Restaurare Garibaldi

Gli interventi in materia di schedatura e di restauro delle opere e dei cimeli nei musei del Risorgimento della Regione

Marta Cuoghi Costantini - Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna - Servizio Musei e Beni Culturali

Era ancora vivo nella memoria di molti italiani il ricordo delle cospirazioni carbonare e delle guerre che avevano segnato il tribolato cammino verso lo Stato unitario, quando presero forma e consistenza le prime raccolte di cimeli risorgimentali grazie alle generose donazioni di chi aveva vissuto in prima persona le lotte per l'indipendenza o dei familiari che avevano conservato ricordi, effetti personali, testimonianze.

Nacquero negli ultimi decenni dell'800 o nei primissimi anni del '900, soprattutto nelle città del Nord Italia, crescendo a fianco dei più rinomati e considerati Musei Civici, di cui spesso costituirono un'appendice secondaria, legata ai protagonisti della locale storia cittadina. Tutte comunque svolsero l'importante funzione di riunire, raggruppare, ordinare e soprattutto conservare una mole cospicua di testimonianze, di tramandarle e farle conoscere alle nuove generazioni, fornendo ancora oggi spunti di riflessione e preziosi riscontri non solo per la ricostruzione delle vicende locali ma in generale per una rilettura storica del Risorgimento italiano.

Terra di radicate tradizioni repubblicane, nella quale furono prontamente recepiti gli ideali mazziniani e largamente condivisa l'azione garibaldina, il territorio dell'Emilia-Romagna diede un contributo significativo al filone dei musei del Risorgimento ospitando le rilevanti raccolte di Bologna, Modena, Reggio Emilia oltre a quelle di Ferrara, Ravenna, Faenza, Modigliana, per citare solo le principali.

Dopo il fervore iniziale che aveva accompagnato la formazione dei primi nuclei documentari, la maggior parte dei quali venne presentata alla grande Esposizione Italiana di Torino del 1884 e, negli anni immediatamente successivi a questo evento, reso possibile la loro sistemazione nelle rispettive sedi cittadine, le collezioni vennero ben presto relegate a un ruolo di secondo piano se non completamente dimenticate. Per molti di noi il ricordo di questi musei, visitati principalmente per obbligo scolastico, è quello di luoghi poco frequentati, di teche e vetrine antiquate e polverose, di documenti e oggetti accostati in sequenze ripetitive, con fini conservativi più che per trasmettere messaggi al visitatore.

In realtà gli eterogenei materiali che essi custodiscono, comprensivi di libri, bandi, lettere, di bandiere, fazzoletti e uniformi, di copricapi, medaglie e targhe commemorative e ancora di fucili, daghe, spadini, fotografie, dipinti e molti altri oggetti ancora, si presterebbero, per il loro forte potere evocativo, ad assolvere una funzione comunicativa efficace qualora fossero accostati ed esibiti secondo concezioni museografiche moderne. Chi ne volesse una riprova può visitare il Museo del Tricolore di Reggio Emilia dove sono parzialmente confluiti i materiali delle vecchia raccolta del Risorgimento, cui aveva dato vita Naborre Campanili. Di facile e piacevole lettura, il nuovo progetto espositivo è specificamente incentrato sulla storia della nostra bandiera il cui uso fu per l'appunto sancito nel 1796, proprio in questa città, allorché venne proclamata la Repubblica Cispadana.

Concezioni di moderna museografia hanno ispirato anche il recente allestimento del Museo del Risorgimento di Ravenna ospitato negli spazi seicenteschi della ex-chiesa di San Romualdo. Attraverso una sequenza ragionata di documenti ed oggetti, disposti entro moderne e funzionali vetrine, il nuovo percorso espositivo traccia una sintesi dei momenti salienti della storia italiana, oltre che ravennate, dal periodo giacobino sino alla Grande Guerra.

