Ethos e Nomos della professione

La professione tra Big Society, outsourcing e disimpegno pubblico nei beni culturali

Claudio Leombroni - Responsabile Servizio Reti Risorse Sistemi Provincia di Ravenna

Le biblioteche pubbliche e i musei inglesi beneficiano di un riconoscimento sociale inimmaginabile per il nostro paese. In Inghilterra, come è noto, è nata la moderna biblioteca pubblica ed entrambi gli istituti grazie al Public Libraries and Museums Act del 1964 godono di un profilo di obbligatorietà che vincola gli enti locali (municipalità e contee, più o meno le nostre Province). Eppure negli ultimi anni la crisi della finanza pubblica britannica e soprattutto le politiche di revisione della spesa hanno posto in crisi tale principio e molti istituti, soprattutto bibliotecari, sono stati esposti al rischio della chiusura. Tuttora su 4.500 biblioteche circa 560 sono a rischio di chiusura. In questa difficile congiuntura David Cameron e il governo conservatore, sulla scorta del programma elettorale del 2010 del Conservative Party, hanno lanciato un programma di riduzione della spesa pubblica fondato sull'idea di "Big Society". "Big Society" significa in buona sostanza una maggiore presenza della società civile nella gestione dei servizi pubblici, significa invitare i cittadini a farsi carico, con le proprie tasche ma anche col proprio lavoro volontario, di spese che i poteri pubblici non possono più sostenere.
L'idea di partecipazione della società di civile alla conduzione di servizi pubblici o di istituti quali biblioteche e musei è a mio avviso un valore in sé che travalica tecniche e modalità di spending review, anche perché queste ultime non possono essere certo ridotte all'affidamento di determinati servizi a volontari e più in generale a esternalizzazioni o a privatizzazioni di servizi.
Il lavoro volontario può significare lo sviluppo del senso civico o di appartenenza alla comunità del quale biblioteche e musei possono trarne vantaggio anche in termini di riconoscimento sociale della loro ragion d'essere. Ciò è possibile, però, solo evitando di assimilare la questione del volontariato alla revisione della spesa pubblica e solo acquisendo la consapevolezza che l'alternativa alla riduzione della mano pubblica ("meno Stato"), non è tanto o solo l'espansione del mercato ("più mercato"), ma piuttosto (o anche) l'incremento del senso di responsabilità della società civile ("più società").
In Gran Bretagna l'idea di Big Society applicata ai servizi culturali sta suscitando ampie discussioni nelle professioni coinvolte. Nel nostro paese invece non esiste ancora un dibattito di pari ampiezza, ossia un dibattito che superi i punti di vista della professione o dell'ente pubblico per esaminare il punto di vista più ampio e complesso della società civile anche nella gestione dei beni comuni della conoscenza. Sotto questo profilo anche il dibattito sul rapporto tra lavoro professionale e lavoro volontario risente di qualche limite di visione o di immaginazione, dove il Nomos (le norme pubbliche, ma anche le norme private della professione) rischia di sopraffare l'Ethos della professione, ossia la sua dimensione pubblica, il suo ruolo nella sfera pubblica e nei confronti della società civile.
Per quanto concerne il profilo normativo del volontariato la legge 11 agosto 1991, n. 266 prevede ordinariamente la forma associativa. In altre parole lo strumento ordinario per collaborare con personale volontario è la convenzione con organizzazioni o associazioni di volontariato, con le declinazioni e le eventuali modalità definite successivamente nelle leggi regionali. Il rapporto col volontario singolo è sotto il profilo amministrativo molto rischioso, soprattutto se non coperto almeno da uno specifico regolamento comunale che disciplini criteri di accesso, pubblicità e limiti di impiego, eventuali finalità formative ecc.
In entrambi i casi, per evitare problemi con l'ampia disciplina del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, è buona norma attenersi rigorosamente allo spirito della legge e quindi configurare il rapporto con il volontariato nel senso di affermarne il valore sociale, il suo essere espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo promuovendone lo sviluppo nell'autonomia e favorendone l'apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo Stato e dagli Enti pubblici. Da questo punto di vista l'impegno volontario deve essere svolto in forma spontanea e gratuita e non deve quindi essere inteso come sostitutivo di prestazioni di lavoro subordinato. Il Nomos della professione ci suggerisce che non deve essere indispensabile per garantire la normale attività del singolo istituto e di singole parti di esso. Per la professione bibliotecaria, ad esempio, le Linee guida dell'IFLA sul servizio bibliotecario pubblico stabiliscono che il personale volontario può essere impiegato solo in un contesto regolamentato e formalizzato e non al posto di personale regolarmente retribuito. Insomma il Nomos della professione ci induce a far corrispondere al nomen iuris "volontario" contenuti che non contrastino con le norme che disciplinano il lavoro negli enti pubblici e non sostituiscano profili identificanti la professione stessa.
L'Ethos della professione, invece, inevitabilmente insiste sulla dimensione sociale di biblioteche archivi o musei, sul nesso che questi istituti hanno con la società civile, con la sua storia, la sua vita e il suo futuro. Questo nesso si può manifestare anche nella partecipazione dei cittadini (non solo quindi dei novizi della professione) alla vita e alla gestione di queste istituzioni attraverso il lavoro volontario. Non lo si può escludere, né lo si può considerare una minaccia. Al di là di ogni considerazione sulla revisione della spesa o sulla crisi dei bilanci pubblici, dobbiamo considerarlo una possibile declinazione del capitale sociale e, se gestito con intelligenza, una fonte di ricchezza. Se biblioteche, archivi e musei sono beni comuni della società civile Ethos e Nomos della professione devono concorrere ad una visione e una comprensione equilibrata del fenomeno.

Speciale MAB e volontariato - pag. 11 [2012 - N.44]

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