Le giubbe ritrovate e altri restauri

Prosegue l'impegno dell'IBC al Museo del Risorgimento e dell'Età Contemporanea di Faenza

Lidia Bortolotti - Istituto Beni Culturali

Nelle sale neoclassiche del palazzo voluto dal conte Ludovico Laderchi, sede del Museo faentino, si espongono nuovi cimeli che fino a qualche tempo fa uno stato conservativo precario li rendeva inadatti alla fruibilità del pubblico. Si tratta di quattro giubbe militari d'età risorgimentale e di una sontuosa poltrona appartenuta al primo sindaco faentino post unitario. Il restauro recentemente concluso è stato realizzato con un finanziamento regionale erogato ai sensi della L.R. 18/2000 e conclude l'impegno che l'IBC ha portato avanti per il museo nell'arco dell'intero piano triennale 2008-10 della citata legge.
Nel corso delle prime due annualità sono stati restaurati i ritratti d'illustri personaggi quali Francesco e Achille Laderchi, di autore ignoto e l'Autoritratto di Michele Chiarini, oltre a un primo nucleo di incisioni, bandi e disegni. Successivamente ancora opere pittoriche, sette in tutto sia ritratti che raffigurazioni di eventi risorgimentali, per la maggior parte oli su tela o altri supporti: tra cui il Ritratto dell'Ingegner Rubaldini di ignoto; la Veduta della Piazza di Faenza durante i festeggiamenti per la proclamazione della Repubblica Romana di F. Rav (1887-88), e si è intervenuti su un secondo lotto di documenti cartacei: proclami, provvedimenti, notifiche, disposizioni, stampe e bandi ecc. (XVIII-XIX sec.).
Il restauro delle quattro giubbe militari - da ussaro, della Guardia Nazionale, della Cavalleria garibaldina e una in panno azzurro - ha permesso il recupero di oggetti di notevole interesse e fortemente evocativi, tra queste significativa, e impegnativa sotto il profilo del restauro, è risultata quella da ussaro. Quella degli ussari era una specialità della cavalleria, propria di numerosi eserciti europei, il cui nome deriva dall'ungherese huszar, ventesimo, traendo origine dalla consuetudine di arruolare un cittadino su venti praticata in Ungheria nel XV secolo, nel corso delle frequenti mobilitazioni contro i turchi. Tale corpo militare venne poi definendosi alla fine del Seicento in Francia, Napoleone lo sviluppò ulteriormente per un impiego veloce e spregiudicato di ricerca e attacco dell'avversario.
Quella conservata a Faenza è una giubba da 'Ussaro di Piacenza' appartenuta a Luigi Baldi, in panno di lana nero è decorata con un cordone rosso sul petto, sulle maniche, sulle spalle e sui fianchi. Corta, arriva fino alla vita, presenta sul fronte il cordone disposto a doppio in diciassette file parallele che si uniscono all'estremità vicino alle maniche con un intreccio a piccoli "cerchi". Sul lato sinistro i cordoni formano delle asole per permettere la chiusura della giacca con bottoni di metallo di forma quasi sferica. Quindi le file di cordone sono decorate con una doppia serie di bottoni, simili a quelli della chiusura: una cucita a metà dei cordoni e una all'estremità dove si forma l'intreccio decorativo. La stessa passamaneria della chiusura profila il bordo inferiore e il colletto alla coreana della giubba, inoltre crea un intreccio alla fine della manica. L'intreccio è quindi sovrastato da un nastro in lana color ocra disposto a creare una V rovesciata che probabilmente determina il grado militare. Anche sulle spalle e sul retro della giubba, in prossimità dei fianchi è presente un altro intreccio decorativo a girali. Sulla spalla sinistra si trova una spallina di cordone fermata con un bottone, mentre sulla destra vi è una decorazione realizzata con cordoncino e due nappe in filato metallico argentato e seta rossa.
La situazione conservativa della giubba era, tra le quattro, di certo quella più problematica, molto sporca e impolverata, con gore dovute all'umidità e macchie di ruggine, il panno presentava piccoli fori dovuti all'attacco di tarme e un ampio taglio mal rammendato su una manica. La passamaneria era in pessimo stato, il filato di rivestimento era andato perduto in molte zone lasciando a vista l'anima in fibra vegetale, anche il nastro risultava abraso. Le restauratrici hanno provveduto in primo luogo a un'accurata pulizia e alla rimozione dei vecchi rammendi. Si è proceduto al consolidamento e alla chiusura dei fori presenti (intervenendo in modo differenziato a seconda delle dimensioni) e delle cuciture aperte. Il cordone della passamaneria è stato opportunamente consolidato e integrato con materiali adeguati riproponendone l'aspetto esterno evitando l'invasività che sarebbe derivata da una riproposta dell'originale peraltro impossibile da eseguire.
Notevole infine il recupero dell'imponente poltrona in legno intagliato con parti imbottite e tappezzate della seconda metà dell'Ottocento.

La pagina dell'IBC della Regione Emilia-Romagna - pag. 4 [2013 - N.46]

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