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Museo Informa: notiziario del Sistema Museale
N. 13 anno 2002
La pagina dell'Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia Romagna

Intra muros o open air ?
Fin dalle origini il museo ha fondato la sua unica esistenza in ambienti chiusi e fortemente protettivi; è solo degli anni ottanta l’idea di ecomuseo, della musealizzazione attiva di un territorio
Fiamma Lenzi - Istituto Beni Culturali

Accostare al termine museo la specificazione all’aperto può apparire un autentico paradosso non solo perché nel sentire dei più il museo è per definizione un luogo confinato, ma soprattutto in ragione del fatto che sin dai suoi lontani esordi e nelle diverse fisionomie che ha assunto col tempo il museo ha sempre palesato connotati fortemente protettivi che, nella chiusura degli ambienti e nella reclusione degli oggetti, rimarcavano la selezione dei beni in chiave di eccellenza e di unicità testimoniale e manifestavano la volontà inequivocabile di sottrazione dal degrado e dalle criticità dei fattori esterni. La rivisitazione, anche per sommi capi, del cammino lungo e talora accidentato che la museografia ha percorso dal Cinquecento ad oggi, passando dall’esclusività del collezionismo pur sempre principio fondativo del museo stesso sino alle forme massivamente e sempre più sociali che questa istituzione ha assunto negli ultimi tempi, mostra che sino a circa venti o trenta anni fa, salvo rare eccezioni che qui non mette conto esaminare, il museo è sempre rimasto sostanzialmente intra muros. Quando e come si è determinato un radicale mutamento di atteggiamento? Cosa ha portato il museo fuori del museo? La comparsa nel 1974 del ben noto saggio di Andrea Emiliani Dal museo al territorio contrassegna con il valore di un vero manifesto programmatico il sostanziarsi di un processo che certamente non cominciava lì e in quel momento se non altro perché il volume raccoglie riflessioni e scritti di una intensa e continuativa esperienza sul campo ma che stava divenendo percezione condivisa e imprescindibile riferimento operativo. Se fosse quindi possibile fissare con la precisione dell’istante la smaterializzazione fisica e concettuale del museo non potremmo che porla in quegli anni, nei quali entro il medesimo flusso di pensiero maturava tra l’altro la nascita dell’Istituto e prendevano corpo nuovi modelli di tutela e di gestione dei beni culturali come visione unitaria e politica, ma non politicizzata, del patrimonio. La proiezione del museo al di là di se stesso ne ha automaticamente spostato l’attenzione conservativa e la funzione educativa dall’oggetto al contesto che lo ha espresso. Il museo ha preso a saggiare e a recuperare lo spazio fisico e geografico entro cui la vicenda umana è venuta dipanandosi, ha imparato a ricostruire la fitta trama di rimandi fra le forme antropiche e le forme naturali come testimonianza pregnante dell’intenso rapporto intrecciato dall’uomo con l’ambiente, attraverso i secoli e nelle loro reciproche influenze. La consapevolezza che l’inscindibilità del legame fra le espressioni dell’uomo e quelle dell’ambiente esige un giudizio storico unitario e richiede quindi omogeneità di intenti nelle attività di conoscenza e di interpretazione, indispensabili a qualsiasi dimensione progettuale ed operativa, è perciò alla radice stessa di una concezione della storia del territorio come risorsa alla quale attingere per valorizzare la realtà presente e fondare le trasformazioni future. Da allora, questa presa di coscienza continua a rappresentare l’elemento-guida di una complessa lettura del processo evolutivo territoriale, al cui punto terminale si pongono come collettori di testimonianze e come mediatori proprio i musei. Sempre più spesso, la progettazione museale si occupa e si preoccupa di far sì che le aree, sottoposte senza tregua a processi incalzanti di urbanizzazione e di sviluppo, mantengano i caratteri originari e conservino la propria memoria per contrastare i fenomeni inarrestabili di omologazione, di abbandono, di scadimento qualitativo. In altri termini, si potrebbe sostenere che il museo tout court non importa in quale