Tante culture sotto un unico cielo

La divulgazione astronomica al Festival delle Culture di Ravenna

Paolo Morini - Associazione Ravennate Astrofili Rheyta

Il Planetario di Ravenna, fin dalla sua fondazione, ha organizzato molte attività all'insegna dell'eclettismo e della contaminazione culturale: sotto al cielo stellato della cupola del Planetario, negli anni, accanto ai relatori esperti di astronomia si sono succeduti poeti, cantanti, musicisti, scrittori e letterati delle più varie estrazioni e tradizioni.
Questa modalità di fare divulgazione astronomica ha mantenuto la sua vitalità anche nei successivi passaggi generazionali e organizzativi e continua ancora oggi a caratterizzare molte iniziative.
Dall'edizione del 2014 l'ARAR e il Planetario siedono al tavolo di progettazione partecipata del Festival delle Culture, organizzato dal centro interculturale "Casa delle Culture", gestito dal Comune di Ravenna, e nato con lo scopo di superare gli aspetti di prima accoglienza, spesso improntati all'emergenza, e di occuparsi dell'integrazione e dei diritti di cittadinanza dei migranti.
Abbiamo voluto portare l'astronomia al Festival delle Culture perché nulla è più uguale per tutti gli uomini del cielo stellato che li sovrasta, e questo cielo ci è parso un elemento unificatore e di dialogo di inestimabile valore. Inoltre la globalizzazione è un fenomeno che ha investito l'astronomia da almeno quattro secoli: la necessità di creare un linguaggio comune fra gli scienziati ha portato all'unificazione, oltre che dei metodi di indagine scientifica, della terminologia stessa dell'astronomia.
Dai nomi delle stelle, a quelli delle costellazioni, nulla poteva sfuggire a questa necessità di catalogazione e di sistematizzazione, necessaria all'impresa collettiva del progresso della conoscenza scientifica. Un grande e unico cielo è necessario per la condivisione delle conoscenze, ma nello stesso cielo molti popoli hanno scritto su di esso le proprie storie, moltiplicandolo in ragione delle culture che sotto di esso si sono sviluppate: questo è il cielo della cosiddetta Astronomia Popolare.
Tanti cieli, quindi, ma in fondo non così diversi fra loro: ogni cultura tradizionale ha associato agli elementi cosmici un ruolo mitologico, e i corpi celesti sono diventati protagonisti di riti religiosi, di leggende e di racconti. Le stesse relazioni umane e sociali si sono riflesse nei rapporti cosmici: il ciclo dei moti celesti è sempre associato al ciclo della vita e della morte, e agli astri, umanizzati, vengono attribuite caratteristiche a volte maschili e a volte femminili.
La partecipazione del Planetario al Festival delle Culture si articola secondo due ordini di iniziative. Da un lato conferenze e conversazioni dedicate alle astronomie popolari, durante le quali viene presentato, accanto al cielo della scienza moderna, il cielo dei Cinesi, dei Boscimani, dei Tuaregh, dei Navahos, dei Maya, dei Dogon o dei Maori.
Dall'altro lato, viene organizzato un punto di osservazione, attrezzato con telescopi astronomici, per permettere a tutte le persone presenti di avvicinarsi a uno strumento e osservare le stelle e la Luna, e i pianeti Marte, Venere, Giove e Saturno, con la possibilità di cogliere, con "la certezza data dagli occhi" tanto cara a Galileo Galilei, una visione diretta e non mediata dell'affascinante Universo che ci circonda.
Una visione che è scienza ma che allo stesso tempo è sogno, favola, racconto, speranza.

Esperienze di educazione museale - pag. 27 [2017 - N.59]

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