Aprirsi al paesaggio

tre diverse 'aperture' del museo: azioni e pratiche concrete per la costruzione del Sistema museale nazionale

Daniele Jalla - Presidente ICOM Italia

La 24a Conferenza generale di ICOM che si è svolta dal 3 al 9 luglio scorso si è conclusa con grande soddisfazione di tutti: degli organizzatori (ICOM, ICOM Italia, il Comitato organizzatore) e dei partecipanti (più di 3300 provenienti da 130 Paesi del mondo). Non riprendo in questa sede le ragioni di questa soddisfazione generale che si trovano espresse nel sito di ICOM (www.icom.museum) e in quello di ICOM Italia (www.icom-italia.org) per sviluppare e approfondire invece il senso della parola chiave della Conferenza proposta da ICOM Italia: apertura.
Introducendo il tema della Conferenza - musei e paesaggi culturali -, ci siamo detti convinti che esso riguarda tutti i musei, qualunque sia la loro natura e tipologia, perché a ogni museo corrisponde almeno un paesaggio culturale, reale o mentale, che si riflette nelle collezioni che conservano, espongono, comunicano. Individuarlo, farvi esplicito riferimento nell'interpretazione delle proprie collezioni, dando senso ad esse rispetto al paesaggio da cui provengono, che rappresentano, evocano, illustrano prelude a un secondo fondamentale passo che ogni museo dovrebbe mettere in atto, scegliendo di aprirsi al paesaggio che li circonda e di cui sono parte, superando idealmente, ma anche praticamente la barriera delle mura che le ospitano e proteggono.
Innanzitutto ritenendo che, oltre a proporre un senso comune ai propri beni, ai musei faccia bene aprirsi al paesaggio. Per vedersi da fuori, come li vedono i visitatori e soprattutto chi non ci va. E dunque per aprirsi alla comunità. Uscendo da un'autoreferenzialità inevitabile se al centro dell'attività dei musei non viene messo il visitatore, con le sue domande, aspettative, il bagaglio di cultura che lo spingono a varcarne la soglia, tenendo contemporaneamente conto dei motivi che portano tanti (una maggioranza del 70%) a non entrarvi del tutto. Essere e porsi "al servizio della società e del suo sviluppo" significa in primo luogo assumerne le esigenze e cercare di rispondere ad esse oltre che agli imperativi della scientificità cui i musei devono attenersi. L'interpretazione del patrimonio da parte del museo non può fare a meno di confrontarsi con l'interpretazione che ne dà, giusta o sbagliata che sia, la società al cui servizio dovrebbero operare.
Aprirsi al paesaggio, per ogni museo significa capire in che senso è parte del paesaggio culturale e che relazione esiste tra questo e il paesaggio delle collezioni e dunque aprirsi al patrimonio. Abbattendo un'altra barriera: quello che separa i beni mobili - musealizzabili - e i beni immobili - che non possono che essere conservati in situ - che costituiscono sovente il contesto di origine dei beni stessi. Ma anche quando questo non accade, l'inevitabile specializzazione dei musei nel conservare beni mobili, materiali, esponibili non può trasformarsi in una loro separazione dal resto del patrimonio, materiale e immateriale. Cercare di sperimentare nuove forme di museo spingendoli ad essere dei centri di responsabilità patrimoniale, significa ripensarne il ruolo e le funzioni estendendole a quanto sta fuori dalle loro mura in quell'attività di tutela attiva implicita in quella relazione fra musei e territorio che costituisce la principale peculiarità della museologia italiana da quasi mezzo secolo.
Aprirsi al paesaggio significa infine chiedersi cosa possono fare i musei per il paesaggio e cosa il paesaggio può loro offrire. E dunque aprirsi al presente. Perché il paesaggio è il presente, come ha osservato con grande efficacia Graham Fairclough, commentando la Convenzione di Faro: "Il paesaggio, si potrebbe dire, riguarda la nostra percezione del presente; il patrimonio invece riguarda la nostra percezione e comprensione del passato e di tutto quello che ci ha lasciato in eredità"[1]. Ma come non vedere che il patrimonio è comunque parte del paesaggio contemporaneo che si presenta, sempre e comunque come un'inestricabile unione di passato e presente; che la percezione e comprensione del patrimonio ha origine nell'oggi che lo eredita certamente da uno ieri più o meno lontano del tempo, ma lo rilegge e reinterpreta comunque alla luce di categorie, visioni del mondo che sono quelle del qui e ora.
C'è un altro aspetto dell'aprirsi al presente che i musei non possono permettersi di ignorare: ogni età, e quindi anche quella in cui viviamo produce un patrimonio contemporaneo, mobile e immobile, materiale e immateriale che tocca ai musei individuare, selezionare, tutelare, raccogliere, comunicare, trasmettere. Quanti musei (oltre a quelli di arte contemporanea) svolgono questa funzione? È vitale un museo che non incrementa le proprie raccolte anche con quanto il contesto in cui sono immersi propone loro?
Queste tre diverse convergenti aperture del museo - alle comunità, al patrimonio, al presente - che sono state le parole chiave della Conferenza possono e devono esserlo oltre le sue conclusioni, raccogliendo gli stimoli e le proposte della sua risoluzione finale, facendone materia di confronto, ma anche e soprattutto di azione e di pratiche concrete nella costruzione di quel Sistema museale nazionale con cui ci stiamo confrontando oggi in Italia.

[1] G. Fairclough, New heritage frontiers, in Heritage and beyond, (disponibile anche in francese: Le patrimoine et au-delà, Council of Europe Publishing, Strasbourg 2009


La pagina di ICOM Italia - pag. 6 [2016 - N.56]

[indietro]