Assetti proposte per i musei della scienza e della tecnica

Anna Marina Foschi e Giovanni Battista Pesce - Servizio Musei e Beni Culturali Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna

Dalla ricognizione nazionale compiuta dieci anni fa da Daniela Primicerio sulle istituzioni museali, emerge una presenza di musei scientifici in Emilia-Romagna superiore alla media italiana. Non si tratta solo di raccolte didattiche di notevole prestigio, esposte al pubblico fin dal secolo scorso, ma del risultato di una tradizione peculiare, che risale al Rinascimento, scientifica, analitica, topografica e idraulica. Si realizza, infatti, a Bologna il modello originario di museo scientifico e naturalistico con la donazione, nel 1603, di Ulisse Aldrovandi alla città e all'istituzione universitaria e con la collezione cospiana, precedendo la fondazione nel 1683 del Museo Ashmoliano di Oxford. Qui invece viene elaborata la filosofia del "museo come forma organizzata dell'esperienza" ed è previsto il pagamento per la visita delle esposizioni. L'Accademia bolognese delle Scienze, voluta da Luigi Ferdinando Marsigli nel 1711, la collezione settecentesca dello scienziato Lazzaro Spallanzani a Reggio Emilia, come quella di Giuseppe Scarabelli ad Imola consolidano le radici dei musei naturalistici emiliano-romagnoli. Sul versante della museologia tecnica e degli strumenti scientifici, la prima attuazione concreta può essere individuata nella collezione costituita a Dresda, fra il 1560 ed il 1586, da Augusto, Elettore di Sassonia, per mostrare processi e innovazioni tecniche destinate a perfezionare i mestieri.La formula, filtrata dall'Illuminismo, diviene non solo la base per i musei di arti industriali fine Ottocento, ma anche degli osservatori e dei gabinetti scientifici direttamente collegati all'istruzione. Ne sono esempi tanto le raccolte didattiche bolognesi dell'Istituto Aldini Valeriani e del Museo dell'Innovazione Industriale, quanto quelle dei Gabinetti e Musei universitari. Pure la consistente tradizione scientifica faentina, da Evangelista Torricelli in poi, trova applicazione sia nella formazione didattica (dei Gesuiti prima, del Liceo classico poi), sia nella stessa nascita del Museo delle ceramiche ed infine di quello naturalistico. L'altro aspetto specifico, congeniale alla cultura pratica emiliano-romagnola, è la declinazione collezionistica informata e di ampio respiro, che si è comunque manifestata -anche quando non ha trovato competenze, spazi e risorse accademiche- con l'apporto di studiosi locali: punto di riferimento e promotori di gruppi di volontari hanno creato e incrementano una rete diffusa di musei e di raccolte di storia e scienze naturali, facendo maturare la coscienza ecologica, sfociata nell'istituzione di ambiti naturali protetti e nell'individuazione delle zone degne di tutela. In particolare la Romagna ha prodotto, in questo secolo, sorprendenti esempi, quale il museo naturalistico, migrato poi a Verona, di Piero Zangheri. L'approccio progettuale di questa raccolta, nata con la volontà di "fare scuola", ha prodotto criteri di catalogazione ed una vera e propria manualistica per l'allestimento musealePer rispondere alla duplice natura di ricerca/conservazione e di conoscenza/divulgazione, che questi musei naturalistici sono chiamati a svolgere, e per vivacizzarne la funzione pubblica, debbono essere rispettate una serie di condizioni. Occorre incrementare uno sviluppo delle peculiarità delle singole istituzioni, nel rispetto delle vocazioni originarie e in un rinnovato legame con il territorio; organizzare un tessuto di fulcri museali di scienza e storia naturale, dotati di finanziamenti e di contenitori idonei, nonché di chiavi di lettura -di interesse dilatato e su cui investire nei percorsi museali- relative alla genesi dell'ambiente regionale, all'evoluzione e alle caratteristiche culturali della comunità; creare, a maggior ragione per i luoghi di conservazione settoriali e specifici, il collegamento ad una rete informativa di più vasto respiro,concordata scientificamente, che consenta l'arricchimento costante del sapere con precisi recapiti e linguaggi di classificazione omogenei, in un contesto di filoni tematici e in un processo di inventariazione su base quantomeno regionale. Ciò inserito in un'organizzazione provinciale di poli museali e centri di documentazione connessi agli ambiti territoriali protetti. Quanto alla prevalente vocazione didattica, può essere soddisfatta inserendo percorsi di lettura, di studio e di attrazione, diversificati per classi di utenti, e destinando spazi a laboratori interni, che forniscano una gamma di offerte alle scuole, progetti di ricerca scientifica sia per i settori produttivi che per la pianificazione degli enti locali e, al tempo stesso, programmi educativi per gli adulti, volti alla promozione dello sviluppo sostenibile. Nell'ottobre prossimo il Forum Internazionale dei Musei, che si terrà a Cortona e che seguirà l'edizione del 1998 a Bertinoro (in cui è stato presentato il sistema museale ravennate) verterà proprio su questi aspetti (educazione e didattica), per i quali la nostra regione potrà essere un riferimento significativo. I.B.C. e Province potranno dare un nuovo impulso, scientifico e promozionale incentivando, il primo, coordinamenti tematici tra reti di musei e, le seconde, i sistemi museali collegati alle istituzioni e ai beni culturali sul territorio. In questo senso il rapporto tra parchi e musei naturalistici è immediato e necessario per realizzare un percorso educativo efficace.

La pagina dell'IBC della Regione Emilia-Romagna - pag. 4 [1999 - N.4]

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