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Museo Informa: notiziario del Sistema Museale
N. 13 anno 2002
L'opinione del legale

L’alienabilità dei beni immobili del demanio storico ed artistico
Il Testo Unico sui Beni culturali completa e riprende la normativa precedente in materia di alienabilità
Michele Giambarba - Studio Legale Giambarba di Ravenna

Nell’articolo apparso sullo scorso numero si è esaminata la disciplina relativa alla circolazione dei beni culturali e si è affermato che l’inalienabilità resta tuttora il principio vigente per i beni appartenenti allo Stato o ad altro ente territoriale. Esaminiamo oggi, più in particolare, la normativa relativa alle alienazioni dei beni immobili del demanio storico ed artistico. In tale materia, il testo unico sui beni culturali (d.l.t. 490/1999) ha ribadito (articoli 54 e 55) l’assoggettamento dei beni culturali appartenenti agli enti pubblici territoriali al regime proprio del demanio pubblico e ha sottoposto ad autorizzazione l’alienazione dei beni pubblici non costituenti demanio. Lo stesso Testo Unico ha tuttavia anche fatto salva la disciplina dettata da una precedente norma (art. 32 della legge 448/1998) che, nell’ambito della razionalizzazione della gestione dei beni del demanio storico artistico, prevede in taluni casi la deroga al principio di inalienabilità dei beni immobili di interesse storico artistico e culturale. Resta fermo, anche in questo caso, che l’alienazione, la concessione o l’utilizzazione dei beni culturali continua ad essere assoggettata ad autorizzazione, al fine di valutare se tali atti pregiudichino la conservazione, l’integrità e fruizione da parte della collettività ed altresì se la nuova destinazione sia compatibile con il carattere storico artistico della stessa. In attuazione della legge 448/1998 è stato emanata una norma regolamentare (il d.p.r. 283/2000) la quale, intervenuta successivamente alla legge 490/1999, consente a determinate condizioni e nell’ambito di specifiche procedure l’alienazione di beni demaniali. Detto regolamento, dopo aver ribadito il principio già espresso dal Testo Unico della inalienabilità dei beni del demanio storico artistico, salvo le previsioni in esso stabilite, individua in via preliminare le categorie di beni in nessun modo alienabili e cioè i monumenti nazionali riconosciuti con atto avente forza di legge, tutti i beni di interesse archeologico, i beni che hanno riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere nonché quelli che documentano l’identità e la storia delle istituzioni pubbliche, collettive, ecclesiastiche (trattasi, in quest’ultimo caso di una categoria sostanzialmente nuova rispetto a quelle tipizzate nel Testo Unico). Per gli altri beni devono essere intraprese le procedure che consentono la generale ricognizione dei beni costituenti il demanio, la verifica della sussistenza del loro interesse storico-artistico e le eventuali alienazioni. A tal fine le Regioni, le Province e i Comuni devono trasmettere al Soprintendente l’elenco degli immobili di loro proprietà di interesse storico artistico, nonché l’elenco di tutti gli altri immobili non demaniali di cui siano proprietari e la cui costruzione risalga ad almeno quarant’anni prima dell’entrata in vigore della legge. Tra tutti questi beni immobili inseriti nei due elenchi il Soprintendente individua i beni che non rivestono interesse storico-artistico e viceversa quelli che, pur non inseriti, rivestono tale carattere. Mentre i beni riconosciuti privi di interesse storico-artistico possono essere liberamente alienati, quelli per i quali detto interesse è stato riconosciuto possono quindi trasferiti previa autorizzazione del Soprintendente che presuppone l’accertamento che la vendita sia inserita in un programma di misure che garantiscano la conservazione e la pubblica fruizione e che destinino il bene ad usi compatibili sia con la sua integrità e il carattere storico artistico. L’identificazione delle misure di protezione e di fruizione è un requisito necessario per l’autorizzazione alla vendita, dovendo essere garantita la protezione del bene culturale, gli interventi migliorativi e di restauro nonché di pubblico godimento, come avverrebbe nel regime dei beni demaniali. È interessante notare come il regolamento qualifichi in modo particolare la nozione di menomazione del pubblico godimento, in quanto la previsione in esso contenuta degli usi incompatibili con il carattere artistico e storico del bene” implica la valutazione anche della qualità della fruizione, ossia che non sia in contrasto col significato culturale del bene, con il decoro e con i valori storici e artistici da questo tramandati. In tali casi, lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni potranno esercitare il diritto di prelazione. Anche lo Stato può procedere a vendita dei propri beni storici artistici nell’ambito dei processi di dismissione o di valorizzazione del proprio patrimonio. A tal fine le amministrazioni trasmettono gli elenchi degli immobili da sottoporre a dismissione e il Ministero individua gli immobili che non rivestono carattere storico artistico, la cui vendita è libera, e gli immobili la cui vendita è sottoposta ad autorizzazione e si applicheranno, sostanzialmente, le stesse procedure per i beni degli altri enti pubblici territoriali, salvo i necessari adattamenti dovuti al fatto che le amministrazioni statali presentano un solo elenco dei beni che intendono dismettere e che il diritto di prelazione potrà essere esercitato solo dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni in quanto, a livello statale, le singole amministrazioni hanno la sola consegna del bene, essendone proprietario sempre lo Stato. La disciplina esaminata non si applica naturalmente ai trasferimenti tra Stato, Regioni, Province e Comuni che restano sempre liberi. Invero, la circostanza che in tali casi il regime giuridico del bene rimanga il medesimo anche dopo il trasferimento esclude la necessità di una previa valutazione della protezione assicurata al bene.



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