veste esteriore fornisce elementi di conoscenza perché si utilizzino i caratteri propri del territorio per garantire una migliore vivibilità a chi vi abita. Vi si mettono in evidenza gli elementi di specificità storica e di pregio ambientale che daranno vita a nuove opportunità di frequentazione, di occupazione, di uso e di manutenzione dei contesti territoriali. L’idea di una preservazione e valorizzazione complessiva ed integrata delle testimonianze di cultura e natura intorno alla metà degli anni ottanta si intreccia strettamente e inevitabilmente con le politiche di protezione delle risorse e delle componenti naturali del territorio, trovando forse una delle espressioni più compiute e come tale autentico enunciato di una musealizzazione oltre il museo nei piani paesistici affidati dalla normativa alle regioni. Si consolida così una tutela integrale del paesaggio che attraverso un’analisi multidisciplinare del territorio, prende in esame simultaneamente non solo le caratteristiche paesistiche e ambientali ma anche le tracce della presenza dell’uomo, inserendo il patrimonio archeologico, architettonico, storico-artistico, demo-antropologico in un’unica e coerente linea interpretativa. E sebbene la legge-quadro nazionale sulle aree protette di poco successiva riveli almeno agli occhi di quanti operano nel campo dei beni culturali una impostazione prettamente naturalistica e un’attenzione decisamente più sfumata verso il tema dell’interazione storica uomo/ambiente, è pur vero che nel sistema regionale dei parchi e delle aree protette il riconoscimento di questi aspetti ha un peso significativo e che i parchi stessi sono tali in quanto considerati sistemi territoriali in cui anche le componenti storico-culturali concorrono alla scelta di una gestione e di una organizzazione unitaria. L’esternalizzazione del museo e i principi di una conservazione globale sono dunque le naturali premesse della nascita di una museografia all’aperto, scevra da vincoli strutturali, che nelle prime realizzazioni si è declinata secondo sfumature diverse, ma comunque tendenti a coagularsi intorno ad una sorta di bipolarismo fisionomico, con non pochi ibridi e forme intermedie. Il primo il modello dell’ecomuseo per dirla con Giovanni Pinna è l’espressione di una comunità attraverso la musealizzazione attiva delle componenti storico-antropiche e naturali del territorio in cui essa è insediata. Questo modello privilegia come campo di osservazione principale la matrice ambientale, analizzata attraverso i suoi connotati originali e soprattutto nelle sue molteplici connessioni antropiche che derivano dal diuturno interagire delle comunità umane sulla natura e dalle modificazioni introdotte dall’uomo su di essa, specialmente nel corso delle attività produttive e di sussistenza. All’altro capo, ma non in contrapposizione, sta l’idea del museo diffuso che sembra rispondere piuttosto alla logica di collegare fra loro in prospettiva storica o paesaggistica una serie di testimonianze eterogenee della cultura materiale ed artistica dell’uomo, di specificità territoriali, di elementi ed emergenze naturalistiche disseminate all’interno di un territorio dato, esaltandone i legami di senso e restituendo loro unità di spazio e di tempo. Oggi, nelle fasi che possiamo considerare conclusive del processo che ci ha portato a conquistare uno spazio museografico più ampio e complesso, facendo sedimentare nell’opinione comune il concetto di una musealizzazione allargata ove il passato e il presente si saldano con il futuro in un continuum spazio-temporale, si affaccia ineludibile il problema di come costruire una comunicazione efficace ed adeguata per queste nuove forme di museo. Chi opera nell’ambito della didattica e della comunicazione museale sa infatti quanto sia difficoltoso parlare al proprio pubblico perfino nel museo più tradizionale, in un museo-opera chiusa come lo definirebbe Emiliani. Perché il museo intra muros o open air serba sempre intatto, né dovrà mai accettare che gli sia sottratto, il compito fondamentale di essere costruttore, interprete e trasmissore di identità.



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