Rivive Villanova nelle capanne

L’Ecomuseo di Villanova di Bagnacavallo ha dato vita ad un progetto di recupero di varie tipologie di capanni in canna tipici della tradizione romagnola

Maria Rosa Bagnari - Responsabile dell'Ecomuseo della Civiltà Palustre di Villanova di Bagnacavallo

L’Ecomuseo della Civiltà Palustre è impegnato da oltre vent’anni nella ricerca, recupero e diffusione della cultura e della tradizione romagnola, a stretto contatto con la storia del paese di Villanova di Bagnacavallo, un tempo Villanova delle Capanne, importante centro di produzione di manufatti realizzati con vegetazioni spontanee dell’ambiente palustre, fino agli anni ‘70. La raccolta, unica nel suo genere, propone il ciclo di produzione legato alle cinque erbe utilizzate come materia prima (stiancia, giunco, carice, giunco pungente e canna), evidenziando il rapporto dell’uomo col mondo della valle.
Ed è proprio al ciclo di lavorazione della canna che si lega la progettazione dell’etnoparco “Villanova delle capanne” che prevede la realizzazione di costruzioni rurali in canna palustre, la cui presenza nei territori di origine alluvionale si colloca nei primi insediamenti sorti sui terrapieni, eredità delle antiche dune, o in vicinanza delle vie alzaie. Grazie al grande pregio di fondersi con l’ambiente e di essere le uniche costruzioni dell’uomo ad impatto ambientale zero, si possono definire case della natura, paragonabili ai nidi degli uccelli.
I capanni, un tempo diffusissimi, tanto da essere tratto peculiare dell’ambiente rurale della Bassa Romagna, sono stati in seguito abbattuti e ora sul territorio ravennate ne restano pochissimi esemplari. Questo non è l’unico motivo che ha spinto l’Ecomuseo a riportare in vita e ad impegnarsi, anche economicamente, al recupero delle varie tipologie di capanni della nostra zona; infatti, la maggior preoccupazione è la difficoltà di tramandare le capacità tecniche dei maestri capannai locali, rinomati per abilità e senso estetico, considerato che il prezioso bagaglio tecnico è attualmente patrimonio esclusivo di un’ottantunenne capannaio, allievo del noto maestro Rosetti. Lo studio e il recupero delle tecniche di lavorazione delle erbe palustri si è sempre focalizzata sulla produzione di manufatti d’uso domestico, relegando le tecniche di costruzione dei capanni solo all’aspetto teorico e documentario.
Con la realizzazione dell’etnoparco, l’Ecomuseo ha colto l’occasione per organizzare un corso per allievi capannai per avvicinare e tramandare questa antica arte alle nuove generazioni, tentando di evitarne la scomparsa, come è già avvenuto per la scuola dei maestri d’ascia di Ravenna. Questa tematica è stata al centro del convegno , inserito nei progetti INFEA 2005 della Regione Emilia-Romagna e tenutosi a Villanova di Bagnacavallo il 20 maggio 2006. Tale evento è il primo di una serie di iniziative che hanno come tema comune la memoria, in collaborazione con CEA Fondazione Villa Ghigi, CEA di Nonantola, Centro Agricoltura Ambiente di Bologna, San Teodoro Monteveglio, Gruppo di Ricerca Tecnologie Appropriate di Cesena, Centro Anziani Santa Viola, Auser e Ancescao, Coordinamento regionale Anziani e Università Primo Levi di Bologna. L’etnoparco, progetto del Comune di Bagnacavallo che costituirà parte del percorso espositivo presso la futura sede museale (ex scuole medie), vede ultimati il capanno cantina (o capanna interrata) e il capanno classico romagnolo con paradòsa (parete verticale). È prevista la realizzazione di una cavâna (ricovero per la batana, imbarcazione a fondo piatto tipica del ravennate), di un capanno per gli attrezzi, di un capanno pollaio, delle piccionaie e d’altri servizi comuni nelle borgate villanovesi. Inoltre, l’attuale piantumazione di pini sarà completata con arbusti, cespugli e infiorescenze spontanee, rappresentando così uno spaccato di bosco pinetale. A completamento, sarà realizzato un “orto-giardino dei fiori e degli odori dimenticati”.
Il cantiere dei capanni, che è stato oggetto di grande interesse da parte di musei e parchi archeologici, architetti e geometri, non è un’operazione fine a se stessa ma un incentivo a riscoprire e a porre un’attenzione particolare nei confronti di queste importanti testimonianze di cultura materiale del nostro territorio, che devono essere riconosciute come patrimonio comune ereditario.

Notizie dal Sistema Museale della Provincia di Ravenna - pag. 15 [2006 - N.26]

[indietro]