Un castello dimenticato

Prima che il tempo ne renda difficile il recupero, perché non si interviene per restaurare e museificare il castello dei Conti Grossi a Castiglione di Ravenna?

Gianfranco Casadio - Dirigente del Settore Beni Culturali della Provincia di Ravenna

Costruito da mastro Giovanni di Jacopo da Canobio tra 1560 e il 1565, su commissione di Pietro Grossi, nominato conte dall'imperatore Federico III e conestabile delle milizie di papa Giulio III, il castello pare sorgesse sull'impianto di un precedente edificio fortificato fatto erigere da Battista Grossi nel 1461, per concessione del vescovo di Cervia, sulle terre confiscate dai veneziani ai da Polenta e concesse al capitano di ventura Pietro Grossi - capostipite della famiglia Grossi in terra ravennate - e comprese tra l'attuale frazione di Castiglione di Ravenna e l'abitato di Savio. Con l'estinzione della famiglia Grossi, il castello passò di proprietà in proprietà e fu adibito anche ad usi non abitativi. Nel 1830 venne acquistato dai conti Rasponi e, alla morte del conte Cesare Rasponi Bonanzi, il castello fu acquistato da una cooperativa agricola che lo tenne fino all'inizio del '900 quando fu acquistato da fratelli Sama che vi trasferirono la loro azienda di tabacco. Dopo la seconda guerra mondiale fu acquistato, prima dalla cooperativa coltivatori diretti di Castiglione, poi dal CEM (Consorzio Esercizio Macchine) e, da ultimo, dal Comune di Ravenna che ne è tuttora il proprietario. Nel libro Viaggio fra le rocche e i castelli della provincia di Ravenna, curato da Giordana Trovabene e pubblicato dalla Provincia di Ravenna, il castello viene così descritto: "realizzato interamente in laterizio; ha pianta quadrata con lato di 28,50 metri, orientata con le fronti principali verso sud-est e nord-ovest e munita agli angoli da torri sporgenti pure quadrate. […] I successivi due piani, delimitati da un marcapiano, sono coronati da un apparato a sporgere con beccatelli sormontati da archetti, sui quali poggia la fascia sottotetto caratterizzata dalla presenza di oculi. […] Sopra i due ingressi principali si notano ancora tracce delle scanalature di scorrimento dei bolzoni, evidenti testimoni dell'esistenza in origine di due ponti levatoi e, quindi, di un fossato che doveva circondare l'edificio. All'interno si succedono un piano seminterrato con le cantine coperte da volte ribassate; seguono due piani caratterizzati da un ampio corridoio centrale passante da una fronte principale all'altra lungo la quale si dispongono le sale, ed infine il piano sottotetto". Oggi, dopo diversi interventi di restauro (l'ultimo al tetto risale al 1996), l'edificio si presenta all'esterno in condizioni quasi intatte, ma all'interno, per colpa di spregiudicati quanto futili utilizzi alternati a lunghi periodi di abbandono, la situazione si sta progressivamente deteriorando. Quando, prima che sia troppo tardi, ci si deciderà a riscoprire i colori degli stucchi in bassorilievo, delle pareti e delle volte, restaurando i forse intatti colori originali che dormono sotto strati di tinte spalmate dai vari inquilini in oltre un secolo e mezzo di passaggi di proprietà? Quando, una volta riportato il castello ai suoi antichi splendori di residenza nobiliare di campagna, lo si potrà museificare aprendolo al pubblico e ripristinando anche il parco nella porzione di terreno circostante che, per fortuna, non è stato ancora edificato e quindi permette un certo respiro all'edificio? Quando il Ministero per i beni culturali attraverso la Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici, o quella archeologica, oppure la benemerita Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna (che tanto ha fatto in materia di beni culturali per la nostra città) o altre fondazioni non necessariamente bancarie, avvalendosi delle agevolazioni e dei benefici della L. 512 del 1982, interverranno in aiuto del Comune di Ravenna, per far sì che Castiglione divenga meta di quel turismo culturale che nel nostro territorio manca come invece è una risorsa per il Piemonte e il Trentino (per i castelli e l'architettura militare) o il Veneto (per le ville Palladiane)? Aspetteremo invano una risposta?

Speciale edifici storici - pag. 12 [2001 - N.12]

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