Dalla Guerra alla Pace

Al Museo Francesco Baracca di Lugo storie straordinarie di oggetti di trincea riciclati nell'uso quotidiano

Bruno Zama - Curatore della mostra "Dalla guerra alla Pace"

Per la prima volta in Italia, il Museo lughese accoglie l'esposizione tematica di riutilizzi, trasformazioni e ricicli per uso quotidiano di materiale bellico inerte della Grande Guerra, che comprende pezzi ormai divenuti unici al mondo, a quasi cento anni dall'inizio della prima guerra mondiale. Curatori della mostra sono Bruno Zama e Angelo Nataloni che, oltre alle loro collezioni, espongono i migliori pezzi di Mauro Calderoni, Enrico Venturi, Sergio Donati, Maurizio Manfroi, Mirko Crepaz, Paolo Taroni.
Si tratta ad esempio di una bicicletta da bersagliere dispersa nel fango, raccolta, pulita e riciclata per portare la famiglia in gita; elmetti riutilizzati e trasformati in scaldini e molto altro; involucri inerti di bombe a mano in calamai, lampade ad olio, candelabri; bossoli in vasi di fiori, alambicchi, fermaporta, borse per l'acqua calda, lampade, caraffe, recipienti, giocattoli, impugnature per utensili agricoli o artigiani. E ancora: divise modificate e riutilizzate nella vita quotidiana; filo spinato dei reticolati trasformato in crocifissi, fruste "sbattiuova", legacci per l'agricoltura; coperchi di gavette in grattugie; scatolette alimentari in posacenere, o piccoli colini; baionette in normali coltelli da cucina o cacciaviti. Inoltre, grazie alla raccolta del collezionista Roberto Zalambani costituita da giornali, libri e riviste europee del periodo 1912-1922, si ha disposizione un'occasione unica per sfogliare la stampa originale del periodo.
Il visitatore vedrà anche pezzi rari che si sono salvati dalle fonderie, quando per esempio montanari divenuti "recuperanti", nel primo dopoguerra, vendevano tutto ciò che era rimasto sul campo di battaglia. Perché i metalli erano venduti alle fonderie, l'esplosivo veniva riconsegnato all'esercito o utilizzato in cave, il legno delle casse di munizioni arso nei focolari: non si buttava via nulla, e soprattutto era necessario bonificare al più presto i terreni che sarebbero dovuti diventare nuovamente produttivi per gli sfollati rientranti. A dir la verità già i soldati avevano cominciato a creare, per se stessi o per altri, oggetti e souvenir (ad esempio frequenti erano i bossoli di piccolo calibro decorati con incisioni, o piccoli capolavori di accendini, tagliacarte, penne e addirittura giocattoli ricavati da munizionamenti e cartucce) in previsione del ritorno a casa.
E proprio il ritorno alla vita civile accelerò esigenze e fantasia. Fu così che questi pezzi furono trasformati non più al fronte, ma da artigiani, agricoltori, massaie e ragazzini che si misero a riciclare ciò che la guerra aveva abbandonato sui campi di battaglia, facendo di necessità virtù: vi era un'esigenza disperata di tutto per ripartire, e quando si è poveri l'ingegno riesce a supplire alle infinite carenze. Così, molti di quegli oggetti ritrovati furono modificati per ciò che occorreva; oggetti nati per uso bellico divennero protagonisti nella vita civile e magari gioiosa della quotidianità. Ironia della sorte, i materiali che la guerra tolse, la guerra restituì.
In un mondo povero in partenza e pesantemente provato dalla guerra, il meglio della produzione industriale era rimasto abbandonato sulle vette alpine, e allora se la massaia non sapeva come scolar la pasta... pronti, da un elmetto si toglie l'interno in cuoio, con cui magari si risuolano le scarpe, si fora il guscio con una piccozza militare ed ecco un bellissimo ed indispensabile scolapasta! Gli stessi elmetti furono impiegati anche come secchi per raccogliere la frutta o per seminare, come imbuti, come vasi da notte, come nidi, come pentole per cuocere le castagne, come coprivivande, mestoli, crogiuoli, oppure in cima ai comignoli come coperchio su alcuni mattoni, per abbeverare gli animali da cortile, per coprire il palo del pagliaio affinché l'acqua non lo bagnasse inumidendo poi la paglia; addirittura trasformati in offertori per raccogliere le elemosine in chiese danneggiate, o in lavandini di fortuna, o ancora impiegati per svuotare i pozzi neri. Le matasse di fili del telefono venivano riusate invece per fare ciabatte, per impagliare le sedie, fiaschi e damigiane. La fantasia non aveva limiti ed ecco quindi borracce trasformate in borse termiche o addirittura in chitarre, granate divenute lampade o pestelli e tanti altri oggetti che vale davvero la pena di vedere.
La mostra, organizzata dal Museo Baracca, dall'Associazione La squadriglia del Grifo e dall'Unuci di Lugo, con il contributo del Lions Club International e la collaborazione dell'Associazione di recuperanti "Il Piave", è visitabile fino al 28 aprile 2013.

Notizie dal Sistema Museale della Provincia di Ravenna - pag. 16 [2013 - N.46]

[indietro]