Autonomia museale

La riforma finalmente riconosce il direttore come custode e interprete dell'identità e della missione del museo

Gianni Bonazzi - Dirigente Ufficio di Gabinetto del MiBACT

Delle tante riorganizzazioni del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che si sono succedute a partire dalla riforma Veltroni del 1998, quella voluta da Dario Franceschini (regolamento di organizzazione Dpcm 171/2014) è di certo la più incisiva, fors'anche la più traumatica per gli assetti organizzativi e amministrativi consolidati.
Quali che siano le osservazioni critiche che le si possono fare non può non riconoscersi che la supporta una 'visione' del ruolo e delle funzioni del Ministero; a differenza di quanto fatto da alcuni suoi predecessori non si tratta, infatti, di un semplice rimescolamento delle carte, a volte solo nominalistico ('antichità' al posto di 'archeologia'), ma di una profonda trasformazione che cerca di coniugare in un unico disegno alcune linee portanti che, affacciatesi a partire dagli anni '90, hanno agito sempre più nel governo del patrimonio culturale e che possiamo così sintetizzare: ruolo del privato (dal singolo all'associazione non profit alla grande impresa); ruolo delle regioni e degli enti locali nella costruzione di programmazioni condivise; accentuazione delle funzioni di valorizzazione e fruizione, non più ancillari alla tutela, ma, fermo restando lo stretto aggancio al Codice dei beni culturali, aperte a linguaggi e significati attenti a favorire la più ampia inclusione sociale e diffusione dei valori sottesi al patrimonio stesso, attraverso in particolare l'istituto 'museo'. Da un lato, con un processo di semplificazione l'esercizio della tutela è riportato nella pienezza della potestà delle Soprintendenze, superando le vischiosità connesse ai compiti prima attribuiti alle Direzioni regionali ora diventate Segretariati regionali, ridotti di funzioni e livello; dall'altro, i musei cessano di essere mere strutture interne della Soprintendenza e sono posti al centro dei processi di valorizzazione. Il museo è il perno intorno a cui ruota il nuovo modello organizzativo, che pone l'accento sulla valorizzazione; all'istituzione museale è riconosciuto il ruolo di fondamentale punto di mediazione ed elaborazione valoriale tra patrimonio culturale e società.
La riforma delinea così, si perdoni la semplificazione, due assi portanti: uno, la tutela, già tradizionalmente ben strutturato negli istituti (soprintendenze) e nelle norme (leggi di tutela); l'altro, la valorizzazione, sul quale puntare forte, approntando strumenti normativi e gestionali idonei. L'ambizione sottesa è quella di far crescere finalmente un sistema museale nazionale; un insieme, cioè, di musei e luoghi della cultura che, nel rispetto delle specifiche individualità, risponda a standard gestionali e di qualità condivisi e diffusi, e che sia in grado di proporre, pur nella particolarità di un sistema diffuso su tutto il territorio nazionale, un'offerta concorrenziale, non tanto in termini quantitativi (numero di visitatori) quanto valoriali, a livello internazionale. Per i musei statali viene, così, disegnato un sistema articolato in 18 musei di rilevante interesse nazionale, a cui si affiancano in ambito archeologico le Soprintendenze speciali per il Colosseo e per Pompei, e in 17 Poli museali regionali, che raccolgono i restanti musei di pertinenza statale. I Poli museali sono finalizzati alla costituzione di un sistema museale integrato in rapporto all'ambito territoriale di competenza, composto dai musei statali ma anche da quelli delle altre amministrazioni pubbliche, nonché di altri soggetti pubblici e privati. L'insieme dei musei così delineato costituisce il sistema museale nazionale finalizzato alla messa in rete dei musei italiani e alla integrazione dei servizi e delle attività museali. Condizione essenziale perché un museo, quale che ne sia l'appartenenza, possa farne parte è che esso sia organizzato in coerenza con le disposizioni generali sui musei statali, dettate con il Decreto ministeriale 23 dicembre 2014, con l'Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei (Decreto ministeriale 10 maggio 2001) e con il Codice etico dell'Icom. Il citato Decreto ministeriale del 2014 "Organizzazione e funzionamento dei musei statali" precisa e articola quanto dettato nel regolamento di organizzazione. Nel riprendere la definizione di museo adottata dall'Icom, i compiti fondamentali del museo sono individuati nella triade: ricerca, conservazione, comunicazione. Per rispondere alla sua missione il museo è dotato di autonomia tecnico-scientifica, di un proprio statuto, che ne definisce l'identità dichiarandone missione, obiettivi e organizzazione, e di un bilancio, nonché di un assetto gestionale articolato in aree funzionali e di un direttore, che del museo è il custode e l'interprete dell'identità e della missione. Infine, il servizio pubblico di fruizione erogato dai musei statali e i relativi standard sono definiti e resi pubblici attraverso la carta dei servizi.
