Il complesso archeologico di via D'Azeglio a Ravenna

Grazie ad un ritrovamento casuale è stata fatta una delle maggiori scoperte archeologiche dell'Italia Settentrionale

Maria Grazia Maioli - Direttore del Centro Operativo Archeologico di Ravenna Ispettore della Soprintendenza Archeologica dell'Emilia Romagna

Quando, nel 1993, lavori edili per la costruzione di un garage interrato per un condominio cominciarono a mettere in luce, in via D'Azeglio a Ravenna, i primi mosaici pavimentali del palazzetto bizantino, ben pochi pensavano che da quel rinvenimento occasionale sarebbe derivata una delle maggiori scoperte archeologiche dell'Italia Settentrionale; indipendentemente dalla qualità e dall'abbondanza delle pavimentazioni musive (più di 1500 metri quadrati di pavimenti, in maggior parte policromi) lo scavo, condotto dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia Romagna sotto la direzione della scrivente, ha permesso di intravvedere per la prima volta la realtà abitativa della Ravenna romana e bizantina, con le sue abitazioni e le strutture viarie, ed i suoi problemi, dovuti soprattutto alla presenza dell'acqua di falda e alla subsidenza, cioè all'abbassamento naturale del terreno; per quanto riguarda l'area scavata infatti, molto estesa ma parziale rispetto alla planimetria completa delle strutture, gli edifici si dispongono ai lati di una strada pavimentata in basoli di trachite e dotata di marciapiedi: la strada è riferibile al I secolo a.C. e venne dotata di una grande fognatura in laterizio all'inizio del II sec. d.C.: questa strada venne ricostruita, rialzandone il piano, ben 3 volte, con il contemporaneo innalzamento anche dell'impianto fognario; la case e gli edifici che la fiancheggiavano vennero anch'essi adattati mano a mano che l'umidità si faceva sentire, rialzando le pavimentazioni, aggiungendo impianti di riscaldamento e, alla fine, demolendo l'edificio per ricostruirlo a quota più alta, sul riempimento formato dalle macerie di quello precedente. Queste continue ricostruzioni hanno portato alla formazione di un pacco stratigrafico di notevole altezza che, nella zona scavata, raggiunge lo spessore di m. 7,50 dalla quota attuale, senza raggiungere però terreno completamente vergine; le fasi di abitabilità, demolizioni e ricostruzioni, sono molto complesse: in un punto, ad esempio, sono presenti fino a sette piani pavimentali principali sovrapposti, legati ognuno ad una fase edilizia diversa. La strada basolata, come anche le strutture, è orientata esattamente come la cosiddetta Ravenna Quadrata, il settore della città romana con le strade rettilinee incrociantesi ad angolo retto, area alla quale si accedeva tramite l'ingresso monumentale di Port'Aurea; non si ha una datazione esatta per l'edificazione di questo quartiere cittadino ma, dai dati archeologici ricavati dallo scavo di via D'Azeglio, esso esisteva già prima dell'età augustea, quindi prima della creazione del porto militare a Ravenna; non è questa certamente la sede per un esame approfondito dei dati planimetrici e topografici ricavati dallo scavo; basti dire che sono stati individuati e scavati almeno parzialmente, per quanto era possibile dati i confini del cantiere, una grande casa di abitazione, una domus, dotata di atrio, di epoca augustea, con fasi più antiche e pavimentazioni in mosaico policromo, un'altra domus di epoca adrianea con mosaici in bianconero, un complesso termale databile al III secolo, ambienti di edifici diversi databili al III-IV secolo, ed infine il grande complesso databile al IV-V secolo, di destinazione ancora incerta, dal quale proviene il mosaico cd. del Buon Pastore; tutti questi edifici conservavano i rapporti topografici già detti, affiancando l'asse stradale che, pur nelle sue modificazioni, risulta sostanzialmente inalterato. Una modifica sostanziale della topografia urbana si ebbe invece fra la fine del V ed il VI secolo con la costruzione del cd. Palazzetto Bizantino; questo, la cui edificazione si svolge in almeno tre fasi distinte, fino alla fine del VI-VII secolo, blocca infatti con il suo atrio trasversale la sede stradale che da questo momento diventa sostanzialmente l'ingresso privato dell'edificio: la trasformazione da pubblico a privato di una struttura importante come una strada, fatto impensabile in epoca romano imperiale, è una indicazione di un cambiamento totale nella legislazione e nel comportamento, come dovette avvenire all'inizio dell'epoca bizantina. La parte di palazzetto messa in luce è costituita da 14 ambienti più due spazi aperti, cortili o giardini; degli ambienti scavati, quattro erano pavimentati in tarsie di marmo, gli altri in mosaico geometrico policromo; al centro della stanza 10, un importante salone di ricevimento, era un quadro a mosaico, un emblema, con la scena della Danza dei Geni delle Stagioni accompagnati da un suonatore di siringa; il riquadro, di alto interesse anche perché un unicum nelle composizioni decorative, è formato da tessere in materiali di pregio, paste vitree di colori diversi e foglia d'oro, il che è una ulteriore testimonianza dell'importanza e della ricchezza del proprietario dell'edificio, presumibilmente un funzionario della corte bizantina di cui non è possibile, almeno per il momento, ipotizzare il nome. L'importanza del rinvenimento ha determinato anche le decisioni cui si è giunti per la tutela del complesso; data l'impossibilità di acquisire l'area di scavo, destinata alla costruzione di un condominio, in accordo con il Comune di Ravenna e con la proprietà, si è proceduto allo scavo integrale della zona, con finanziamenti dello Stato e con il contributo sostanziale della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna; modificando la posizione della zona destinata a garage, è stato costruito un ambiente ipogeo in cui sono stati ricollocate le pavimentazioni del palazzetto bizantino e tutte le strutture ad esso collegate, come la strada e le murature; l'ambiente è completamente stagno, per controbattere i problemi causati dalla presenza dell'acqua di falda, ed è stato dotato di tutti gli impianti necessari per la conservazione ottimale dei mosaici, compreso un impianto di climatizzazione che, purtroppo, attualmente non è ancora funzionante; in accordo con la Curia di Ravenna, l'ingresso per i visitatori è stato posizionato nella vicina chiesa di S.Eufemia, collegata all'ambiente ipogeo da percorsi interni. Il complesso di via D'Azeglio è la prima delle strutture facenti parte del Parco Archeologico di Classe; tutte le altre strutture e pavimentazioni recuperate, in mosaico ed in marmo, verranno infatti inserite nell'esposizione del Museo Archeologico di Classe, in corso di costruzione nell'insieme degli edifici dell'ex Zuccherificio classicano; all'interno dell'edificio principale infatti il piano interrato è destinato ad essere il "Museo dei Mosaici" e vi verranno esposti non solo i pavimenti dallo scavo di via D'Azeglio, ma anche altri venuti alla luce da tempo e fino ad oggi conservati nei magazzini senza che ne fosse possibile la fruizione. L'allestimento del Museo di Classe avrà purtroppo tempi piuttosto lunghi a causa di problemi soprattutto burocratici; per quanto riguarda invece il complesso di via D'Azeglio, esso ha già avuto una apertura temporanea in occasione di manifestazioni del 2000; si auspica che esso, chiuso per problemi di adeguamento alle norme di sicurezza non appena la struttura è stata passata alla proprietà e alla gestione del Comune di Ravenna, possa essere nuovamente fruibile a breve, dopo quegli interventi necessari per il rispetto della normativa vigente, minimi ma purtroppo non eseguiti in quanto, per il momento, non finanziati.

Speciale archeologia - pag. 10 [2001 - N.11]

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