Utopia, necessità o soluzione da progettare?

Il Sistema Museale Romagnolo sulla scia della Rete Bibliotecaria, all'insegna di una nuova stagione di cooperazione istituzionale

Patrick Leech - Assessore alla Cultura Comune di Folì

Uno spettro s'aggira per la Romagna: lo spettro della cooperazione. Uno spettro che spaventa i localismi ed i campanilismi. Uno spettro che ha radici lontane, nella tradizione cooperativa della fine dell'Ottocento, e che ancora oggi costituisce un sistema di nervi e gangli che connette la produzione dei molti settori in cui operano le piccole e medie imprese locali.
Ma ci sono anche altri esempi di cooperazione virtuosa in Romagna, non ultimo quello del percorso romagnolo della candidatura di Ravenna come Città Europea della Cultura per il 2019. Le regole sono chiare: il titolo va conferito a città, non a province, regioni, "aree vaste". Ma città che coinvolgono un territorio più ampio possono forse concorre con una chance in più. La candidatura di Ravenna, infatti, gode di un autentico sostegno dal basso, che coinvolge centinaia di operatori culturali in tutte le città della Romagna. Un esempio rilevante ed illuminante di cooperazione vissuta come consapevolezza del valore del territorio denominato Romagna.
Si tratta, quindi, di una cooperazione dal basso. Ma, fattore ancora più importante per quanto riguarda il tema del Sistema museale romagnolo, il movimento dal basso trova riscontro anche in un impegno alla cooperazione fra tutte le amministrazioni pubbliche romagnole nell'ambito della cultura. Il Comitato Promotore della candidatura, infatti, è costituito, oltre che dagli enti locali di stretta pertinenza (la città e la provincia di Ravenna e la Regione Emilia-Romagna) anche dalle altre principali città della Romagna: Rimini, Cesena, Forlì, Faenza, Lugo e l'Unione della Bassa Romagna.
Un sistema culturale, di qualsiasi natura, si costruisce in questo duplice senso: sulla cooperazione e la condivisione dal basso fra gli operatori culturali e, ad un livello più alto, fra i decision makers, in questo caso fra gli Enti Locali. Senza uno di questo elementi l'edificio che si vuole costruire è destinato a crollare, o per mancanza di copertura istituzionale, di obiettivi alti e lungimiranti, oppure per mancanza di un radicamento forte nella società civile; per mancanza quindi del tetto oppure per mancanza delle fondamenta.
Ci si chiede: se l'entrata nella short list dei candidati non dovesse sfociare nel titolo di Capitale Europea della Cultura per il 2019, che senso avrà avuto il dispendio di energie e risorse pubbliche e private? Al di là dei risultati in termini di conoscenze, relazioni e progettualità condivisa (risultati intangibili ma non meno importanti in quanto tali), la nuova stagione di cooperazione istituzionale potrebbe costituire un'irripetibile occasione buona per portare a termine un obiettivo concreto: la costruzione di un vero e proprio Sistema museale romagnolo che proponga la Romagna come unica entità per quanto riguarda la tutela, la valorizzazione e la gestione del suo patrimonio culturale. Questo sogno utopico, fra l'altro, costituisce sempre di più una necessità amministrativa.
I sogni utopici si basano sulla radicale ridefinizione di uno spazio, di uno spazio che non esiste ora, ma che potrebbe esistere. Nel caso concreto, il sogno consiste nell'immaginare un unico spazio romagnolo, uno spazio inteso come unità ambientale, umana e patrimoniale. Tale immaginazione di uno spazio territoriale contrasta sì con l'identità cittadina e con il senso di radicamento nelle città che caratterizza la Romagna come caratterizza l'Italia in generale, una percezione talvolta chiamata in modo spregevole "campanilismo". Ma è anche vero che le identità immaginarie non sono mai uniche ma, al contrario, plurime. Un'immaginazione e un'identità romagnola, in verità, esiste in maniera forte a fianco dell'attaccamento alle città. Basti citare figure come Emilio Rosetti, Carlo Piancastelli e Pietro Zangheri, che hanno sempre lavorato per valorizzare il patrimonio culturale del territorio romagnolo nel suo insieme.
A fianco di considerazioni culturali di questo tipo, ve ne sono altre, più pragmatiche, che riguardano le necessità amministrative. In primo luogo, c'è un'impellente esigenza, in un periodo di crisi non più congiunturale ma strutturale, di ottimizzare spese, accomunare risorse economiche e umane. Non è più possibile che le funzioni di back office che sostengono l'attività museale vengano gestite individualmente dai singoli musei. Sta nelle logiche della complessità della gestione di una società avanzata che le principali funzioni di amministrazione, di promozione, di commercializzazione, di progettazione e ricerca fondi (anche, e sempre di più, europei) vengano demandate ad un unico punto istituzionale coordinante. In questo, la Rete Bibliotecaria della Romagna e San Marino docet: affidare funzioni e servizi di back office ad un'unica struttura porta vantaggi in termini di costi non indifferenti.
In secondo luogo, viene sempre più percepita un'esigenza di posizionamento sul mercato, per utilizzare un termine squisitamente imprenditoriale. La potenzialità attrattiva di una mostra o di un museo deve potersi integrare con un'immagine più estesa e ampia, per poter sfruttare a pieno gli investimenti in eventi e mostre. In altre parole, i visitatori stranieri o da fuori regione che vengono in Romagna per vedere una mostra al MAR di Ravenna, al MIC di Faenza oppure al San Domenico di Forlì, dovrebbero avere la sensazione di poter acquisire un pacchetto unico di esplorazione culturale territoriale. Solo in questo senso possono essere giustificati gli investimenti spesso cospicui di città di medie dimensioni nell'Europa del 2013.
L'investimento da parte di operatori culturali ed amministratori per la condivisione di intenti territoriali, risultato dal processo di candidatura di Ravenna come Capitale Europea della Cultura, devono sfociare in un tentativo serio di costruire un sistema museale romagnolo che rappresenti e tuteli il patrimonio culturale del territorio. Nell'ottica di favorire una seria riflessione in merito, il 7 febbraio 2014 Forlì ospiterà un evento organizzato in collaborazione con l'Associazione Nazionale dei Musei Locali ed Istituzionali proprio sul tema dei musei in Romagna.
C'è una crescente consapevolezza dell'insensatezza della frase infelice "con la cultura non si mangia". Il Manifesto "Niente cultura, niente sviluppo" del Sole 24 Ore, la campagna "Ripartire dalla cultura" sostenuta da tutti i principali soggetti istituzionali nazionali in campo culturale, gli Stati Generali della Cultura che lotta per la realizzazione dell'Articolo 9 della Costituzione, la proposta da parte del Presidente del Consiglio di avviare anche un concorso per la città della cultura italiana - tutti concordano sulla centralità dell'attività culturale e della valorizzazione del patrimonio come volano di una nuova economia basata sulle conoscenze. Ma spetta a tutti coloro che operano in campo culturale il compito di promuovere e realizzare sistemi di produzione culturale efficaci ed efficienti, tali da dimostrare concretamente i vantaggi a breve, medio e lungo termine dell'investimento in cultura.
I vantaggi di un sistema integrato dei musei a livello romagnolo costituirebbe un esempio concreto di tali vantaggi ai fini del raggiungimento di un obiettivo che non può più essere posticipato. Unitevi amministratori della Romagna, non avete nulla da perdere se non le vostre catene. Avete un mondo da guadagnare.

Speciale Musei di Romagna - pag. 11 [2013 - N.48]

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