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Di solito i musei raccolgono le opere nella prospettiva di porre in luce le espressioni dell'uomo nel suo sforzo di sublimarsi nell'arte, di esprimere l'universalità del proprio io nella fuga dei secoli e dei millenni. Questo discorso è certamente vero anche per la Chiesa, ma per la spiritualità cristiana c'è molto di più: il bello esprime la comunione con la scintilla dello Spirito Santo, ossia col Divino. Il messaggio dell'opera d'arte si allarga non solo alla dimensione orizzontale ma anche a quella verticale, verso l'infinito... Per di più l'immagine esprime una catechesi, un insegnamento specifico di natura teologica; l'oggetto quando legato al culto si inserisce nella cornice della ricezione dei Sacramenti, ossia dei Santi Segni attraverso cui Dio si comunica all'uomo. Queste dimensioni di solito sono del tutto ignorate, proprio perché solo la Chiesa può essere esperta nel presentare il frutto dello spirito religioso, nell'artista come nella committenza delle opere. Ecco il perché di un Museo Diocesano, dove la parola Museo è da leggersi come "via della memoria", come ha ricordato il nostro vescovo Italo Benvenuto Castellani in una recente intervista, ossia del riportare alla mente il complesso messaggio a cui si accennava. Così la Teoria dei santi di scuola giottesca riminese del '300 affrescati in una delle sale destinate al Museo del Palazzo Vescovile, sembra accompagnarti ad entrare in un mondo straordinario, dove lo sguardo si volge alla Madonna in trono fra santi Giovanni B. e Lucia del fiorentino Biagio d'Antonio (ultimo quarto del secolo XV), gemma delle opere portate dal vescovo mons. Giuseppe Battaglia nell'immediato dopoguerra, alle opere più ingenue ma preziose dei manieristi faentini Bertucci, al barocco più maturo del Savolini che comunica un intenso pathos partecipativo ai santi Francesco e Rocco che contemplano Maria e il Bambino sopra un riverbero di nubi. Tanto per citare solo alcuni degli oltre trecento dipinti. Sono numerosi anche gli oggetti legati al culto: messali elegantemente rilegati, pianete, calici, ostensori, reliquiari, oggetti di devozione quotidiana. Già il Vescovo mons. Bertozzi, sulla scorta di imput lanciati dal nostro grande architetto mons. Antonio Savioli, aveva incominciato ad individuare negli anni '80, le sale del Vescovado destinate al Museo. Ora mons. Italo Benvenuto Castellani, cortonese di nascita, e "custode" del Museo diocesano di quella città dove si conservano sublimi opere del Beato Angelico e Luca Signorelli, ha avviato una decisa opera di promozione del progetto Museo Diocesano, avviando i lavori di sistemazione dell'importante Archivio Diocesano (con documenti dall'anno 800 al presente), così da liberare sale vitali per il Museo stesso e creare un circuito virtuoso di cultura che comprende Museo - Archivio Diocesano e Capitolare - Cattedrale. Si prevede che tali lavori saranno completati nell'estate del corrente anno 1999. Già con il progetto dell'arch. C. Tabanelli si era evidenziata l'area del Museo, ora si attende una definizione tecnica più precisa e un aiuto consistente da parte di Enti pubblici e privati nonché da singoli fedeli per dare corpo nelle storiche sale del Palazzo Vescovile alla definizione del Museo, nello spirito già sopra illustrato. Abbiamo determinato così gli spazi in maniera definitiva, il progetto culturale e gli abbondanti materiali, a cui si possono aggiungere in mostre temporanee altri preziosi beni culturali custoditi presso altri Enti ecclesiastici, aspettiamo che la generosità di tutti ci consenta di proseguire il cammino. Intanto si è già inaugurata una mostra in locali della Curia di opere moderne del prof. Pietro Lenzini sul tema del Cristo Crocefisso, per sottolineare che il Museo, come la Chiesa, è un corpo vivo, come ci tiene a mettere in luce il suo Direttore don Antonio Poletti.
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