristi...
"I primi avvisi del futurismo mi giunsero molto in ritardo", confessava Leonardo Castellani, sedotto al futurismo da un orologiaio cesenate "sulla porta del caffè Garaffoni", nel 1914. "Noi a Cesena faremo cose da pazzi". Pittore, ceramista, scrittore, Castellani fu autore di testi che piacquero a Marinetti, prose e poesie pubblicate in Due quaderni (T. Mattioli, "Il carattere non è altro che lo stile di un uomo". Per Castellani futurista, in Romagna Futurista, catalogo di mostra a cura di B. Buscaroli con A. Ortenzi, Milano 2006).
Armando Cavalli, Francesco Meriano, altro cesenate che da simbolista divenne paroliberista, il forlivese Luciano De Nardis sono gli scrittori di questa Romagna, che, come ha scritto Davide Rondoni, "offrirono la loro poesia con una strana, inquietante libertà, come di chi stia camminando su un vuoto eppure ha cara la propria terra" (D. Rondoni, Tre scene, per la poesia, in Romagna Futurista).

Speciale Futurismo in Romagna - pag. 9 [2009 - N.34]

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