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Un repertorio per l'Emilia-Romagna pubblicato dall'IBC e nato dall'esperienza maturata nello spirito della legge regionale 20/90

Marina Foschi - Istituto Beni Culturali

Il repertorio dei musei regionali appena pubblicato dall'IBC, concludendo da un lato un decennio di vigenza della legge regionale 20/90, fissa anche l'esito di forti cambiamenti in tutto il settore, riscontrabili in ogni paese e in ulteriore evoluzione. Trasformazioni significative sono avvenute e sono in corso nelle maggiori istituzioni regionali già consolidate: nella domanda e nell'offerta di servizi, negli obiettivi, nei rapporti fra proprietà e gestione, nella direzione e nel personale, nei cambiamenti di sede e di allestimenti. Maggiore considerazione, rispetto al passato, è rivolta alle realtà minori, divenute orgoglio delle comunità, ma difficilmente garantite per una gestione duratura. La guida Electa curata da Ranieri Varese nel 1984 aveva rappresentato il primo atto divulgativo di ricognizioni e ricerche promosse dall'Istituto a dieci anni dalla sua nascita. L'anno successivo uscì la prima indagine statistica comprensiva di musei e raccolte, che utilizzava i dati sistematici del questionario compilato negli anni precedenti per fornire indirizzi alla legge prevista, che sarebbe entrata in vigore nel 1990. È significativo il divario fra il numero di musei descritti nella guida di Varese (122) e quello dell'indagine, che aveva individuato 204 musei e 307 raccolte. Conoscenza e visibilità, riordino e programmazione conservativa furono le principali attività dell'Istituto nel primo periodo. L'obiettivo - per citare la presentazione scritta da Giuseppe Gherpelli per la guida - era allora quello di "determinare uno sviluppo omogeneo e coordinato delle istituzioni museali emiliano-romagnole". Nel 1991 uscì l'indagine nazionale di Daniela Primicerio per il Ministero del bilancio e della programmazione, che sottolineava l'aspetto dei musei come "patrimonio sommerso" e indicava, attraverso comparazioni statistiche per regione e per provincia, alcuni indirizzi programmatici riferiti a quantità, a tipologie e alla funzionalità degli istituti, individuando la chiave di lettura nei rapporti con la città. Negli anni Novanta, insieme con la maggiore attenzione al valore patrimoniale dei beni, si è assistito ad una sorta di inversione nella loro considerazione presso l'opinione pubblica, al loro proliferare (con un incremento medio superiore al trenta per cento in Europa), ma, al tempo stesso, ad una minore attenzione verso i problemi conservativi rispetto a quelli gestionali e allo sviluppo di alcuni settori più innovativi. A questo periodo corrisponde in Emilia-Romagna la gestione della legge 20/90. Nonostante le difficoltà crescenti nei meccanismi di spesa e la differenza fra esigenze e finanziamenti disponibili, che hanno finito col prevalere sulle finalità programmatiche, questa legge ha sostenuto l'azione di conoscenza, adeguamento e conservazione precedentemente individuata come obiettivo; ha indotto atteggiamenti più consapevoli nei detentori e nei fruitori ed ha promosso, ove le forze locali apparivano più ricettive, un'organizzazione per sistemi tendenti a supportare le realtà più deboli e a promuovere l'immagine complessiva. Se l'organizzazione della spesa degli enti locali non premia generalmente gli investimenti a lungo termine sui beni culturali, è pur vero che la presenza dell'Istituto ha incrementato il valore e l'efficacia dei finanziamenti con un'azione capillare di supporto tecnico e scientifico. Il nuovo repertorio, che raccoglie i risultati della seconda ricognizione sistematica compiuta dall'Istituto nel 1995, testimonia anche, per certi versi, l'effetto di generale consolidamento delle strutture sparse nel territorio e la riorganizzazione dei principali poli, nell'esercizio della legge. I dati del 1995 furono raccolti in indici e in sintesi statistiche e su quella base i singoli musei furono affidati ai funzionari dell'IBC competenti per settore, con il compito di produrre schede descrittive aggiornate e idonee alla pubblicazione divulgativa. Tuttavia l'evidenza del quadro in