Il padre

Luigi Ricci, scenografo, fu disegnatore e fotografo dei monumenti ravennati

Franco Gabici - Capo Reparto Attività scientifiche e museali del Comune di Ravenna

Santi Muratori, che sulla sua amata città ha sempre avuto l'occhio vigile, scriveva negli anni '20 del secolo passato che i monumenti di Ravenna cominciarono ad essere valorizzati da Odoardo Gardella e da Luigi Ricci, padre di Corrado. Ricci, che Muratori definisce "valente disegnatore e scenografo", fu inoltre il primo ad applicare la fotografia allo studio dei monumenti e "da quella scuola, da quell'esperienza, da quella fede uscì, quasi un figlio d'arte, Corrado Ricci".
Luigi Ricci e Odoardo Gardella, continua Muratori, "rovistavano dappertutto, esploravano le cripte, si sporgevano fuori dai campanili per fare calchi di epigrafi e di sculture" non curanti di quei pericoli che invece il giovane Corrado intuiva, tant'è che una volta corse da sua madre tutto concitato per dirle: "Quei due vecchi un giorno o l'altro si ammazzano!". Queste testimonianze di Muratori valgono più dei diplomi e dei riconoscimenti per il lavoro di un artigiano eclettico che seppe ben presto guadagnarsi la stima soprattutto al di fuori della sua città.
Nato a Ravenna da una famiglia modesta il 9 dicembre 1823, "passò la fanciullezza meschinamente" e fin dai primi anni mostrò una particolare attitudine per la pittura. Orfano di padre, la famiglia non poteva permettersi il lusso di avviarlo agli studi ma per sua fortuna la principessa Murat, moglie di Giulio Rasponi, gli fece studiare scenografia alla scuola bolognese di Francesco Cocchi dove aveva studiato anche Giuseppe Mengoni, l'architetto che avrebbe progettato la famosa "Galleria" di Milano.
Dopo aver superato la prova fu ammesso alla Accademia di belle arti di Bologna, dove rimase per quattro anni fino al 1850. Venuti a meno gli aiuti economici che lo avrebbero costretto a interrompere gli studi, lo stesso Cocchi si augurava che il Ricci trovasse nella "Commissione comunale del proprio paese un valido mecenate che lo protegga" perché il giovane aveva sempre dimostrato una "somma attitudine per l'arte prospettica". Le parole di Cocchi però non sortirono nessun effetto ma Ricci non si scoraggiò e, tornato a Ravenna, si mise a lavorare con tenacia. Risalgono a quegli anni i primi lavori da scenografo, a cominciare dalle scene per Attila per il vecchio teatro di Ravenna. E non fu certo facile attirare l'attenzione sui suoi lavori perché in quel periodo l'arte scenica della sua città era quasi sempre appannaggio del famoso scenografo faentino Romolo Liverani.
Eppure Luigi Ricci seppe imporsi non solo in città ma anche fuori e infatti lo troviamo a lavorare in tutta la Romagna ma anche nelle Marche, nell'Umbria e nel Veneto e, come ha scritto Odoardo Gardella, "se la famiglia e un forte senso di nostalgia per la Romagna non l'avessero trattenuto, egli avrebbe avuto maggior campo d'azione". Indimenticabili, a Ravenna, le sue scenografie per la Giovanna di Guzman (1861), il Trovatore (1869), il Faust (1872).
Si racconta che due scenografi dell'Opera di Parigi, a Ravenna per studiare i nostri monumenti per alcune scene da allestire nel loro teatro, furono talmente colpiti dalla scenografia che il Ricci aveva allestito per la Marta di Flotow che vollero conoscerlo personalmente per contratularsi. La sua fama di valente scenografo lo portò anche all'estero. Nel 1857, infatti, fu chiamato ad Atene per decorarvi il massimo teatro.
Dopo aver lavorato per più di vent'anni alla scenografia, dal 1875 abbandonò il campo per completare la sua straordinaria raccolta di fotografie e disegni dei più famosi monumenti ravennati e in questo periodo inizia la collaborazione col figlio Corrado. Il lungo studio fatto nei nostri monumenti, l'amore e il gusto vivo dell'arte - scrisse ancora Odoardo Gardella - gli valsero la stima d'illustri storici italiani e stranieri che ricorsero spesso alla sua cooperazione d'artista per opere di archeologia cristiana.
Luigi Ricci ebbe una vita assai travagliata. Nel 1855 fu colpito dal colera, ma fu uno dei pochi fortunati ad uscir vivo dal Lazzaretto. Una volta, di ritorno da Sant'Agata Feltria, cadde dal suo carrettino e per alcuni giorni restò fra la vita e la morte. Morì a Ravenna il 29 luglio 1896 a settantatre anni di età dopo otto lunghi anni di malattia.

Speciale Omaggio a Corrado Ricci - pag. [2008 - N.31]

[indietro]