Attenzione al pubblico

Regolamenti e carte dei servizi.

Daniele Jalla - Presidente di ICOM Italia

Nel 1960 una legge dello Stato di appena due articoli, la 1080, portò al riconoscimento dei musei "non statali", ne determinò la classificazione in multipli, grandi, medi, minori, prevedendo anche che, entro un anno dal loro riconoscimento, essi adottassero un proprio regolamento.
Fu una legge importante, fortemente voluta dall'Associazione nazionale direttori e funzionari dei musei locali, che ne salutò l'approvazione come "evento rivoluzionario" in primo luogo perché, per la prima volta dall'Unità d'Italia, veniva formalmente riconosciuta l'esistenza dei musei locali. Ma anche e soprattutto perché - come sottolineò Vittorio Viale nel convegno dell'Associazione che si tenne a Bologna nel 1961 - i regolamenti offrivano ai musei l'occasione per assicurarsi quelle "condizioni sufficienti... sia nei riguardi della conservazione dei materiali sia nei riguardi del pubblico godimento sia dell'azione culturale e didattica connaturata al carattere e agli scopi dei nostri istituti", che oggi definiremmo standard minimi di funzionamento.

Negli anni successivi furono molti i regolamenti approvati in base alla legge e parte di essi sono tuttora in vigore, con le poche modificazioni imposte dalle nuove normative. Certamente invecchiati, in parte inadeguati, questi regolamenti costituiscono comunque un prezioso punto di riferimento per la loro qualità tecnica, frutto di una meditata e competente redazione del regolamento tipo che è alla base della loro stragrande maggioranza: simili per struttura e articolato, essi sono la coerente espressione di un'idea di museo che in buona misura è anche quella che, nel corso dell'ultimo decennio, ha portato a riconsiderare la necessità di dotare i musei di norme scritte, come condizione essenziale per la loro esistenza e soprattutto per il loro buon funzionamento.

La prima tappa del processo che ha fatto riemergere, a quarant'anni dalla legge 1080, l'urgenza di aggiornare o anche solo di dotare i musei di un proprio regolamento, coincide - com'è noto - con la sua ri-identificazione in quanto istituto, non assimilabile alla sola collezione che conserva ed espone, com'era stato per quasi un secolo. È il recupero di questa identità che ripropone la centralità dei regolamenti museali per dare forma e sostanza giuridica al museo in quanto soggetto il cui "status" giuridico, le cui finalità (la cosiddetta "missione") e funzioni, la cui organizzazione e i cui rapporti con l'amministrazione responsabile e il pubblico costituiscono l'oggetto di atti costitutivi, di statuti e di regolamenti.

Una seconda tappa corrisponde all'adozione, prima a livello ministeriale, poi da parte di molte Regioni, dei cosiddetti standard museali: un insieme di requisiti minimi, in assenza dei quali un museo non può essere considerato tale e che costituiscono al tempo stesso la condizione essenziale affinché la qualità del suo servizio risulti adeguata tanto rispetto alla conservazione dei beni quanto alle esigenze e aspettative del pubblico. L'adozione dell'Atto di indirizzo ministeriale sugli standard risale al 2001, e, di poco più recenti sono gli standard definiti da alcune Regioni, tra cui l'Emilia-Romagna nel quadro di norme che, oltre a prevedere forme di riconoscimento dei musei, hanno sollecitato l'adozione di nuovi regolamenti e contribuito a diffondere - anche tra gli amministratori - una nuova cultura della qualità.

La ripresa di una tradizione trascurata per decenni coincide tuttavia con alcune importanti novità. Due in particolare meritano di essere sottolineate, anche perché corrispondono agli aspetti più significativi e interessanti, agli occhi di un osservatore esterno, del modello di Regolamento e di Carta di servizi elaborati dalla Provincia di Ravenna per proporre ai musei del Sistema Provinciale un punto di riferimento comune, sollecitando al tempo stesso ciascun museo a integrare, adattare e sviluppare i due modelli in funzione delle proprie specifiche caratteristiche.

