Luigi Ricci

Padre del noto Corrado e maggiore fotografo ravennate del XIX secolo, predilisse nei suoi scatti monumenti e scorci paesaggistici

Claudia Giuliani - Direttrice Biblioteca Classense di Ravenna

"A Luigi Ricci, scenografo, mio padre". Queste le parole di Corrado Ricci, eccellenza intellettuale ravennate fra Otto e Novecento, nella dedica del suo Storia della Scenografia italiana, uscito per Treves nel 1930. È al padre scenografo, all'artista dunque, che il figlio Corrado pensa e del quale vuole perpetuare la memoria, a oltre trenta anni dalla morte.
Luigi era nato da modesta famiglia nel 1823, a Ravenna, e mostrò dall'infanzia doti artistiche. Con il sostegno di alcuni benefattori, fra cui Luisa Murat, figlia di Gioacchino, e sposa del conte ravennate Giulio Rasponi, poté studiare prospettiva all'Accademia di Belle Arti di Bologna presso la scuola di scenografia di Francesco Cocchi, ornatista, architetto, scenografo di fama e fortuna europee. Al termine degli studi il giovane ravennate non trovò nella sua città natale un mecenatismo che lo sostenesse, ma grazie alla discreta fama acquisita come artista scenografo, eseguì lavori non solo a Ravenna e in tutta la Romagna, ma anche nelle Marche, nell'Umbria e nel Veneto.
Restano famose le sue scenografie per opere liriche, fra le quali Giovanna di Guzman (1861), Il Trovatore (1869), Faust (1872), come segnala in un breve profilo biografico Odoardo Gardella, grande amico della famiglia Ricci. La documentazione dei suoi disegni conservata nel Fondo Ricci alla Biblioteca Classense, per volontà del figlio Corrado, evidenzia un gusto per il pittoresco sentimentale di gusto romantico, declinato nelle vedute d'invenzione e nei bei paesaggi della pineta di Ravenna, scenograficamente adattati.
Dopo gli anni Settanta scelse di dedicarsi completamente a un'attività innovativa e, potremmo dire, alla moda: la fotografia, che forse poteva garantire maggior sostegno alla famiglia. Ma fotografo Ricci era stato già dai primi anni Sessanta, in un'epoca cioè assai precoce per la fotografia ravennate. Egli pose al centro dei suoi interessi monumenti e mosaici ravennati, e fu questa la peculiare cifra del suo lavoro che lo portò a realizzare raccolte di tavole illustrate di grande successo. La sua Ravenna è tutta di monumenti e scorci paesaggistici che egli osserva e riproduce con il suo occhio più proprio, quello del pittore scenografo, generando immagini le cui qualità formali - per dirla con Massimo Ferretti la "rinuncia alla frontalità prospettica" in primis -, rimandano a quella "tradizione romantica del vedutismo corsivo" che non si originava solo dalla consuetudine a un mestiere, quello dello scenografo, ma si rafforzava nelle innegabili vocazioni di monumenti lontani dalla magnificenza, ad esempio di una esibita romanità. San Vitale, Galla Placidia, la pineta, vivono di una taciturna vita di suggestioni pittoresche che coinvolse anche gli esiti del lavoro di ben altri fotografi e di maggior fortuna, quali gli Alinari, che si occuparono della città bizantina.
Ricci è in definitiva il maggior fotografo ravennate dell'Ottocento, con i suoi sei cataloghi - bene descritti da Paola Novara -, due dei quali usciti post mortem. Già nel 1869 Luigi Ricci fotografava i monumenti antichi ravennati, come lui stesso afferma: "... per eternare con questo potente mezzo la vera immagine, senza che la mano dell'uomo possa alterarla, e nello stesso tempo per appagare l'interessante curiosità e l'ammirazione dei lontani". Si tratta di "fotografie tanto delle parti interne, quanto delle esterne di tutti i nostri monumenti, come pure delle parti più notabili di essi, quali sarebbero tutti i mosaici, tutti i capitelli, i sarcofagi, i bassorilievi, ed altirilievi, trafori in marmo, intagli in avorio etc...", tutte "artisticamente studiate tanto pel punto di vista, quanto per l'effetto delle ombre".
Sappiamo quanto forte fosse l'interesse per la fotografia anche da parte di Corrado, che vi scorgeva il mezzo ideale per la documentazione utile allo storico dell'arte. Sarà lui a salvare l'archivio fotografico del padre, destinando le lastre negative all'Istituto Storico Ravennate, sua desiderata e incompiuta creatura istituzionale. Oggi le lastre si ritrovano alla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Ravenna, e le stampe, fatte trarre da Corrado, costituiscono la parte più interessante del fondo fotografico Ricci alla Biblioteca Classense.
Va ribadito l'auspicio di una ricostruzione monografica a tutto tondo dell'operosità "visiva" di Luigi Ricci, innovativa figura di cultore dei monumenti ravennati e di artista che si volse alla sperimentazione della più importante innovazione tecnologica del secolo nel campo delle arti visive.

Personaggi - pag. 8 [2014 - N.51]

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