In questo anno di celebrazioni dedicate alla memoria di Giuseppe Garibaldi, ad uno dei personaggi più rappresentativi ed emblematici del nostro Risorgimento, certamente l'eroe più popolare ed amato, ci fa dunque piacere poter sottolineare ancora una volta l'attenzione che con lungimiranza l'IBC ha dedicato nel corso della sua ormai trentennale esperienza al patrimonio dei Musei del Risorgimento. Secondo una prassi avviata già nei primissimi anni di attività e via via consolidata nel corso dei tempo, pur limitatamente ad alcuni fondi (Bologna, Modena, Ravenna, Ferrara, Faenza) sono state condotte schedature sistematiche, i cui risultati sono poi confluiti in una banca dati attualmente consultabile anche on line.

Sul fronte della manutenzione e del restauro gli interventi, spesso motivati da urgenti problemi conservativi, hanno interessato una svariata gamma di materiali che vanno dai documenti cartacei ai dipinti, dai reperti tessili ai metalli. Realizzati da ditte o artigiani specializzati con metodologie rigorosamente conservative, nel rispetto delle tecniche storiche peculiari di ciascun reperto, i restauri hanno consentito di migliorare le condizioni di conservazione e in alcuni casi di salvare oggetti a rischio riscoprendone le importanti valenze documentarie.

Fra le realizzazioni più significative vi è certamente il recupero di un nucleo di bandiere del Museo del Risorgimento di Ferrara composto prevalentemente da tricolori di seta, alcuni con stemma sabaudo e scritte che testimoniano la loro appartenenza alla Guardia Nazionale Italiana, quel particolare corpo dell'esercito sorto subito dopo l'Unità d'Italia per fronteggiare il problema del banditismo meridionale. Debitamente pulite, ricomposte nella loro forma originaria e consolidate a cucito o con tecniche termoplastiche, tutti i vessilli hanno riacquistato una buona leggibilità. Anche una bandiera in leggero taffetas di seta beige con scritta in velluto rosso, pervenuta in condizioni frammentarie, è stata ricomposta nella sua interezza ed ora si può leggere con chiarezza il nome di Pio IX, il papa che ha gestito la non facile trasformazione del nostro paese in un moderno stato nazionale.

Diversi e scaglionati nel corso del tempo sono stati i restauri di opere conservate nel Museo del Risorgimento di Bologna, che si segnala in regione come una delle realtà meglio strutturate e dinamiche del settore. Gli interventi hanno riguardato il recupero di uniformi e casacche garibaldine, un pregevole nucleo di fazzoletti patriottici, alcune significative testimonianze iconografiche fra le quali si segnalano i ritratti del patriota bolognese Livio Zambeccari, quello di Giuseppe Garibaldi in tenuta dell'esercito italiano entrambi di autore anonimo e la morte di Anita Garibaldi ad opera di F. Fabbi.

Vorrei concludere ricordando la vera e propria campagna di restauri promossa dall'IBC in occasione dell'allestimento del Museo di Ravenna. Grazie ai finanziamenti regionali sono state manutenzionati e restaurati il gruppo delle armi (fucili, spade, daghe, spadini), i busti e i ritratti dedicati a protagonisti della storia locale, e l'interessante nucleo di indumenti. Oltre alle casacche garibaldine che col loro acceso colore rosso ci riportano alla memoria le mitiche imprese dei Mille, si segnala una rara quanto bella uniforme da ufficiale medico databile poco oltre la metà dell'800 composta da giacca in panno di lana nera e cappello a feluca con pennacchio piumato. Fiore all'occhiello del Museo sono tuttavia gli indumenti appartenuti a Garibaldi e alla moglie Anita: un mantello in panno nero con fodera in damasco di lana bianca e colletto di velluto marrone, un cappello di feltro nero, un paio di alti stivali femminili in cuoio, anch'essi neri. Si tratta di capi molto semplici, confezionati con materiali comuni, privi di qualsiasi ornamento, ma capaci di rievocare le mitiche figure del generale e della moglie che presumibilmente li indossavano durante la loro avventurosa fuga dopo la Repubblica Romana. Provvedendo alla loro manutenzione e al loro restauro, effettuato con rigorose metodologie conservative, l'Istituto ha contribuito a migliorarne lo stato di salute rafforzando in questo modo, attraverso oggetti tangibili, la memoria storica della leggendaria e tragica permanenza dell'eroe dei due mondi in terra di Romagna.

La pagina dell'IBC della Regione Emilia-Romagna - pag. 4 [2007 - N.28]

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