Rispetto agli anni Sessanta infatti non sono soltanto cambiati i tempi, imponendo di aggiornare le norme alle necessità presenti, ma si è anche sviluppata una riflessione sui modi stessi attraverso cui redigere un sistema di norme in grado di soddisfare più esigenze al tempo stesso. Da un lato per individuarne con maggiore precisione la specifica missione del museo, necessariamente diversa da caso a caso, pur nel quadro di quelle comuni finalità e funzioni contenute nella definizione generale di museo dell'ICOM, l'International Council of Museums. Dall'altro per stabilirne le dotazioni minime, in termini di spazi e strutture, di risorse economiche e umane, tali da assicurare condizioni adeguate di sicurezza, ma anche rendere possibili prestazioni di qualità tanto nella gestione e cura delle collezioni quanto nei servizi al pubblico.

Le due principali novità fra i regolamenti esistenti e quelli attuali o in corso di elaborazione, consistono in primo luogo nella prospettiva di non puntare solo e necessariamente a redigere un regolamento unico, quanto piuttosto di dotare ogni museo di un sistema di norme più articolato che, preveda il ricorso a più strumenti per strutturare e orientare l'organizzazione e il funzionamento di un museo: un insieme di norme che, oltre a stabilirne le regole generali di funzionamento, ne indirizzi nel dettaglio le attività attraverso strumenti più agili e flessibili, attraverso ordini di servizio, circolari, procedure... tali da costituire nel loro complesso una sorta di manuale di qualità del e per il museo.

Da un punto di vista pratico questo significa scegliere di non inserire tutto nel Regolamento, ma di far sì che esso, al di là di quanto norma direttamente, demandi ad atti di organizzazione interna la regolamentazione quotidiana e di dettaglio, che è anche quella che va aggiornata con maggiore frequenza e adattata alle singole situazioni. Questa prospettiva amplia l'ambito delle norme, ma le rende anche più flessibili e non corrisponde a null'altro che a cercare di trasformare le buone pratiche in procedure, e i rapporti - interni ed esterni al museo - in codici di comportamento definiti perché scritti e adottati dall'autorità di volta in volta responsabile.

Una seconda indicazione porta a cercare di integrare il Regolamento con la cosiddetta Carta dei Servizi che, oltre ad essere una relativa novità per i musei, costituisce uno strumento essenziale almeno da due punti di vista. Nei confronti della struttura definisce le prestazioni richieste all'equipe, in termini di doveri e di obiettivi da perseguire e raggiungere. Rispetto all'utenza consente di individuare i suoi diritti, ma permette anche di conoscere meglio natura, caratteristiche e organizzazione del museo e di renderne così trasparente e verificabile il funzionamento da parte di tutti: pubblico, personale e amministratori.

I modelli di Regolamento e Carta dei Servizi del Sistema Museale della Provincia di Ravenna corrispondono a entrambe queste linee di indirizzo, costituendo - come si è detto - un riferimento normativo particolarmente apprezzabile, la cui qualità dipende anche dal fatto che sollecita un processo di responsabilizzazione degli amministratori e degli operatori, rispettandone da un lato l'autonomia e dall'altro stimolandone la creatività. Una capacità, quest'ultima, basilare anche in quell'attività apparentemente arida e burocratica rappresentata dalla definizione delle norme e delle procedure, ma che in verità costituisce il fondamento e l'architettura invisibile non solo di ogni museo ma di qualunque istituzione, pubblica come privata.

Tanto più dunque i musei integreranno gli schemi e i modelli proposti, adeguandoli, adattandoli, integrandoli a partire dalla propria esperienza e realtà, tanto più potrà dirsi riuscito un processo che si apre avendo tutte le condizioni per concludersi nel migliore dei modi.

Speciale decennale del Sistema Museale Provinciale di Ravenna - pag. 17 [2007 - N.30]

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