Il panorama del castello

Due antiche rocche in grado di "stare" e di dialogare con il paesaggio disteso tutt'intorno a loro

Fiamma Lenzi - Istituto Beni Culturali

Due moli possenti la cui sagoma si staglia inconfondibile sulla skyline di un panorama che fortunamente ancora conserva in gran parte la sua "originalità" storica o naturale, due luoghi antichi trapiantati nella modernità e riconsegnati a nuove funzioni sociali, due modi di "stare" e di dialogare con il paesaggio disteso tutt'intorno a loro.
Una fondazione recentissima, sostenuta in entrambi i casi dall'impegno delle rispettive amministrazioni comunali, una distanza geografica relativamente breve l'uno dall'altro, l'idea condivisa di riuso di un contenitore architettonico di grandissimo pregio, vera e propria eccellenza del divenire storico della comunità che li ha espressi, l'appartenenza ad un medesimo sistema di relazioni e di progettualità culturale a scala provinciale, una chiave di lettura del percorso museale che certamente rileva alcune convergenze, ma al tempo stesso esprime una propria specificità nel rapportarsi e nel comunicare il territorio e il paesaggio dei quali sono chiamati a farsi interpreti.
Stiamo parlando del Museo del Paesaggio dell'Appennino Faentino, creato nel 2006 nella rocca di Riolo Terme, e del Museo del Castello, dallo scorso anno attivo nei recuperati spazi della rocca di Bagnara, ambedue importanti testimonianze della storia di Romagna dal XIV secolo in poi.
Entrambe le realtà in forme e con accenti diversi esemplificano la larga breccia aperta nel linguaggio della museografia dalla crescente attenzione per la memoria storica del territorio e dall'esercizio di una cultura della salvaguardia e della valorizzazione delle peculiarità paesaggistiche nel senso più ampio del termine, insieme alla consapevolezza sociale che il forte legame fra le espressioni dell'uomo e quelle dell'ambiente - naturale o antropico che sia - esige un giudizio storico unitario e quindi omogeneità di intenti nelle scelte programmatiche anche a livello di istituzioni culturali. La polisemia "positivamente" ineludibile di tale concetto colora di sfumature diverse l'identità di questi musei e ne contraddistingue la percezione del paesaggio trasmessa alla collettività locale e ai visitatori che attraverso la "lente-museo" acquisiscono gli elementi con i quali osservare e dare senso a ciò che li circonda.
Ed è proprio grazie ad uno strumento ottico - il canocchiale - ma anche con il sussidio di visite guidate e laboratori alla scoperta del territorio e orientate su temi di interesse geologico, che il Museo di Riolo invita a guardare in prospettiva e ad appropriarsi degli elementi distintivi del paesaggio faentino, alla radice stessa di una delle sue vocazioni. Un mosaico composto di molteplici aspetti naturalistici e culturali che ha il suo cuore nella dorsale della Vena del Gesso romagnola, un ambiente le cui caratteristiche così connotanti hanno certamente avuto notevole parte nell'opera dell'uomo, condizionandone le dinamiche e le scelte insediative, senza che ciò abbia peraltro preservato questa rilevante eco-realtà dalle devastazioni estrattive.
Il centro dell'attenzione nel Museo di Bagnara si sposta invece sugli uomini protagonisti e artefici dello sviluppo dinamico del territorio, uomini che hanno intrecciano un secolare colloquio con l'ambiente, modellandolo e conferendogli un inconfondibile volto, indagato non solo nel "chiuso" del tragitto museale, ma anche con la ricerca storica e l'indagine archeologica sul campo. Un museo compiuta "espressione" della comunità locale che ha letteralmente costruito nel tempo il proprio paesaggio culturale, vero palinsesto ove sono iscritti i segni delle molte evoluzioni insediative, sociali, economiche, storiche avvicendatesi nello spazio delle generazioni, sovrapponendosi le une alle altre, ciascuna delle quali non ha completamente cancellato la precedente, ma ha invece interagito con essa per dare luogo ad una componente fondamentale di questo paesaggio antropico, all'uso delle sue risorse, al raggiungimento di un equilibrio plurisecolare mantenuto sino al presente.
Due modi dunque di concepire e percepire il paesaggio e di proporlo a chi lo vuole comprendere, ma un unico fil rouge sostanziato dalla consapevolezza che lettura e interpretazione (qualunque ne sia la chiave), ovvero "conoscenza", rappresentano la sola strada percorribile per dar vita ad una tutela "attiva" del territorio e dei molti paesaggi che vi sono racchiusi.

Speciale Musei e Paesaggio - pag. 14 [2009 - N.35]

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