Due romagnoli per l'arte

I rapporti professionali e umani tra Ricci e Piancastelli in quasi trenta anni di coorrispondenza

Valerio Brunetti - Responsabile del Museo Civico di Castel Bolognese

Giovanni Piancastelli, pittore di Castel Bolognese, torna a Roma nel 1871, alla fine del servizio militare. Vi era già stato dal 1862 al '66 per formarsi artisticamente grazie al mecenatismo di alcune famiglie nobili faentine e al marchese Camillo Zacchia che lo aveva accolto nella sua casa romana. Contattato dal principe Marcantonio Borghese, viene assunto per l'istruzione artistica dei figli, iniziando una collaborazione che durerà 35 anni.
È verso la fine degli anni '80 dell'Ottocento, quando Corrado Ricci lavora ancora presso la Biblioteca universitaria di Bologna, che iniziano i contatti tra questi due singolari personaggi della cultura romagnola. Fu probabilmente il conte Rossi di Faenza, uno dei mecenati di Piancastelli, che, conoscendoli entrambi, li fece incontrare. Dal 1886, dopo la morte di Marcantonio Borghese, Piancastelli era stato incaricato di ricostituire la collezione d'arte della famiglia e di trasferirla a Villa Pinciana, dove è tuttora la Galleria Borghese.
Ricci era già un affermato storico dell'arte che nel 1891 entra a far parte dell'amministrazione delle Belle Arti grazie ad Adolfo Venturi. Piancastelli a Roma è ottimamente inserito presso il patriziato romano, ha accesso alle collezioni e agli archivi nobiliari e possiede un'ottima biblioteca personale. Ricci è un attento ricercatore a cui sono stati affidati importanti incarichi per la Galleria Nazionale di Parma ed anche la direzione della Galleria estense di Modena.
Inizia tra i due una corrispondenza che data dal 1890 al 1917. L'attività museografica di Ricci, particolarmente attiva nell'ultimo decennio del secolo, fa sì che i due si scambino pareri sulle opere che stanno catalogando e sulle attribuzioni. Piancastelli per il pesante impegno di riordino deve trascurare la sua attività artistica e se ne lamenta con Ricci. Questi per distrarlo gli chiede dettagliate informazioni su alcune opere della collezione per le sue ricerche; all'amico chiede anche di illustrare un suo racconto, Il Passo della Badessa, destinato alla pubblicazione sulla rivista Emporium.
Questi accetta ponendo per condizione che tutto ciò che non è testo scritto sia di sua mano. Si impegna molto e per quasi un anno discutono insieme dei bozzetti delle illustrazioni. Ma l'uscita del lavoro, nel 1896, non soddisfa assolutamente Piancastelli che se ne lamenta con Ricci: "La mia fatica non poteva essere trattata in peggior modo".
La vicinanza con le importanti opere del Bernini della raccolta Borghese avevano stimolato in Piancastelli una profonda e quasi ossessiva attenzione per questo artista, interesse condiviso anche dal Ricci. Questi in occasione del terzo centenario della nascita del Bernini, nel 1898 promosse un comitato celebrativo per organizzare una grande esposizione di cui Piancastelli fu chiamato a far parte, anche perché in questi anni aveva raccolto un considerevole numero di importanti disegni berniniani. Su questo argomento i due iniziarono una fitta corrispondenza: Ricci aveva intenzione di scrivere una monografia su Bernini. Piancastelli gli inviò un manoscritto, oggi disperso, con le sue osservazioni sull'artista.
Venduta nel 1902 la collezione Borghese allo Stato italiano, Piancastelli è nominato primo direttore, incarico che tenne fino al 1906, quando si dimise volontariamente. In questi anni numerose furono le lettere a Ricci per lamentarsi della sua nuova condizione: paga bassa, troppa burocrazia, continui ostacoli al suo lavoro. All'amico chiedeva forse un aiuto che non arrivò mai, visto che Ricci divenne direttore generale per le Antichità e Belle Arti solo verso la fine del 1906. Piancastelli si ritirò a Bologna ma il loro rapporto non si guastò. Nel 1908 Piancastelli dedicò all'amico un ritratto che fu esposto a Faenza e sul quale Ricci si espresse così: "Sapendo che tu sai, mio Piancastelli, / convertir brutti ceffi in visi belli; / io penso già con viva compiacenza, / brutto a Roma, sarò bello a Faenza".
Per gli Uffizi di Firenze Ricci chiese all'amico un autoritratto che aveva visto incompiuto nel 1887, dapprima chiedendogli di terminarlo, poi, per sollecitarne la donazione, consigliandogli di lasciarlo così com'era, forse più adeguato ai gusti artistici del momento. L'opera arrivò solo nel 1917, anno in cui cessarono i loro rapporti epistolari.

Speciale Omaggio a Corrado Ricci - pag. [2008 - N.31]

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