Moda e bellezza

Abiti, gioielli, accessori di bellezza del mondo romano nelle collezioni del Museo Nazionale di Ravenna

Federica Cavani - Museo Nazionale di Ravenna

L'abito è sempre servito a riparare dal freddo E dagli sguardi altrui ma anche a trasmettere messaggi e stati d'animo, a segnare distanze e distinguere ruoli, a dimostrare appartenenze e aggregazioni, condizioni sociali e scelte di vita: percorrendo alcuni degli spazi espositivi del Museo Nazionale di Ravenna si possono osservare oggetti che parlano del costume, della cosmesi, dei profumi di donne e uomini dell'antica Roma.
La raccolta di stele funerarie esposta nel Primo Chiostro mostra una serie di ritratti che ci fornisce informazioni circa i costumi e le acconciature tra I e II secolo. Spiccati caratteri realistici compaiono nella stele dei Firmi e dei Latroni, dove un'anziana domina, con capelli ondulati ottenuti probabilmente facendo ricorso al calamistrum, un ferro incandescente, mostra un anello forse indossato grazie al valido aiuto delle ornatrices che sapientemente studiavano l'effetto d'insieme della loro padrona, pettinandola, truccandola e ingioiellandola. L'immagine lascia intuire che la donna stia indossando la tunica subucula, lunga sino ai piedi, con sopra una stola, ampia e drappeggiata, stretta in vita da una cintura e portata soprattutto dalle donne di ceto superiore. Un mantello, la palla, le lascia libera la spalla destra.
Sotto la tunica dobbiamo immaginare biancheria intima come la fascia pectoralis o mammillare, una specie di fascia per reggere il seno, come sembra suggerire un rilievo con scena di vestizione di V secolo esposto nella Sala dei reperti dal cosiddetto Palazzo di Teoderico. Qui una donna anziana seduta è intenta a cingere con una fascia una giovane seguendo probabilmente i consigli di Ovidio, che nell'Ars amatoria suggerisce che venga indossata da donne con seni piccoli. Ben conservato è il ritratto di Paccia Elpide, dall'acconciatura "a melone", di origine greca: i capelli sono divisi da una scriminatura centrale e raccolti all'indietro in ciocche ondulate e parallele che terminano in una serie di riccioli "a cavatappo" disposti in modo vezzoso vicino alle orecchie. Nella stele di Publio Longidieno, una liberta è ritratta avvolta nel ricinum, un mantello quadrato che copriva le spalle e il capo. Publio Longidieno, un faber navalis della flotta di Classe, indossa una corta tunica, l'abito maschile più comune, portato sia dai cittadini romani, sotto la toga, sia dai non cittadini.
Nel bassorilievo di Augusto la tunica è indossata da Claudio o Tiberio sotto una raffinata lorica, parzialmente coperta da un paludamentum, mantello simile alla clamide e riservato ai militari di grado più alto. Accanto al generale c'è un giovane avvolto nel solo himation, un capo di abbigliamento tipico dell'antica Grecia. Le cosiddette Salette dei reperti dagli scavi di Classe ospitano materiali per la massima parte provenienti da corredi funerari rinvenuti nella vasta zona che si estende da sud-est di Ravenna fino al sito di Classe.
Accanto a prodotti di oreficeria sono esposti interessanti contenitori per unguenti e profumi tra i quali un amphoriskos in vetro verde (IV-V sec.) di probabile importazione egiziana, un balsamario in vetro giallo a conchiglia e un vasetto di vetro blu soffiato entro stampo bivalve in forma di doppia testa, di probabile derivazione siriana o aquileiense (inizio II sec.). Un anello ritrovato presso la chiesa di San Severo a Classe, in ambra rossa trasparente, ritrae a tutto tondo, al posto del castone, un busto di donna. I capelli, alti sulla fronte, sono divisi al centro e legati in una crocchia sopra la nuca, nella tipica acconciatura di età flavia.
Dalla necropoli della Marabina proviene una bulla aurea decorata a granulazione con grappoli d'uva della fine del III secolo. Portata, secondo una tradizione ereditata dal mondo etrusco, dai fanciulli di classe elevata affinché "quando giocavano nudi, non venissero scambiati per degli schiavi e fatti oggetto di tentativi di seduzione", riporta una classica formula acclamatoria, V T F L, utere felix.
Questi sono solo alcuni dei tanti messaggi trasmessi dagli oggetti archeologici e da collezione esposti al Museo Nazionale di Ravenna, oggetti che testimoniano la storia più intima dell'uomo.

La Pagina della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Ravenna - pag. 8 [2009 - N.34]

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