Ravenna e le acque

Numerosi elementi sul territorio intrecciano la storia della città

Gabriele Gardini - Dirigente Settore Cultura Provincia di Ravenna

La morfologia naturale, è ben noto, condiziona l'avvicendamento degli insediamenti umani, influenzando la nascita delle città, la configurazione dei paesaggi, cioè in gran sintesi l'intero assetto del territorio. Ma questa vicenda, non è priva di complessità, contraddizioni e conflitti, i cui esiti si accumulano nel deposito continuo di strati successivi, dei quali la forma odierna è il risultato visibile.
Il nostro territorio si è formato attraverso avanzamenti creati dai fiumi con il trasporto e deposito dei sedimenti e l'incessante lotta con il mare: dalle divagazioni abbandonate, dai meandri colmati di limi, dai paleoalvei successivi. A ciò si aggiunga che nella continua lotta con le correnti dei flutti e dei venti, si formavano successivi allineamenti di cordoni dunosi, provvisori tra i diversi limiti marittimi e terrestri. Proprio questi fasci di dune contribuivano a intercludere degli specchi salmastri di laguna sia rispetto alle acque del mare, sia riguardo a quelle dolci dei corsi d'acqua. In questo spazio d'acqua e terra modellato dalle incessanti vicende fisiche e naturali si è inserita l'azione dell'uomo e della collettività organizzata. In questo luogo dove è sorta Ravenna, favorevoli condizioni di posizione tra il bacino economico padano e il mare realizzarono sulle ostili condizioni del sito, l'originaria localizzazione portuale.
Le ricerche archeologiche e i rilievi aereofotogrammetrici ci indicano che furono proprio i dossi emergenti tra acque e paludi le aree su cui fu costruita la città consentendo la penetrazione di popoli marittimi e la formazione di itinerari mercantili verso l'interno. Ravenna si sviluppò tra le foci di fiumi e un ramo meridionale del Po, il flumen Padennae finchè i suoi abitanti mantennero questa configurazione geomorfologica nel tempo attraverso il collegamento con il grande fiume a dispetto dell'accumulo di depositi alluvionali portati dai torrenti appenninici. Il Padenna collegato al Po fu l'asse portante del sistema idrografico che assieme ai corsi minori rappresentò la stretta relazione tra acque e terre che connotò per secoli la nostra città. Del suo ramo principale ne è rimasta l'impronta, fra le strade nel percorso nord-sud come le vie Rossi e Zanzanigola, Cairoli e Mentana, Ricci e Guidone, Mazzini e Baccarini. Mentre il Flumisello scorreva tra le odierne vie San Vitale e Cavour; un terzo corso, menzionato come Lamisa ricordato anche da Agnello, avanzava nell'area dell'oppido, lambendo il complesso dell'episcopio.
Sul Padenna che delimitava la città antica ad est furono costruiti i primi ponti per oltrepassare il corso d'acqua e collegare le diverse isole della città: il ponte Piscariae o San Michele, il ponte Marino, il ponte Cipitello, il ponte coperto o Apollinare, il ponte di via Muratori: di questi ponti sono stati individuati vari resti di murature di età altomedievale, mentre il ponte di Augusto presso l'attuale via Salara con un archinvolto in pietra d'Istria del periodo imperiale attraversava il Flumisello. In questo ambito occorre segnalare l'innovativa ricerca di Enrico Cirelli,con la pubblicazione Ravenna archeologia di una città che per la prima volta applica la tecnologia GIS per ordinare in maniera sistematica e scientifica tutte le informazioni relative ai ritrovamenti archeologici della città. Una delle tesi è che il porto sede della flotta romana fosse nell'area oggi occupata dall'ospedale con la Porta Aurea, arco trionfale davanti al porto e che la zona archeologica del podere Chiavichetta a Classe fosse il nucleo dei magazzini lungo i canali di collegamento con il porto militare. Mentre il porto commerciale della città conosciuto come Porto Coriandro si trovava invece nella zona dell'attuale darsena di città continuando a operare anche in epoca medievale: in adiacenza al mausoleo di Teodorico dove verrà posto più tardi posto un faro, rappresentato nei dipinti rinascimentali come nel San Girolamo leggente nel deserto della collezione Contini-Bonacossi agli Uffizi e nella Trasfigurazione di Cristo di Giovanni Bellini al Museo Nazionale di Capodimonte.
