Il punto zero per i musei statali

Il nuovo grande impegno di valorizzazione della direttrice del Museo Nazionale di Ravenna

Emanuela Fiori - Direttrice Museo Nazionale di Ravenna

La mia nomina a Direttore del Museo Nazionale di Ravenna e ai due siti Unesco della Basilica di sant'Apollinare in Classe e del Battistero degli Ariani, così come le altre otto nomine che hanno sancito il nuovo assetto dei Musei della Regione è ancora talmente recente da indurmi solo a poter ipotizzare i futuri scenari che scaturiranno dall'applicazione pratica della Riforma Franceschini. Il conferimento degli incarichi di direzione per i musei e luoghi della cultura statali non aventi qualifica di ufficio dirigenziale, avvenute il 2 novembre scorso, si configura da un lato come una delle ultime tessere a completamento del  nuovo mosaico museale italiano, dall'altro invece come il punto zero dal quale ripartire per definire ruoli, competenze, ma soprattutto strategie per il futuro del nostro patrimonio.
A caldo, dopo soli venti giorni dall'insediamento ufficiale, risulta temerario  poter restituire una corretta visione d'insieme delle mansioni, autonomie e problemi, ma anche degli entusiasmi di fronte ai quali il nuovo assetto ci ha posto. Funzionari dalla lunga storia professionale nelle soprintendenze Beni Storici e Artistici o Beni Archeologici, ci siamo sempre divisi equamente tra le due anime che compongono il ruolo dello storico dell'arte e dell'archeologo: la tutela, cioè il nostro esercizio quotidiano sui territori di competenza e la valorizzazione, che ognuno di noi ha sempre interpretato e vissuto come il naturale completamento della salvaguardia del patrimonio. Questa inscindibile sinergia è stata modificata dal DPCM 171, che ha inteso in qualche modo 'sgravare' il direttore di Museo dalla complessità dell'esercizio della tutela, lasciandolo finalmente libero di dedicarsi con tutte le proprie forze e competenze alla valorizzazione delle collezioni del museo.
Per l'utenza che, dall'esterno del nostro Ministero, conosce la Riforma attraverso gli articoli dei quotidiani e  l'interpretazione dei media, può essere davvero difficile comprenderne  aspetti e risvolti, soprattutto se  applicati alle diverse realtà delle regioni italiane. Mi piacerebbe riuscire con chiarezza a ridefinire i termini della questione partendo proprio da quanto detto in precedenza, ossia dalla scelta, non nascondo  anche tormentata, che noi  funzionari delle ex Soprintendenze abbiamo dovuto fare tra ambiti in precedenza unificati. Numerose sono le domande che ci si è posti: sarà ancora possibile lavorare in questo senso e in che modo la valorizzazione dei luoghi della cultura si aggancerà al contesto territoriale? Quale livello di autonomia sarà possibile nella progettazione di attività finalizzate  alla valorizzazione ?
Gli articoli dal 30al 35 del DPCM 171 e il Decreto del 23 dicembre 2014 sull'Organizzazione e funzionamento dei musei statali rispondono in parte ai quesiti. Mentre il DPCM 171 definisce il campo di azione e i compiti delle  Soprintendenze Belle Arti e Paesaggio e dei Poli Museali, il DM ridisegna l'ordito delle competenze gestionali, amministrative e tecniche in materia di valorizzazione del patrimonio culturale.
Il decreto presenta sicuramente un museo statale nuovo e moderno già dall'art.2 del Capo I; un museo che in uno statuto dichiara la propria missione, gli obiettivi che intende raggiungere e la propria organizzazione interna. Questo documento non è più la Carta dei Servizi  a cui si affianca, ma una dichiarazione trasparente d'intenti e di programmazione. Segno dell'autonomia culturale di ciascun sito, diverso ma in relazione con gli altri grazie al coordinamento del Polo Museale Regionale. Ad un'attenta analisi, lo statuto appare forse uno dei punti più rilevanti dell'intera riorganizzazione, perchè contiene e comprende tutte le componenti sostanziali dell'istituzione. Obiettivi culturali, strategie comunicative, sinergia territoriale, traino per l'economia attraverso il turismo e assetto finanziario, sono tutti elementi che concatenati contribuiranno rendere moderno  il museo statale. Le nostre realtà museografiche nel perdere questa 'grande madre' che è stata la Soprintendenza sembrano'  affacciarsi  all'età adultà', ma con una autonomia 'controllata' e sempre sancita dal Polo Museale Regionale.
Il compito del Direttore e dei suoi collaboratori (curatori, fundraiser ed esperti di comunicazione), che speriamo presto lavorino al nostro  fianco, sarà quello di ripartire da un punto zero organizzativo, ma mettendo a frutto l'esperienza professionale già consolidata.
Un' articolazione del personale adeguata al modello organizzativo europeo e statunitense necessiterebbe di un numero di unità forse impensabile per la nostra realtà italiana. Quella divisione in dipartimenti che ognuno di noi ha ammirato lavorando all'estero non sarà immediata, soprattutto per i musei meno visitati, ma credo sia un percorso da tentare.
Entrando nello specifico della realtà ravennate, già estremamente variegata per la presenza dei Siti Unesco gestiti dall'Opera di Religione, delle realtà museali comunali e della fondazione Ravennantica potrà ulteriormente arricchirsi attraverso collaborazioni e percorsi comuni di valorizzazione. La possibilità di proporre  attività in collaborazione con gli enti locali  sarà una delle prerogative della Direzione, che dovrà essere sempre sancita dal Direttore del Polo. Tante sono le ipotesi di lavoro che si affacciano come una sfida per chi si accinge ad iniziare il proprio mandato triennale, ma ancora sono in via di definizione i termini operativi necessari  per procedere. Certamente il Museo Nazionale nel complesso conventuale di San Vitale è il luogo paradossalmente meno conosciuto della città, nonostante sia contiguo alla Chiesa di San Vitale, ed è qui che si concentreranno i miei sforzi nella speranza di rendere i suoi tesori  più vicini e vivibile per i visitatori attraverso anche piccole, ma continue, iniziative.

Speciale Direttori Museali - pag. 14 [2015 - N.54]

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