evoluzione fece subito riflettere sulla necessità di completare e rivedere le informazioni. Inoltre, sembrò opportuno uniformare le schede tenendo conto anche dello stretto rapporto fra museo e contesto: fra edificio e sito e fra collezioni e contenitore architettonico. Lo scopo non è stato quello di realizzare una guida, come testimonia la stessa veste editoriale scelta, anche se la consultazione sollecita percorsi di visita e suggerisce relazioni e confronti fra istituzioni diverse. Il repertorio si può considerare piuttosto una base di studio. Il campo descritto fotografa il momento di passaggio fra le leggi regionali di settore e registra un quadro in rapida evoluzione. Su questa hanno inciso la professionalità del personale nei musei maggiori, un nuovo ruolo di supporto provinciale per quelli minori, l'accresciuta responsabilità degli enti titolari. Le schede corrispondono alle istituzioni attualmente riconosciute da questi ultimi, anche in corso di realizzazione e di riordino, nonché a realtà private convenzionate o particolarmente significative. Ai due estremi ci sono da un lato i sistemi urbani complessi, ove risultano diversamente aggregate forme di proprietà, di gestione, di localizzazione, che portano anche a disparità fra la designazione di "museo" e le responsabilità di "istituto"; dall'altro ci sono le espressioni di realtà minori, anche formalmente istituite, la cui sopravvivenza è spesso affidata a forze precarie. L'inventario registra la proprietà dei musei e ne organizza la gerarchia su questa base nell'ambito comunale (base ragionata per il riordino e la verifica di requisiti essenziali). Le epoche di formazione, la segnalazione di raccolte e di opere orientano sulla qualità e favoriscono connessioni fra realtà diverse. I collegamenti possibili sono di tipo territoriale e tematico. L'ordine geografico dato alla successione delle province privilegia l'adesione ad ambiti storici territoriali con identità riconoscibili, mentre l'ordine alfabetico dei comuni facilita la ricerca. Sistemi museali urbani e provinciali sono, così, individuabili e suggeriti se non ancora organizzati. Le schede compilate in tutta la regione sono 344, corrispondenti ad altrettanti istituti, ma i musei individuati sono 364, alcuni dei quali raccolti in singole istituzioni. Di questi, 76 sono nella sola provincia di Bologna (di cui la metà nel capoluogo), mentre Piacenza e Rimini, con 24 e 26 musei rispettivamente sono quelle con minore dotazione. L'incremento in quindici anni si avvicina al cento per cento . Il lavoro dell'IBC consente di mettere a disposizione lo "stato dell'arte" in un momento da tutti avvertito come transizione. Il senso del passaggio è sottolineato anche dalla parte "anagrafica" delle schede, riportata in appendice per poterla aggiornare più facilmente, non solo per indirizzi ed orari. In relazione con il censimento ISTAT del 2001 si offre l'opportunità di concordare criteri omogenei con le altre Regioni e con le organizzazioni professionali per raccogliere dati finalizzati alla verifica, dapprima dei requisiti essenziali per definire l'identità museale, quindi della qualità delle prestazioni nei diversi ambiti funzionali. Il conclamato adeguamento agli "standard museali", come condizione per ogni trasferimento di denaro, di gestione, di responsabilità ed infine per la sussistenza stessa dei musei, rende essenziali aggiornamenti e verifiche (ed il supporto conseguente per raggiungere livelli adeguati). I responsabili dei musei, che hanno collaborato alla formazione e alla revisione delle schede nelle principali e più complesse realtà, sono chiamati dalla nuova legge regionale di settore appena approvata a contribuire alla definizione degli "obiettivi di qualità" nell'ambito di una apposita Commissione consultiva dell'Istituto. Come la prima ricognizione sui musei è stata alla base degli indirizzi della legge regionale 20/90 recentemente abrogata, questo rapporto, insieme con gli aggiornamenti che seguiranno, diviene supporto all'organizzazione museale prevista dalla nuova legge 18/2000.

La pagina dell'IBC della Regione Emilia-Romagna - pag. 4 [2000 - N.8]

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