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Museo Informa: notiziario del Sistema Museale
N. 26 anno 2006
Speciale Musei virtuali

Una questione del tutto personale
Creazioni multimediali e tecnologie virtuali come strumento per soddisfare modalità percettive personali e per sostenere stili di apprendimento individuali
Alba Trombini - Consulente museale

L’esperienza dell’apprendimento nell’uomo è strettamente collegata al modo in cui esso percepisce la realtà e al fatto che privilegi un senso rispetto a un altro. Che ciascuno di noi impari e memorizzi l’esperienza o i dati in maniera del tutto personale, è opinione condivisa e sostenuta dai risultati di decenni di ricerche nel campo delle neuroscienze, delle scienze cognitive e della psicologia. C’è chi predilige modalità visive e utilizza le immagini e i processi immaginativi come principale motore di apprendimento; c’è chi nell’acquisizione di competenze e conoscenze trova una via più veloce ed efficace nella parola ascoltata, nella voce, nel suono. O ancora c’è chi impara meglio attraverso il fare, grazie al movimento o all’utilizzo simultaneo dei 5 sensi.
E così veniamo distinti in cinestesici, uditivi, olfattivi, visivi… A complicare ulteriormente le cose sta il fatto che molti di noi non adottano un’unica modalità ma ne combinano diverse dando vita a una serie praticamente infinita di soluzioni percettive. E ancora non basta: la dimensione fisica dell’apprendimento è spesso sottovalutata da chi si occupa di educazione, così come viene sminuita la valenza emotiva dell’atto dell’imparare. Apprendere al museo è una questione personale che dipende anche dalla propria storia familiare ed educativa, dal modo di percepire spazio e tempo, dalla sensibilità, dall’intensità del proprio desiderio di crescere.
A fronte di tanta soggettività negli stili di apprendimento, come comportarsi al museo nel momento in cui si progettano itinerari o strumenti didattici/divulgativi, multimediali e non? Nel Nord Europa troviamo alcuni esempi di istituzioni museali, come il Victoria and Albert Museum a Londra, che si sono poste questo problema e nel ripensare e riallestire le sezioni espositive hanno utilizzato i principi del modello di Kolb, studioso che ha teorizzato la suddivisione degli stili di apprendimento delle persone in quattro macro categorie.
Kolb definisce divergenti gli esseri umani che hanno bisogno di fare esperienze concrete, convergenti le persone più orientate verso la concettualizzazione; assimilatori sono gli individui più riflessivi che tendono all’elaborazione teorica e infine gli accomodatori, coloro che si accostano a tutto ciò che è nuovo in modo intuitivo e amano “creare”, attraverso prove ed errori.
Per venire incontro a esigenze tanto diversificate, che cosa può fare nel concreto il museo? Utilizzare strumenti e accorgimenti espositivi che presentino maggiori caratteristiche di flessibilità, adattamento e semplicità. Ciascuno dei visitatori deve avere la netta sensazione che sia lì a disposizione il tramite “giusto per lui” per entrare in contatto con ciò che il museo contiene. Isole acustiche che raccontano e completano ciò che la vista suggerisce, postazioni interattive che permettano approcci a diverso grado di complessità e creatività, tecnologie così sofisticate da risultare semplicissime nella forma come nei contenuti.
Gli strumenti divulgativi e didattici che utilizzano tecnologie multimediali e virtuali possono rispondere bene a esigenze individuali di apprendimento, se opportunamente calibrati; le creazioni di ultima generazione utilizzano splendidamente e simultaneamente sia immagini che suoni – a volte persino odori, come accade nelle isole olfattive – e permettono anche a cinestesici puri di entrare in contatto con l’oggetto di interesse attraverso una relazione attiva e creativa.
Il virtuale e il multimediale sono segni fondanti della contemporaneità. I giovani e i bambini negli ultimi anni sono stati allevati fra microchip e immagini virtuali e questo ha creato uno sbilanciamento degli stili attuali di apprendimento verso modalità visive. Non dimentichiamo però che buona parte delle persone che frequentano i nostri musei è costituita da ultracinquantenni e ultrasessantenni, vale a dire da persone che, se non stimolate da esigenze professionali o pressioni familiari, di norma hanno poca confidenza con tutto ciò che è ipertecnologico e virtuale.




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