La pedagogia dell'arte nei musei romagnoli

Una tesi sulla didattica museale in Romagna

Nadia Ceroni

La pedagogia dell’arte nei musei romagnoli è il titolo della tesi di laurea che Federica Falconi ha compilato nell’anno accademico 2000-2001 per l’Università degli Studi di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di laurea in D.A.M.S., relatore Prof. Alessandro Serra. Dopo un excursus storico sulle prime esperienze di didattica museale in Italia, Falconi sottolinea come spetti alla recente legislazione nazionale e regionale l’aver contribuito ad affermare la funzione educativa dell’arte, privilegiando i rapporti tra la scuola e il museo e favorendo la fruizione pubblica dei musei. La dissertazione prende poi in esame la situazione attuale in Romagna, attraverso le attività svolte nei musei di Faenza, Ravenna, Cesena, Rimini, Forlì, Santarcangelo, Longiano, Riccione, Cattolica, per finire con la Repubblica di San Marino. Il panorama romagnolo risulta piuttosto interessante e disomogeneo. In generale, l’obiettivo di instaurare un proficuo e duraturo rapporto con il pubblico scolastico è condiviso dalle numerose istituzioni museali, ma le strategie adottate, anche a causa delle differenti possibilità logistiche e finanziarie, sono diverse e vanno dalle tradizionali visite guidate ai progetti didattici veri e propri, elaborati in collaborazione con gli insegnanti e basati sulla continuità educativa. Le esperienze più innovative sono quelle basate sulle attività laboratoriali, grazie alle quali i bambini possono interagire con l’arte, operando in prima persona. A questo proposito la Romagna può vantare, presso il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, il laboratorio permanente Giocare con l’arte che dal 1978 ha costituito un punto di riferimento fondamentale per la diffusione del metodo di Bruno Munari, ormai entrato a far parte del bagaglio culturale e operativo anche di altri musei romagnoli. Un esempio fra tutti è rappresentato dalla fortunata sperimentazione didattica Ali nel museo realizzata dal Museo degli Usi e Costumi della Gente di Romagna a Santarcangelo. Interessanti attività didattiche vengono proposte anche dal Museo di Stato di San Marino, dove le suggestioni munariane si fondono con quelle più recenti di Marco Dallari. Gli stessi principi erano alla base anche del laboratorio di arti visive Nuova officina dell’immaginario del Comune di Cesena al quale, dopo due anni di attività, sono subentrate altre esperienze didattiche, fra cui laboratori di letture animate che coinvolgono letteratura, teatro d’animazione e opere d’arte. Ormai pienamente affermate, dopo oltre quindici anni di lavoro, le attività del Museo della Città di Rimini, soprattutto a carattere storico, e dei musei ravennati - Museo Nazionale e Pinacoteca Comunale - supportate da strette collaborazioni con la scuola, l’Università e l’Accademia di Belle Arti. Diversa invece l’esperienza della Fondazione Tito Balestra di Longiano, sede tra l’altro del Centro Italiano di Didattica Operativa, che porta avanti un’importante ricerca sull’operare percettivo e mentale, secondo la metodologia operativa di Pino Parini. La tesi è anche ricca di indicazioni bibliografiche e puntualizza molto bene la differenza tra attività didattica e didattica museale, riservando a quest’ultima espressione un contenuto più operativo che scientifico, poiché implica la necessità di acquisire i risultati delle ricerche di più discipline. Configurandosi quale "competenza d’intersezione" porta con sé il carattere della cooperazione e la consapevolezza dei diversi punti di vista e di metodo. Non a caso, la crescente attenzione nei confronti della didattica museale ha prodotto in anni recenti la nascita di strutture accademiche dedicate a questo settore, fra cui il Centro di Didattica Museale dell’Università Tre di Roma, istituito nel 1994.

Tesi e musei - pag. 16 [2002 - N.15]

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