Nel periodo in cui divenne capitale, nel V secolo, era già in corso l'impaludamento dei fiumi e dei canali, con un processo graduale seguitando anche nel Medioevo ad essere il terminale dei commerci provenienti dal Medio Oriente e dal nord Africa, approvvigionando di merci l'entroterra padano attraverso il canale navigabile Padareno. Ma l'allontanamento graduale della costa Adriatica e lo spostamento del ramo principale del Po verso nord privarono la città della sua funzione più importante: il collegamento con il mare. Ironia della sorte il tombamento dei canali fu compiuto da Venezia (che aveva nel frattempo preso il posto e funzione di Ravenna nel mare Adriatico dopo la sua decadenza), con la trasformazione della morfologia della città, da città d'acqua a città di terra, causandone le successive e frequenti esondazioni fluviali. Iniziò l'epoca delle peregrinazioni dei porti ravennati alle foci dei fiumi per il piccolo cabotaggio durato un millennio. Il più attivo era il porto Candiano a sud di santa Maria in Porto Fuori, corrispondente all'originaria foce del Padenna, ancora attivo come modesto approdo nel XV secolo, poi connesso alla città nel 1651 dal canale navigabile Pamphilio che terminava con una piccola darsena e un arco trionfale dedicato al Papa Innocenzo X: l'odierna Porta Nuova. Successivamente a metà del Settecento il cardinal Alberoni fece costruire un nuovo canale navigabile fino alla Baiona dove sorse porto Corsini.
La ricerca del mare per acquisire nuovi traffici e commerci, anche in presenza di declino economico e funzionale, è sempre stata presente nel nostro territorio: ricordiamo di Faenza che costruì nel Settecento il canale naviglio Zanelli per collegare la città al mare; mentre Cervia, con un'economia imperniata sulla produzione di sale, prima aveva costruito il porto canale dalle saline al mare, poi addirittura la stessa città sarà traferita sul mare abbandonando il sito originario al centro delle saline: un'operazione vantaggiosa per i commerci lungo la costa e la futura prosperità della città.
La presenza di elementi che rimandano alla memoria marittima sono presenti oltre che nel sottosuolo, nella stele funeraria del faber navalis Publio Longidieno intento con l'ascia alla costruzione di una nave, nella stele del timoniere Apelle e in quelle dei classarii nel Museo Nazionale, nel mosaico di Sant'Apollinare Nuovo che rappresenta il porto di Classe, ma questo tramando c'è anche nei marmi greci delle colonne e dei capitelli provenienti dall'isola di Prokonnesos nel Mar di Marmara oppure nella pietra d'Istria o meglio nella pietra d'Orsera imbarcata nei porti di Rovigno e Parenzo, tipica della città nella decorazione dei palazzi cittadini, che ricorda il legame con l'altra sponda dell'Adriatico.
Ripercorrendo il rapporto uomo-acqua-territorio si constata come, fino al recente passato, l'importanza della comunicazione sull'acqua fosse una componente fondamentale e successivamente questo rapporto con il suo entroterra si sia deteriorato con lo sviluppo delle comunicazioni terrestri: il dissolversi della direttrice adriatica (anticamente la via Popilia) e il prevalere dell'asse della via Emilia. Non si deve dimenticare come le vie d'acqua fossero veicolo non solo di merci, ma anche di idee e conoscenza: il porto approdo di uomini provenienti da esperienze diverse assunse il ruolo di luogo d'incontro, d'assimilazione e di scambi fra più culture che nel confronto trovavano occasioni per migliorare ed evolversi. La città ha sempre cercato il collegamento con il mare, ma non si può non percepire la carenza di una cultura marinara e di uno spirito mercantile. Tra i possibili motivi contrari all'affermarsi di una portualità si considerano limitazioni di tipo ambientale come un litorale carente di fondali adatti all'approdo, ma affermava Paolo Fabbri "considerazioni del genere, non tengono conto che quando una serie di stimoli, siano sufficientemente forti, le società possono, con proprie tecnologie, sormontare molte delle sfavorevoli circostanze che dall'ambiente derivano ed adattarle ai propri fini".

Speciale Musei e acque - pag. 9 [2012 - N.43]

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