A proposito di musei-spettacolo

Il Museum Ladin di San Martino in Badia... uno spettacolo di Museo!

Gian paolo Costa - Responsabile del Museo Civico di Scienze Naturali di Faenza

Gli appunti che seguono necessitano di una prefazione, ad un tempo postfazione esplicativa del titolo. La condanna per un "operatore museale" che ha scelto e vive il suo lavoro per e con passione, è quella (oltreché economica) "a" non poter visitare un Museo. Nello specifico: quando chi scrive entra in un Museo - e ciò accade, tuttora! - non lo visita ma osserva accuratamente l’arredo della biglietteria, la tipologia delle "sedute", i contenitori degli oggetti esposti (alias vetrine) le didascalie (quale carattere è stato utilizzato? quale corpo? quale colore?), la cromia degli allestimenti, le sorgenti luminose, gli effetti scenici ecc. ecc. E nel contempo valuta le reazioni dei figli (nel caso in esame di sette e undici anni) che, a fine visita, utilizza per verificare "che cosa hanno imparato e che cosa è rimasto della visita". Quest’anno, nella seconda metà di agosto, ho "scoperto" la val Badia, una delle cinque valli della enclave (se mi è consentita la "forzatura" nell’uso di questo termine) ladina in Alto Adige. All’ingresso della valle, a San Martin de Tor, ho visitato il Museumladin di Ciastel de Tor. Inaugurato nell’estate dello scorso anno 2001, il Museo della Cultura Ladina è un Museo da visitare: è una sorta di inno, gradevolissimo, della tecnologia informatico-elettronica applicata alla museologia. Che sia una creazione recentissima lo attesta anche il fatto che chi scrive è stato uno dei primissimi acquirenti (la seconda volta che si è recato al Museo, anche per fare conoscenza del direttore) della (bella) guida breve, fresca di stampa. Orbene: l’ingresso avviene attraverso una moderna biglietteria-book shop (in realtà un fornitissimo mini market di sussidi informativi, didattici e gadgets) esterna all’edificio museale (un castello, appunto). Pagato il biglietto, viene consegnato ad ogni visitatore un traduttore simultaneo portatile munito di cuffie auricolari, alle quali vengono ovviamente sostituiti i feltri ad ogni utilizzo. Quando si entra nel Museo, e successivamente in ognuna delle sale del Museo, il "traduttore" inizia automaticamente ad illustrare ciò che, altrimenti, si può ascoltare "in ambiente" in lingua ladina. Ed una volta iniziata la visita le sorprese si susseguono senza soluzione di continuità. È il caso, ad esempio, dell’apparato descrittivo dell’insediamento fortificato dell’età del bronzo (1600-1250 a.C.) di Sotciastel, o della presentazione delle tracce rinvenute in loco di avvenuta "quadrettatura" romana del territorio (centuriazione in ambiente montano) o, ancora, dell’evoluzione geologica in presa diretta delle dolomiti e via dicendo. Il top, per lo scrivente, viene comunque toccato nella saletta dei potenti. Ci si trova davanti a riproduzioni fedelissime di quadri e si inizia ad ascoltare la storia del duca Sigismondo d’Austria (padre di alcune decine di figli illegittimi), della badessa Verena von Stuben e di alcuni altri potenti locali dell’epoca (metà del ‘400). La storia delle loro "vicissitudini" viene raccontata dai protagonisti medesimi in prima persona: sono i volti ritratti nei quadri a parlare, muovendo le labbra e volgendo gli occhi al "quadro interlocutore"! Ma al visitatore rimane qualcosa di questo viaggio spettacolare alla scoperta dei Ladini? A sera i miei figli, interpellati su che cosa gli era piaciuto di più, mi hanno dimostrato che avevano "anche" ascoltato e memorizzato: uno dei due mi ha illustrato le modalità tecnico-realizzative della filigrana d’argento di Cortina d’Ampezzo (io, operatore museale, avevo comprato una scatolina in filigrana per un regalo ma non avevo avuto tempo di prestare attenzione alla guida elettronica!).

Appunti di viaggio - pag. 17 [2002 - N.15]

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