Palazzo Milzetti, gioiello di architettura neoclassica

Anna Colombi Ferretti Soprintendenza ai beni Artistici e Storici di Bologna, Ferrara, Forli', Ravenna e Rimini - Soprintendenza ai beni Artistici e Storici di Bologna, Ferrara, Forli', Ravenna e Rimini

Nell'ottobre 1796 l'architetto faentino Giuseppe Pistocchi venne costretto a lasciare il cantiere della costruzione di Palazzo Milzetti e fu imprigionato nella fortezza di San Leo per filo-giacobinismo. A questo momento di grandi rivolgimenti politici si può datare l'inizio della sfortuna in patria di questo grande personaggio. Morto il conte Nicola Milzetti, che si era rivolto al Pistocchi per avviare la costruzione del palazzo, suo figlio Francesco intraprese la carriera politica trovando l'appoggio nella massoneria, di cui a Faenza gli esponenti di maggior rilievo erano i Laderchi. Il giovane Milzetti, conseguentemente, chiamò a proseguire la fabbrica del suo palazzo proprio il maggior rivale del Pistocchi, Giovanni Antonio Antolini di Castelbolognese, che era già al lavoro in altri palazzi faentini sotto il patrocinio dei Laderchi. Dopo alterne vicende il palazzo fu ultimato nelle sue decorazioni nel 1805. Lo scalone, il vasto atrio ottagonale chiamato Tempio di Apollo, la Sala delle Feste e gli altri ambienti affacciato su via Tonducci sono spazi di solenne respiro, tutti rivestiti da un apparato decorativo di stupefacente bellezza e ricchezza. Di questo si deve l'esecuzione ad artisti che si possono considerare i maggiori responsabili della meravigliosa stagione vissuta a Faenza in età neoclassica. In primo luogo Felice Giani, pittore di nascita piemontese ma di educazione romana e bolognese, noto per le molte decorazioni eseguite non solo a Faenza ma in altre città, tra cui Forlì, Bologna, Roma. il modo con cui fluiscono nella sua fantasia le idee decorative assomiglia ad un torrente in piena, non del tutto imbrigliato dalla mano, che dà forma sulle pareti di Palazzo Milzetti, a scene di colore brillante e segno velocissime, pur essendo nutrite di studio sui repertori di antichità (come i volumi dell'Accademia Pompeiana), alle quali quasi due secoli di vita non hanno tolto nulla. colore brillante e segno velocissime, pur essendo nutrite di studio sui repertori di antichità (come i volumi dell'Accademia Pompeiana), alle quali quasi due secoli di vita non hanno tolto nulla. Il fulgore cromatico è infatti un pregio particolare delle decorazioni a tempera, fragili per molti aspetti ma non soggette a offuscamento. Da una ventina d'anni il Palazzo appartiene allo Stato ed è gestito dalla Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Bologna. Al momento attuale i visitatori (che possono accedere al percorso di visita tutte le mattine dei giorni feriali e il giovedì pomeriggio, semplicemente suonando il campanello al n. 15 di via Tonducci) possono ammirare soprattutto gli ambienti, di per sé splendidi. Oltre alle pitture a tempera, vi sono infatti finissimi bassorilievi in stucco bianco, alcuni del riminese Antonio Trentanove e per il resto dei famosi plasticatori faentini Ballanti Graziani, abituali collaboratori del Giani. Dal punto di vista dell'arredo e dell'allestimento musicale l'assetto del Palazzo non è ancora completato. Vi sono mobili, in parte faentini (pochissimi di per:pertinenza del Palazzo, altri delle Opere Pie) e in parte ,bolognesi, provenienti da Palazzo Pepoli Campogrande. Ma le prospettive sono quelle di completare in tempi serrati il potenziamento della custodia e gli impianti occorrenti per poter trasformare il Palazzo in un vero museo e depositarvi opere che possano rimanere esposte.

Speciale casa museo - pag. 10 [1998 - N.2]

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