Giunge così a compimento un lungo processo fatto di dibattiti, analisi e proposte che, fuori e all'interno del Ministero, da anni spingeva a che il museo, inteso come istituzione culturale complessa, trovasse un suo pieno riconoscimento. L'inizio di tale processo, non limitato solo alla riflessione culturale ma volto anche a cercarne la trasposizione in concrete forme amministrative, può essere fatto risalire ai lavori della Commissione paritetica Ministero-Enti territoriali chiamata, in attuazione dell'art. 150 del D.lvo 112/98, a individuare "i musei o altri beni culturali statali la cui gestione rimane allo Stato e quelli per i quali essa è trasferita, secondo il principio di sussidiarietà, alle regioni, alle province o ai comuni". Fu grazie ai lavori di quella Commissione che si ebbe la definizione, quale indispensabile precondizione di ogni possibile trasferimento, dei criteri tecnico-scientifici e degli standard di qualità per lo sviluppo dei musei italiani, poi adottati con il ricordato Atto di indirizzo del 2001. Il dibattito interno e il confronto internazionale portarono, poi, a ulteriori approfondimenti la cui traccia è rinvenibile, tra la tanta letteratura che si è andata accumulando di pari passo all'esplodere a livello globale del 'fenomeno museo', anche nei lavori intorno ai temi museo/pubblico/territori/strumenti di valutazione ecc. elaborati nell'ambito dell'Ufficio studi del Ministero. Oggi, che il pendolo regionalista sembra aver esaurito la sua spinta oscillante, è qui da ricordare il recente ritorno allo Sato delle funzioni in materia di tutela dei beni librari ex Dpr 3/72 in virtù della L. 125/2015, la riforma voluta da Franceschini mira a ridare impulso dinamico e propositivo a un Ministero che sembrava aver smarrito negli ultimi anni, soffocato dalla scarsità delle risorse finanziarie e da sostanziale trascuratezza politica, anche una certa spinta ideale.
Se quelli sopra descritti sono i tratti costitutivi dei musei statali, specifiche disposizioni e un particolare assetto organizzativo è riservato ai 18 musei di rilevanza nazionale, che vengono dotati di autonomia scientifica, finanziaria, contabile e organizzativa. L'autonomia speciale, che non attiene al personale, è esercitata per il tramite di quattro organi fondamentali: il direttore, il consiglio d'amministrazione, il comitato scientifico e il collegio dei revisori dei conti. Si tratta di un'autonomia e di un assetto che ricalcano quelli attribuiti fin dalla L. 352/97 alla Soprintendenza speciale di Pompei e poi agli altri istituti dotati nel tempo di autonomia speciale (ad es. le due Biblioteche nazionali centrali di Firenze e Roma). Ciò che muta in maniera significativa è la composizione di tali organi, ad eccezione del collegio dei revisori dei conti. Da componenti quasi del tutto interni al Ministero, ad eccezione del rappresentante designato dalla Conferenza permanente Stato-Regioni nel consiglio di amministrazione e nel comitato scientifico, si passa a una composizione che oltre al direttore prevede per il consiglio di amministrazione la presenza di quattro componenti di cui uno individuato d'intesa con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca scientifica e uno d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze; mentre per il comitato scientifico oltre al direttore è prevista la presenza di quattro esperti di cui uno designato dal Ministro, uno dal Consiglio superiore Beni culturali e paesaggistici, uno dalla regione e uno dal comune ove ha sede il museo.
A rimarcare la volontà di avvalersi di una maggiore e migliore varietà di competenze e approcci professionali nella gestione dei musei di rilevanza nazionale, sottolineandone, quindi, ulteriormente il carattere di eccezionalità rispetto al restante corpus ministeriale, va rilevato come la stessa selezione dei direttori sia avvenuta con una procedura del tutto nuova, tanto da doverla definire con una specifica disposizione di legge. Si è ricorso, infatti, a una procedura concorsuale a carattere internazionale al termine della quale gli incarichi di direzione dei 18 musei di rilevante interesse nazionale sono stati affidati, salvo un caso, a professionalità esterne ai ruoli del Ministero, alcune delle quali di provenienza estera.
Se si è preferito parlare di riforma e non di semplice riorganizzazione ministeriale è perché questa è stata accompagnata, in una visione unitaria, da alcune importanti misure organiche volte al rilancio della cultura, per ricordarne solo alcune: favorire, attraverso i benefici fiscali introdotti dall'ArtBonus, le erogazioni liberali in denaro da parte di privati a sostegno della cultura e dello spettacolo (L. 106/2014), semplificandone i meccanismi ed estendendone la platea; credito d'imposta per il cinema e l'audiovisivo e per gli esercizi ricettivi nel settore turistico; incremento del bilancio del Ministero che, a legge di stabilità in discussione, dovrebbe comportare rispetto al 2015 una crescita dell'8% per il 2016 e del 10% per il 2017, invertendo un trend negativo ormai pluriennale; incremento del personale con l'assunzione di 500 unità dei profili tecnici, con concorsi da avviare nei primi mesi del 2016, per compensare l'impoverimento degli organici, con ciò ottenendo un'eccezione cultura al blocco delle assunzioni.

Speciale Direttori Museali - pag. 9 [2015 - N.54]

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