La linea del tempo, il tempo del patrimonio

Il riordino della Collezione Moderna e della Collezione Contemporanea del Museo d'Arte della Città di Ravenna

Alberta Fabbri - Conservatrice MAR di Ravenna

"Le liste pratiche rappresentano a loro modo una forma, perché conferiscono unità a un insieme di oggetti che, per quanto difformi tra loro, ubbidiscono ad una pressione contestuale, ovvero sono apparentati per [...] costituire il fine di un certo progetto."
Così Umberto Eco nella Vertigine della Lista (2009).
L'ordinamento di una collezione pubblica è di per sé enunciato, l'enunciato che riflette la forma della patrimonializzazione con gli snodi che marcano la ricontrattazione dell'identità nel patto del Museo con la comunità di riferimento. L'enunciato trova poi rispecchiamento in quella selezione di opere che è quanto resta dell'inventario una volta che il deposito - e non solo in via di metafora - si sia decantato lasciando affiorare le dinamiche del patrimonio nel suo divenire. Che a Ravenna si forma nel 1829, con la nascita della provinciale Accademia di Belle Arti, sull'onda lunga della Rivoluzione Francese che ha portato alla formazione delle grandi gallerie della Repubblica Cisalpina. E come per la gran parte delle raccolte civiche di area padana anche a Ravenna il patrimonio prende avvio dalla confluenza dei flussi provenienti in parte dalle corporazioni religiose soppresse e in parte dal collezionismo privato.
La compenetrazione dei due istituti determinava, poi, il confronto con le dinamiche dell'arte che sporgono sull'attualità. I primi segnali di novità, dopo decenni di perdurante accademismo neoclassico, si registrano nel 1870, con l'arrivo del fiorentino Arturo Moradei che si era formato al purismo di Ciseri ibridandosi poi, nelle frequentazioni di Caffè Michelangiolo, con la lezione dal "vero".
Il Catalogo dei Quadri Antichi e Moderni esistenti, a tutto il 1889, è il terminus a quo per registrare una prima formalizzata divisione fra "Quadri Antichi" e "Quadri Moderni": una raccolta chiusa la prima, in divenire la seconda. Si prepara per l'Accademia una nuova stagione. Nel 1896 Corrado Ricci licenzia il riordino della Galleria secondo un criterio che al bell'ordine di gusto neoclassico sostituisce un approccio conoscitivo di scienza positiva basato sull'enucleazione delle scuole tenendo conto dei nessi storici e dei rimandi tra i centri di produzione. La forbice tra lo spazio conoscitivo del Museo e il laboratorio creativo dell'Accademia, le cui funzioni erano state separate e chiarite con regio decreto 13 marzo 1882, n. 678, trova una prima organizzazione formale.
A Guaccimanni, allievo di Moradei, spetta il compito di aprire l'Accademia alle Arti Applicate affiancando artisti ed artieri per un percorso formativo da inscriversi nelle linee tracciate dall'Art & Crafts per estendere il dominio estetico allo spazio del quotidiano in virtù delle opportunità tecnologiche rese disponibili dalla rivoluzione industriale. In questo senso l'Esposizione del 1904 rappresenta l'aggiornamento della città alle Universali, sia pur in un'ottica tutta regionale, allo scopo di portare i contributi innovativi del territorio al servizio di una nazione di recente formazione.
Diversa, invece, la storia della Collezione Contemporanea. Dopo un primo, fallimentare, tentativo di Corrado Ricci per istituire una Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea (1919), a partire da un nucleo di opere provenienti dalla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, occorre attendere gli anni settanta per assistere a un rilancio dei due istituti. Il 1972 segna la nascita della Pinacoteca Comunale e il trasferimento presso la Loggetta Lombardesca. La nuova agenda insiste su un programma di mostre d'arte contemporanea. L'attività espositiva, in prevalenza orientata a cicli di antologiche in omaggio a riconosciute personalità della scena italiana, ma non solo, portò ad accessioni - per lo più acquisti - per qualificare Ravenna nel circuito dei musei a vocazione contemporanea.  Sono documentate le aree della Pop romana, gli orientamenti analitici espressi dal laboratorio milanese, alcune presenze di area torinese, e concettuale più che poverista, con la recente aggiunta dell'Informale di area emiliana.
Questi gli snodi, gli snodi soltanto, per una domanda, quella degli spazi e delle possibilità di espansione, a tutt'oggi aperta.

Notizie dal Sistema Museale della Provincia di Ravenna - pag. 21 [2016 - N.56]

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