Made in Japan

In mostra al MIC di Faenza fino all'8 gennaio il fascino del Giappone

Claudia Casali - Direttrice del MIC di Faenza

... Invidio ai giapponesi l'estrema chiarezza che tutto ha nella loro produzione. Non è mai noiosa e non sembra mai essere fatta con troppa fretta. È semplice come respirare, e con pochi colpi sicuri creano una figura con agio, quasi fosse facile come abbottonarsi il cappotto...
(V. Van Gogh, Lettera a Theo, 1888)

Vedute del Monte Fuji e beltà giapponesi si imposero all'attenzione del pubblico europeo in occasione dell'Esposizioni Internazionali del 1867 e del 1878, grazie all'apertura verso l'occidente dell'illuminato governo Meiji che supportò la diffusione della cultura nipponica in Occidente. In realtà le "esotiche" stampe arrivarono nel vecchio continente, in Olanda nello specifico, già con la Compagnia delle Indie. Lacche, ceramiche, metalli, bronzi, abiti, accessori incantarono gli spettatori per la loro essenzialità e con la loro estetica, imponendo nuovi codici stilistici poi adottati dagli stessi artisti europei e ben rappresentate sulle riviste dell'epoca. Un nuovo collezionismo si affacciò all'orizzonte, che coinvolse figure di spicco dell'arte europea e una nuova armonia divenne modus operandi per molti artisti tra cui Bonnard, Cézanne, Toulouse-Lautrec, Vallotton, Gauguin. Oltre alla bellezza essenziale della natura, gli artisti rimanevano affascinati dalle rappresentazioni di scene di vita quotidiana dal taglio istantaneo, "fotografico" e dalla gamma cromatica limitata. Van Gogh stesso rimase incantato dai fiori di ciliegio e dalle stampe giapponesi che riprese più volte nei suoi lavori (si pensi al ritratto di Père Tanguy seduto, attorniato da riproduzioni di stampe Ukiyo-e di Hokusai, Hiroshige, Futamaro), e Monet, soprattutto, che nel suo buen retiro di Giverny nel 1893 progettò, ispirandosi ad una stampa, il giardino giapponese con ponte e stagno di ninfee, divenuto poi icona del suo ultimo periodo artistico. Monet fu grande collezionista di grafica giapponese, acquisendo oltre 130 esemplari, che dispose in parte sulle pareti di casa (ancora oggi visibili nella sua casa-museo); il suo artista preferito era Hiroshige.
Per raccontare questo fascino che la cultura giapponese ebbe e, continua tuttora ad avere per l'Europa, il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza presenta, fino all'8 gennaio, "Made in Japan": un centinaio di sculture in ceramica del '900, stampe giapponesi dell'800 e una selezione di fotografie della Tokyo contemporanea.
A Roma, nel 1930, venne dedicata una grande mostra all'arte giapponese che impose all'attenzione del pubblico una cultura dalle forme e dalle poetiche differenti, che avrebbe poi avuto una larga influenza su artisti e fotografi europei, fino ad oggi, dove manga e film d'animazione sono il corrispettivo estetico ed artistico di quelle stampe e di quella straordinaria cultura.
Il percorso ceramico artistico giapponese dal secondo dopoguerra ha invece avvertito molti cambiamenti poetici legati alle nuove esigenze espressive che la contemporaneità imponeva. Diverse anime convivono con percorsi autonomi legati a filoni conservativi e tradizionalisti, avanguardisti e di design, dove l'oggetto d'uso inizia ad avere una sua peculiarità stilistica legata alle forme e alle esigenze dell'attualità.
La mostra intende raccontare, attraverso opere ceramiche appartenenti alle collezioni del museo e attraverso una selezione di stampe giapponesi provenienti dalla Collezione della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna (in deposito presso il Museo di Palazzo Poggi), il fascino del Giappone per la cultura italiana nei 150 anni di relazione diplomatiche tra i nostri paesi. La ricca ed importante raccolta di scultura contemporanea giapponese, unica per estensione e la più importante extraterritoriale, giunge a Faenza grazie al Concorso Internazionale dell'Arte Ceramica dagli anni '60 ma manufatti nipponici sono presenti nelle Collezioni del MIC fin dalle sue origini (1908), grazie al lavoro di relazioni e di acquisizioni del primo direttore e fondatore del Museo, Gaetano Ballardini.
La mostra si chiude con uno sguardo fotografico sul Giappone oggi, attraverso la serie "Tokyo lost and found" dell'artista Tomoko Goto (1975). Scatti che raccontano la quotidianità della città giapponese attraverso i suoi abitanti, i suoi scorci, le sue incongruenze e le sue tanto assurde quanto piacevoli contraddizioni.
Attraverso le opere esposte, intendiamo raccontare un percorso legato ad una cultura dove tradizione, continua innovazione e sperimentazione procedono di pari passo in un perfetto equilibrio atemporale.
Un ringraziamento va rivolto al Consolato Generale del Giappone a Milano, alla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, al Museo di Palazzo Poggi e al Centro Studi d'Arte Estremo-Orientale di Bologna, all'artista Tomoko Goto. La mostra e gli eventi ad essa collegati sono resi possibili grazie al fondamentale contributo di Caviro.


Notizie dal Sistema Museale della Provincia di Ravenna - pag. 19 [2016 - N.57]

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